Caso Bose: comunicato del delegato pontificio padre Amedeo Cencini per una “corretta comprensione degli eventi“

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Mi permetto di inserire la comunicazione del Delegato pontificio e l’articolo di Avvenire, assolutamente non per infierire su una comunità e un fondatore sempre da rispettare e da ringraziare per quanto, per grazia di Dio, hanno saputo manifestare di bene a beneficio della Chiesa, ma per pregare con viva fede, capire “il mistero del cuore umano” e vigilare perché siamo tutti tentati di razionalizzare e tirare l’acqua al nostro mulino…

 

A seguito del comunicato di Enzo Bianchi pubblicato il 6 marzo e redatto il 9 febbraio, padre Amedeo Cencini, delegato pontificio per la comunità monastica di Bose, interviene sulla questione con un comunicato stampa per “una corretta comprensione degli eventi” ripercorrendo l’iter che ha condotto al Decreto del 4 gennaio 2021, notificato a Enzo Bianchi e al priore Luciano Manicardi in data 8 gennaio, nonché al comodato d’uso gratuito, allegato al Decreto, che i due contraenti (Enzo Bianchi e Associazione Monastero di Bose nella persona del Legale Rappresentante, Guido Dotti) avrebbero dovuto firmare e registrare al momento dell’effettivo utilizzo del medesimo. Tali documenti, precisa padre Cencini, “sono stati concepiti come soluzione per venire incontro alle difficoltà manifestate da fr. Enzo nell’obbedire al Decreto singolare del 13 maggio 2020 attuando un concreto allontanamento da Bose”. Il comunicato della Santa Sede del 5 marzo, aggiunge il delegato, “conferma, senza lasciar alcun dubbio, che tale iter è stato condotto da me delegato in piena sintonia con la Santa Sede, in ogni sua fase e in ogni suo punto”.

Riportiamo di seguito la nota integrale di padre Cencini:

La “proposta Cellole” viene formulata verbalmente a fr. Enzo da Delegato Pontificio e Priore il 20 ottobre 2020. In una mail del 5 novembre al Priore, fr. Enzo afferma: “La risposta è quella data subito a voce e poi da me trascritta nella sintesi inviata a te e al delegato […] Il mio è un sì, con le osservazioni fatte circa la condizione dei fratelli che andranno a Cellole, e lo status della fraternità stessa”. Il giorno successivo fr. Enzo si rifiuta di firmare un accordo che specifichi tale assenso. Il giorno 20 novembre in una mail al Priore, fr. Enzo afferma: “ribadisco [il mio] assenso ad andare a Cellole con dei fratelli e delle sorelle”. È questo assenso scritto che viene riportato nel Decreto a mia firma del 04.01.2021.
Il successivo 13 gennaio Enzo Bianchi scrive in una mail al Delegato Pontificio: “Accetto di andare a Cellole come chiede il decreto, ma pongo delle domande circa le modalità da realizzare”. Il 18 gennaio invio a fr. Enzo le risposte alle sue domande.
Il Decreto specifica che lo spostamento a Cellole dovrà ultimarsi entro il 16 febbraio (quindi oltre un mese dopo) e precisa che le scadenze intermedie verranno comunicate in seguito. Il 24 gennaio vengono comunicate a fr. Enzo e alla Comunità le seguenti scadenze: 8 febbraio chiusura della Fraternità di Cellole e relativa comunicazione ufficiale, dall’8 al 14 febbraio rientro a Bose dei fratelli presenti a Cellole e invio a Cellole dei fratelli che hanno dato il proprio assenso a trasferirsi a Cellole per accompagnare fr. Enzo e che a tale scopo saranno designati da me Delegato d’intesa con il Priore e raccolto il parere del capitolo della Comunità.
Secondo queste modalità, tra il 26 gennaio e il 2 febbraio cinque fratelli e due sorelle danno per iscritto la propria disponibilità a recarsi a Cellole alle condizioni indicate dal Decreto. Due fratelli vengono designati il 27 gennaio e i loro nomi vengono comunicati a Enzo Bianchi.
Come previsto, questi due fratelli l’8 febbraio si recano a Cellole e ricevono gli immobili in
custodia dai fratelli di Bose là presenti, i quali tra il 9 e il 10 febbraio rientrano a Bose o in una delle altre Fraternità di Bose.
Il 10 febbraio altri tre fratelli e due sorelle che avevano dato il loro assenso vengono designati per recarsi a Cellole e i loro nomi vengono comunicati a Enzo Bianchi. Nessuno di loro però accetta poi di trasferirsi se prima non si reca a Cellole lo stesso fr. Enzo.
Nel suo comunicato Enzo Bianchi intreccia condizioni del Decreto e del Comodato d’uso, in ogni caso da quanto sopra si deduce che non è vero quanto afferma fr. Enzo che il Decreto gli “ingiunge di trasferirsi a Cellole senza sapere né identità né numero dei fratelli e delle sorelle che sarebbero andati a vivere con lui”.
Il Comodato d’uso gratuito, essendo redatto a termini di legge, non indica affatto la possibilità di “cacciare” il comodatario, ma garantisce il comodante da un uso dei beni difforme da quanto pattuito.

