“Il Kerigma, pane dell’unità”

Articoli home page
Chi vive, come noi, tra la gente reale, a contatto con i problemi quotidiani, e si occupa di teologia, può testimoniare che il popolo di Dio legge i titoli dei tanti articoli sulla questione del celibato ma non si sente coinvolto. Qualcuno si lamenta che molti teologi non intervengono su questo tema. Ma mai come questa volta sentiamo che non ci corrisponde, per due ordini di motivi. In primo luogo per pudore, perché il problema vede coinvolto un gigante della teologia, tra i pochissimi che hanno saputo riproporre la novità di Gesù Cristo a uomini di cultura rinchiusi nell’ideologia o nei pregiudizi scientisti, capace di farsi ascoltare e di smascherare le motivazioni più profonde senza minimizzare i problemi interni della Chiesa. E in secondo luogo perché il popolo della Chiesa cattolica è aperto oggi più che mai al sacerdozio celibatario latino come anche al sacerdozio uxorato degli orientali e alla possibilità di una contaminazione fra le due tradizioni. Si scandalizza piuttosto e si scoraggia per la pedofilia e la corruzione dei preti. 

Non cadiamo nella polemica clericale che serve soltanto ad alimentare la volontà di chi vuole ostacolare la realizzazione della «Chiesa bella del Concilio». Radicalizzando il dibattito perdiamo «l’annuncio». Siamo piuttosto interessati a sviluppare una ecclesiologia pastorale. In questa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani preghiamo anche per l’unità dei cattolici. Ci sembra bella e attuale l’espressione della professoressa suor Maria Giampiccolo, consacrata tra «le figlie della Chiesa», che ha fatto dell’ecumenismo la sua missione. Durante il suo emeritato presso l’Istituto Teologico di Anagni, ha ricordato quello che chiedeva profeticamente la fondatrice della sua congregazione: «Preghiamo per l’unione degli “uniti”»[1].

Ripartiamo allora dalla considerazione del Concilio Vaticano II che la Chiesa vera è quella che «annuncia» (Lumen Gentium 5 e 17). Possiamo dire che c’è una reale differenza fra la Chiesa che «annuncia» e la Chiesa che «conserva». Come teologi torniamo a parlare seriamente di quelle verità centrali che dovrebbero muovere la vita di tanti credenti ogni giorno. Ci riferiamo alle verità del kerigma (annuncio), che con alcune varianti di presentazione nei vari documenti antichi sono: Dio Padre, Figlio e Spirito Santo; Gesù Cristo vero Dio e vero uomo; la salvezza e il perdono dei peccati; la Chiesa; la vita eterna. Cinque principi che costituiscono un unico annuncio, proclamato in occasione della discesa dell’unico Spirito Santo sulla Chiesa e sull’umanità intera.

Si tratta di principi che vivificano da dentro le comunità cristiane. Essi venivano rappresentati dal bel simbolo dei cinque pani del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Gv 6,1-15; Mc 6,30-44 e paralleli). Le verità sono poche ma ritenute capaci di nutrire e illuminare moltitudini immense. Le antiche formule “semplici” del Simbolo recitate nel Battesimo e durante l’Eucaristia, con cinque articoli, sono poi evolute nelle formule più “complesse” del Credo. Tra gli scritti cristiani del II secolo la Lettera degli Apostoli, n. 5, nella versione etiopica chiede: «Che cosa significano questi cinque pani? Sono un’immagine della nostra fede nella grandezza del Cristianesimo, e cioè nel Padre, Signore di tutto il mondo, e in Gesù Cristo, nostro salvatore, e nello Spirito santo, Paraclito, e nella santa Chiesa e nel perdono dei peccati». A noi è caro il mosaico di Tabgha: sulle rive del lago di Tibariade, il luogo del miracolo di Gesù, davanti l’altare maggiore della chiesa, che riproduce la cesta dei pani e i due pesci. Nella cesta ci sono soltanto quattro pani, per indicare che il quinto pane è Gesù stesso che si offriva nella Eucaristia ed è quindi quello posto sull’altare nella celebrazione eucaristica; o che esso è ognuno di noi credenti, che si deve donare all’altro in difficoltà. Le verità centrali indicano dove trovare il nutrimento della vita cristiana.

Una Chiesa che annuncia propone le verità centrali come un invito rivolto a tutti insieme, a scoprire e a riscoprire la bellezza di Gesù. Già nell’annuncio si vede l’amore che è annunciato e la libertà nell’accoglienza. Ognuno è valorizzato nella ricchezza della sua diversità, nelle accentuazioni sue proprie quando recepisce il kerigma; la comunione è vista come un apporto di tutti, una sinfonia. Una Chiesa che annuncia custodisce il suo tesoro. Invece una Chiesa “conservatrice” tende a proporre definizioni granitiche che utilizzano sistemi filosofici per affermare evidenze che non lasciano scampo e tendono a differenziare e a distanziare chi non si conforma esattamente, al fine di omologare. La diversità è un pericolo, l’unione è l’uniformità.

Tra la gente reale, nel mondo occidentale europeo, il kerigma è quasi completamente sconosciuto. Non sembri un’esagerazione se diciamo che delle verità centrali rimane forse soltanto una forma di attaccamento emotivo a Gesù Crocifisso e alla Madonna. La Trinità è insignificante; la risurrezione di Cristo è ignorata; la Chiesa è un’istituzione mondana come altre; la salvezza e il perdono sono un sentimento senza valore comunitario; l’escatologia è completamente inesistente o tutt’al più circoscritta al privato delle coscienze. 

È da tempo che ci chiediamo: chi potranno essere, nelle nostre Chiese vuote e spente di antica tradizione in Europa, coloro che accoglieranno il kerigma per rimetterlo al centro della loro vita? Abbiamo identificato tre tipi di persone. Coloro che sono rimasti fedeli all’amore di Cristo e al servizio dei fratelli nonostante l’egoismo e la cattiveria presenti in tanti uomini di Chiesa. Sono veri testimoni della forza delle verità del kerigma, che supera tante difficoltà e dolori. Poi ci sono i “lontani”, che pur battezzati hanno di fatto interrotto la continuità tra identità cristiana e appartenenza ecclesiale. Sono l’immensa maggioranza che afferma che la Chiesa non fa parte della loro vita quotidiana. Così, senza saperlo, molti si sono salvati dal clericalismo, che invece attanaglia buona parte di quelli che sono inseriti nella Chiesa. Tra i “lontani” c’è la possibilità dell’annuncio, la possibilità della santità. Infine ci sono i popoli con i quali veniamo in contatto e che possono contaminarci per riscoprire il kerigma: tanti cristiani provenienti da Chiese di recente evangelizzazione e dalle Chiese orientali. Forse saranno loro a portare il quinto pane che ora manca nella cesta. E sarà il pane dell’unità. 

* Don Paolo Scarafoni e Filomena Rizzo insegnano insieme teologia in Italia e in Africa, ad Addis Abeba. Sono autori di libri e articoli di teologia

NOTE

1) Maria Oliva Bonaldo, fondatrice delle “Figlie della Chiesa”.