Chi si fida del creatore si fida anche delle creature

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San Giovanni Paolo II chiamava l’Ospedale Gemelli «il Vaticano numero tre», perché gli altri due erano quello originario e Castelgandolfo. Era stato ben dieci volte nella zona riservata al Pontefice al decimo piano dell’ospedale, al contrario di papa Benedetto che, sebbene nell’immaginario collettivo soffra di salute precaria, non è mai stato ricoverato: ebbe solo un breve passaggio all’ospedale di Aosta quando si ruppe il polso per una caduta in bagno.

Per papa Francesco, che fin dall’inizio ha fatto la scelta di non dormire mai né nei Palazzi Apostolici né nella villa pontificia sui colli romani, il letto d’ospedale del Gemelli è quindi diventato l’unico spazio dove il suo corpo ha incrociato, a distanza di anni, quello di Wojtyla. Papa Bergoglio, come accade a molti di noi, non ha voluto dar peso a un intervento che era programmato. Non solo all’Angelus di domenica ha evitato di parlarne ma ha annunciato che il 12 settembre sarà a Budapest, per la conclusione del Congresso eucaristico internazionale, e poi da lì, fino al 15, si recherà in Slovacchia.

È stato certamente un modo per non preoccupare i fedeli: noi tutti però avremmo voglia di conoscere lo stato d’animo del Pontefice in questa occasione. Quando un Papa si opera, per forza di cose quella sofferenza non può rimanere totalmente ‘privata’: c’è una forte necessità di darle un senso, personale ed ecclesiale. In questa linea, rifletto sull’importante segnale di affidamento alla medicina – oltre che a Dio – che ci arriva dal Papa: anche in questo con perfetta continuità con i suoi predecessori. Esiste una salute dei rapporti con Dio e con gli uomini che, se può andare in crisi di tanto in tanto, alla lunga chiede di essere armonizzata. Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio, ciascuno con la propria peculiarità, ci insegnano che chi ha fiducia in Dio ha fiducia anche nei medici. Non è sano, non è cristiano, oscillare eccessivamente verso gli estremi: mi fido di Dio e non degli uomini, mi fido degli uomini e non di Dio. Pensiamo alla questione dei vaccini, a questo anno e mezzo di pandemia, e ci renderemo conto da soli che creare contrapposizioni, tensioni, allarmismi, esasperazioni non è cristiano.

Giovanni Paolo II, Benedetto e Francesco – come, con loro e prima di loro, gli altri grandi Papi del Novecento – ci dicono ciascuno a proprio modo che la fiducia verso i medici va di pari passo con quella verso Dio. Nostro Signore vuole che ci sia anche in questa vita un benessere sensato, frutto di quella visione ottimista che genera solidarietà tra gli uomini e tra gli uomini insieme a Dio. Un cristiano non può credere in Dio, stare in ginocchio davanti all’Eucaristia, e poi – per esempio – pensare ‘a prescindere’ che se chiede istruzioni e informazioni a un camice bianco è normale che questi lo voglia imbrogliare, mentire, dargli risposte non esaurienti, e abbia solo in animo di umiliarlo. Nutrirà fiducia verso quella persona che fa il suo lavoro, così come nutre fiducia verso nostro Signore.

Tre Papi ci insegnano che chi si fida di Dio si fida anche dei medici. Questo atteggiamento positivo è ciò che spinge a fare quel poco – quel minimo, a volte – che compete a ciascuno di noi. L’operazione al Papa mi ha portato alla mente le tante operazioni chirurgiche che vengono rimandate per mancanze di sangue. Quando accade, chi non ragiona in quell’ottica positiva che sto descrivendo subito critica il sistema sanitario nazionale o ‘la corruzione dei politici’, ma non pensa ai cittadini in salute che non donano sangue adducendo spesso paure improbabili – o che magari non hanno donato per il piercing o la scelta di tatuarsi – dimenticando che ancora non è possibile produrre artificialmente il sangue umano, per cui ogni carenza per chi ne avesse bisogno è solo attribuibile al nostro comportamento errato e antisociale. Tre Papi ci insegnano che la vita va sostenuta con una lealtà che non distingue ‘per partito preso’ tra Dio e gli uomini. Alla lunga, chi si fida davvero del Creatore si fida anche delle creature: e se non è così probabilmente significa che non si fida di nessuno dei due.

Mauro Leonardi