I terreni inclusi nel Comodato sono quelli nelle immediate adiacenze degli immobili e attualmente coltivati a orto. Altri terreni sono in affitto alla società agricola Agribose i cui soci sono fratelli e sorelle della Comunità (socio di maggioranza), quindi tutti abilitati a coltivarli.
Contrariamente a quanto affermato da Enzo Bianchi, né il Decreto né tanto meno il Comodato d’uso contengono alcun divieto a “condurre vita monastica”, ma solo a “fondare comunità, associazioni o altre aggregazioni ecclesiali”. Chi vi andrà sarà libero di vivere il tipo di vita (monastica) che desidera, in piena libertà.
Va anche ricordato un aspetto mai menzionato da fr. Enzo: il Comodato d’uso gratuito fa esplicitamente carico al Comodatario “di tutte le spese sostenute per servirsi, lui e tutte le persone ivi domiciliate, degli immobili stessi […] come pure le spese di manutenzione ordinaria degli immobili”, nonché di “tutte le spese personali, proprie e delle persone domiciliate con lui per prestargli assistenza”. Tutto questo in quanto il comodatario stesso dispone di adeguati mezzi di sussistenza personali, come da me appurato, nel corso del mio operato per l’esecuzione del Decreto singolare del 13 maggio 2020.
Auspico che queste precisazioni aiutino a una lettura corretta degli eventi di queste ultime settimane e facilitino l’ottemperanza a quanto richiesto dal Santo Padre. E ribadisco che non solo in occasione della definizione del Decreto riguardante la proposta Cellole, ma in ogni momento -a partire dalla notificazione del Decreto singolare nel maggio scorso- come Delegato Pontificio ho agito in pieno accordo e secondo le disposizioni della S.Sede. Come, per altro, ha autorevolmente confermato il Comunicato della stessa S.Sede lo scorso 5 marzo, in occasione della Udienza privata concessa dal S.Padre al Priore della comunità di Bose e a me, Suo Delegato.

 

ARTICOLO DI AVVENIRE

Tutto era stato concordato nei dettagli con lo stesso fondatore della comunità, che aveva accettato la proposta. La scorsa settimana l’ex priore aveva invece raccontato una versione diversa

C’erano sono tutte le condizioni favorevoli per il trasferimento di Enzo Bianchi da Bose a Cellole di San Gimignano, in Toscana, secondo quanto previsto dal decreto della Segreteria di Stato vaticana. Un contratto per il comodato d’uso della struttura che non contempla affatto il rischio «di essere cacciato in qualsiasi momento», la possibilità per chi si sarebbe trasferito con l’ex priore di continuare a seguire lo stile di vita monastica di sempre, l’utilizzo dei terreni che circondano la comunità. Anche le date per il trasferimento erano state concordate per tempo. Lo scrive il delegato pontificio, padre Amedeo Cencini, in un comunicato che ribadisce punto per punto la verità dei fatti, in risposta alla nota diffusa dallo stesso Bianchi lo scorso 6 marzo. Il delegato pontificio scrive che la precisazione, decisa in accordo con la Santa Sede, si rende necessaria «per una corretta comprensione degli eventi».

