I flussi migratori dei sacerdoti tra i continenti

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L’Ufficio centrale di Statistica della Chiesa ha preparato una breve nota per quantificare i flussi migratori dei sacerdoti tra i continenti. Poiché i dati per singolo paese non sono disponibili per il clero religioso, l’analisi sarà limitata al clero diocesano e sarà riferita alla situazione statica rilevata a quattro date: il 1978, che funge da anno base di riferimento, il 2005, il 2013 e il 2017.

La mobilità dei sacerdoti diocesani nel mondo durante il 2017 ha interessato poco meno di 19 mila unità, uguali all’incirca a quelle del 2013 e superiori del 21,3% rispetto al movimento migratorio rilevato nel 2005. Il confronto rispetto al 1978 mette in evidenza, invece, un significativo calo del 25,9%. Gli andamenti, tuttavia, risultano piuttosto differenziati dal punto di vista geografico. Con riferimento ai flussi di immigrati per continente, si rileva che nel periodo 1978-2017 la diminuzione ha interessato l’Europa (con -38,4%) e l’America (con -19%) mentre aumenti significativi si sono registrati per Oceania (+123,4%), Asia (+37,6%) e Africa (+30,8%). Per quanto riguarda, invece, i flussi di emigrati dai singoli continenti di incardinazione, durante il periodo osservato, si rileva la diminuzione per Europa (con -56,9%), America (-55,8%) e Oceania (-55,3%), mentre il numero di emigrati è aumentato per il continente africano (+366,2%) e per quello asiatico (+99,0%).
La distribuzione dei flussi di immigrati e di emigrati di sacerdoti diocesani, in accordo con le differenti consistenze dei sacerdoti incardinati, riesce piuttosto diversa nelle varie aree geografiche del pianeta: in particolare, il continente europeo raccoglie la metà dei sacerdoti diocesani immigrati e il 36,7% dei sacerdoti emigrati dell’intero pianeta, mentre l’America raccoglie il 36% degli immigrati e il 14,6% degli emigrati. Quote minori si rinvengono in Africa (6,6% di immigrati e 30,6% di emigrati), Asia (5,8% di immigrati contro 17,4% di emigrati) e Oceania (2,1% di immigrati contro 0,6% di emigrati). I valori che abbiamo rammentato si riferiscono al 2017 e risultano sostanzialmente uguali a quelli dell’anno 2013, mentre divergono un po’ da quelli del 1978, con un’accentuazione delle variazioni alle dinamiche dei movimenti dei sacerdoti diocesani delle varie parti del nostro pianeta.
Durante il periodo 1978-2017 il numero di emigrati di sacerdoti diocesani di tutto il mondo è mediamente pari al 7,2% dei sacerdoti incardinati, con punte del 15,5% per Africa e dell’8,9% per Asia, mentre il valore più basso si registra per America (4,7%) e attorno alla media mondiale per Europa (6,8%) e Oceania (6,3%).
L’ultima sezione della tavola 1 riporta, per anno di osservazione e per continente o subcontinente, il saldo dei movimenti migratori ricavati come differenza tra flussi di immigrati e flussi di emigrati. Si rileva, così, che l’Africa e l’Asia, per tutto il periodo esaminato, hanno mostrato saldi negativi, cioè, il numero dei sacerdoti diocesani che sono arrivati e che sono provenienti da altri continenti di incardinazione è sempre inferiore a quello di coloro che hanno lasciato il continente di incardinazione.
Colpisce anche il ritmo di variazione del saldo migratorio per l’Africa passato da -282 sacerdoti diocesani nel 1978 a ben -4.514 nel 2017 e per l’Asia, il cui saldo è passato da -857 nel 1978 a -2.189 nel 2017.
L’Europa, per gli anni 2013 e 2017, e l’Oceania, per gli anni 2005, 2013 e 2017 hanno presentato, invece, saldi migratori positivi. Anche l’America, specie quella del Nord e del Sud, è il continente che per tutto il periodo sotto esame mostra un saldo migratorio positivo e quindi il numero di sacerdoti diocesani che provengono da altri continenti dove sono incardinati supera quello dei sacerdoti che si trasferiscono in altri continenti. Ne deriva, quindi, che il movimento migratorio dei sacerdoti diocesani incardinati in paesi africani e asiatici è diretto principalmente verso i paesi del continente americano (e in modo particolare verso il Nord e il Sud America) e dell’Europa, contribuendo, così, a colmare la carenza di sacerdoti presenti negli altri continenti. Ciò trova conferma, anche, dall’analisi dei rapporti di composizione esibiti nella tavola 2 e ricavati dividendo i flussi di immigrati e di emigrati per ciascun continente o sub-continente e per ciascun anno di osservazione ai rispettivi totali riferiti all’insieme mondiale. Si rileva, in particolare, che per l’Africa e per l’Asia le percentuali di composizione, durante l’intero periodo di osservazione, per flussi di emigrati sono sempre superiori a quelle dei flussi di immigrati, mentre per America, Europa e Oceania, si verifica negli ultimi anni il contrario.
In definitiva si può affermare che negli anni relativi al periodo 1978-2017, i flussi migratori dei sacerdoti diocesani tra i continenti hanno giocato un ruolo certamente importante ma piuttosto limitato nella Chiesa cattolica, rimanendo un fenomeno che sembra aver interessato positivamente (cioè con saldo migratorio positivo) solo l’America e, nell’ultimo periodo, l’Europa. Il potenziamento dei movimenti migratori dei sacerdoti non è da escludersi nei prossimi anni, anzi andrebbero favoriti in funzione di una più equa distribuzione territoriale delle risorse, nonché di una maggiore integrazione e arricchimento tra le varie compagini della Chiesa di Roma. Si aggiunga, anche, che il corpo sacerdotale europeo e quello americano sono i più anziani e indeboliti da bassissimi tassi di rinnovo, a fronte del minor carico pastorale. Ebbene, non troppo lontano nel tempo, i continenti asiatico e soprattutto africano, dove i candidati al sacerdozio sono in netta crescita, potrebbero sostituirsi nelle funzioni finora svolte dai sacerdoti del vecchio continente e del Nord America, garantendo rinnovato vigore alle compagini ecclesiastiche. Tuttavia il problema non è così semplice. Infatti, proprio nelle zone a crescente vocazione sacerdotale (è il caso, in particolare, del continente africano), il cattolicesimo è in fase di espansione e quindi il mantenimento della situazione attuale di servizio pastorale non rappresenta una ipotesi adeguata, anzi, in tale aree, dovrebbe affluire un numero di operatori pastorali, e quindi nuovi sacerdoti, maggiore rispetto a quello atto a garantire il puro mantenimento dei livelli di servizio pastorale del 2017.