Ma per capire come si è arrivati fin qui è necessario fare un passo indietro. Il caso Bose è esploso alla fine del 2019, con la visita apostolica, sollecitata dalla comunità stessa. Alla luce della documentazione raccolta è stato emanato il “decreto singolare” approvato in forma specifica dal Papa, quindi non appellabile, in cui si dispone il trasferimento di Enzo Bianchi. Il decreto avrebbe dovuto essere attuato entro dieci giorni dalla notifica (avvenuta il 21 maggio). Invece non succede nulla. Da qui la decisione di individuare una «soluzione per venire incontro alle difficoltà manifestate da fratel Enzo nell’obbedire al decreto singolare».

La “proposta Cellole” – precisa ancora Cencini – viene formulata verbalmente il 20 ottobre 2020. In una mail del 5 novembre Bianchi si dice d’accordo: «Il mio è un sì, con le osservazioni fatte circa la condizione dei fratelli che andranno a Cellole, e lo status della fraternità stessa». Il giorno successivo si rifiuta di firmare un accordo. Il 20 novembre cambia ancora idea: «Ribadisco [il mio] assenso ad andare a Cellole con dei fratelli e delle sorelle». E lo conferma il 13 gennaio in una mail al delegato pontificio: «Accetto di andare a Cellole come chiede il decreto, ma pongo delle domande circa le modalità da realizzare». Cencini risponde il 18 gennaio, specifica che lo spostamento dovrà ultimarsi entro il 16 febbraio (quindi un mese dopo) e precisa tutte le scadenze intermedie.

«Secondo queste modalità – si legge ancora nel comunicato – tra il 26 gennaio e il 2 febbraio cinque fratelli e due sorelle danno per iscritto la propria disponibilità a recarsi a Cellole alle condizioni indicate dal decreto. Due fratelli vengono designati il 27 gennaio e i loro nomi vengono comunicati a Enzo Bianchi. Come previsto, questi due fratelli l’8 febbraio si recano a Cellole e ricevono gli immobili in custodia dai fratelli di Bose là presenti, i quali tra il 9 e il 10 febbraio rientrano a Bose. Il 10 febbraio – spiega ancora il comunicato – altri tre fratelli e due sorelle che avevano dato il loro assenso vengono designati per recarsi a Cellole e i loro nomi vengono comunicati a Enzo Bianchi. Nessuno di loro però accetta poi di trasferirsi se prima non si reca a Cellole lo stesso fratel Enzo».

Nel suo comunicato Enzo Bianchi aveva invece scritto che il decreto gli «ingiunge di trasferirsi a Cellole senza sapere né identità né numero dei fratelli e delle sorelle che sarebbero andati a vivere con lui». Smentite anche le sue osservazioni secondo cui «l’economo della comunità e il delegato pontificio hanno posto da subito determinate condizioni, tra le quali la perdita di tutti i diritti monastici per i fratelli e le sorelle che si sarebbero trasferiti a Cellole». Precisa infatti Cencini: «Contrariamente a quanto affermato da Bianchi, né il decreto né tantomeno il comodato d’uso contengono alcun divieto a condurre “vita monastica”… Chi vi andrà sarà libero di fare il tipo di vita (monastica) che desidera».

Tutto chiarito dunque? Sotto il profilo dello svolgimento dei fatti evidentemente sì. E d’altra parte lo scorso 4 marzo il Papa aveva confermato i contenuti del decreto del maggio scorso «dei quali chiede l’esecuzione». Difficile equivocare. Rimane ora da vedere quando Bianchi, tuttora nel suo eremo accanto a Bose, deciderà di ascoltare le indicazioni del Papa.