Il presidente dell’Apsa. Galantino: nessun saccheggio dell’Obolo di San Pietro

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Non risponde al vero che il fondo di riserva a disposizione del Papa sia stato saccheggiato. Le perdite per l’affare immobiliare di Sloane Avenue oscillano, «secondo stime indipendenti», fra un minimo di 66 e un massimo di 150 milioni di sterline (73 e 166 milioni di euro rispettivamente), ma non hanno avuto ricadute sull’Obolo di San Pietro, bensì sul fondo di riserva della Segreteria di Stato.

Ma soprattutto, da un lato l’immobile conserva il suo valore, anzi probabilmente lo ha incrementato, dall’altro – particolare finora poco noto – ormai per quell’affare il debito è stato riportato all’interno della Santa Sede, che si è liberata così di interessi su mutui contratti con le banche «particolarmente esosi».

Lo afferma in questa intervista esclusiva ad Avvenire il vescovo Nunzio Galantino, presidente dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica). Il quale ragiona anche sulla destinazione dell’Obolo («un modo per partecipare alla missione universale del Papa»), sull’opportunità di investimenti fatti con lo spirito del buon padre di famiglia e sulle riforme volute dal Papa: «Si è avviato un lavoro di squadra votato all’efficienza e alla trasparenza che sta dando frutti».

Monsignor Galantino, è in grado di confermare che per l’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra non sono stati impiegati soldi dell’Obolo di San Pietro?
Mi lasci intanto chiarire che cosa è l’Obolo di San Pietro e che cosa è l’Apsa. L’Obolo è un modo di partecipare direttamente da parte dei fedeli di tutto il mondo, con le loro offerte, alla missione universale del Santo Padre. Sostenere le spese per tutte le attività della Chiesa di Roma e la carità del Papa. È una pratica che ha assunto forme diverse nel corso della storia, attraverso collette e donazioni di singoli fedeli o di intere chiese locali. Le sue radici risalgono alla Chiesa primitiva. L’Obolo di San Pietro non è gestito dall’Apsa, ma dalla Segreteria di Stato (SdS). L’Apsa – dicastero che ha il compito di gestire il patrimonio della Sede Apostolica con la diligenza del buon padre di famiglia – non è coinvolta né nell’acquisto né nelle procedure che hanno portato all’acquisizione del palazzo di Sloane Avenue a Londra. Soggetto dell’operazione è stata principalmente la SdS che, come altri enti autorizzati a farlo, gestiva alcuni fondi finalizzati e altri discrezionali. Tra questi, vi è l’Obolo di San Pietro. Nel procedere a un qualsiasi investimento, come per l’acquisto del palazzo di Londra, la somma necessaria è attinta da un paniere nel quale sono allocate tutte le risorse disponibili. Non saprei dire con quale percentuale siano entrati, in quell’acquisto, i soldi del Fondo Obolo di San Pietro e con quale percentuale siano stati utilizzati altri fondi. Posso dire però che se ci sono stati errori o colpe o comportamenti illeciti l’interesse della Santa Sede e della Chiesa tutta è che sia fatta chiarezza. Anche se è un cammino doloroso.

Qual è allora la destinazione dell’Obolo di San Pietro?
Come le ho detto, l’Obolo è un contributo che viene dalle Chiese locali per sostenere la missione del Santo Padre e le sue opere di carità. Missione alla quale collabora la Curia romana. Dal momento che il Papa non emette tasse, la Chiesa sostiene le attività legate alla sua missione attraverso le donazioni le rendite del suo patrimonio. I costi che la Santa Sede sostiene sono quelli per la carità materiale e quelli per l’evangelizzazione, quelli per pagare gli stipendi dei propri lavoratori e quelli per la carità spirituale e sociale. A questo servono i dicasteri: a garantire la comunione della Chiesa nel mondo intero, alla comunicazione del magistero, all’esercizio della giustizia, all’implementazione di opere di carità. L’esercizio del ministero da parte del Papa nella Chiesa e nel mondo richiede strutture che esigono manutenzione e persone, retribuite per il lavoro professionale che prestano. Con tutti i diritti per questo previsti.

E gli investimenti?
Ogni buon padre di famiglia sa che deve essere anche un buon amministratore. Ogni buon amministratore ha cura di risparmiare qualcosa per i tempi difficili. E di investire i risparmi. Così ha fatto e continua a fare il Vaticano. Nel tempo – a partire da quelli meno recenti (1929) – non sempre si è speso tutto quello che si è ricevuto. E, come ha ricordato il Papa tornando dal suo viaggio in Giappone, «è imprudente mettere il denaro (residuo) in un cassetto e non investirlo». Come in ogni famiglia e, senza far torto alla Provvidenza, anche da queste parti bisogna pensare al futuro. Nel nostro caso, “pensare al futuro” vuol dire creare le condizioni perché la Chiesa, dal punto di vista materiale, possa continuare a svolgere la sua missione in maniera efficace e nella libertà, necessaria all’annunzio del Vangelo. Un modo per “pensare al futuro” è quello di investire, quando ci sono, le somme residue. Con prudenza e con competenza. Mettendo in conto, come tutti sanno, che negli investimenti si può perdere e si può far profitto.

Dunque, Londra?
Gli investimenti di Londra, per venire a noi, oltre ad aver sofferto la svalutazione della sterlina, la crisi economica per Covid–19 e l’incertezza della Brexit, hanno registrato altre perdite. L’indagine che si sta svolgendo per esclusiva iniziativa della giustizia vaticana mira a stabilire se, nell’operazione del palazzo di Londra, ci sono stati reati, a quali livelli e con quali responsabilità. Quello che non viene sottolineato abbastanza è che, quanto si sta facendo, dimostra che abbiamo gli anticorpi per combattere e raddrizzare quello che magari non è andato per il verso giusto.

Risponde al vero che di recente l’Apsa ha erogato un prestito alla Segreteria di Stato per l’estinzione del mutuo acceso sull’immobile, come era stato richiesto lo scorso anno allo Ior?
In verità, la SdS aveva già ottenuto da una banca commerciale la disponibilità di un prestito per estinguere il mutuo particolarmente oneroso, gravante sul palazzo di Londra. Tuttavia, prima di riceverlo, ha voluto chiedere anche all’Apsa e alla Segreteria per l’Economia (Spe) l’intervento per estinguere il prestito. L’Apsa, in stretta collaborazione con la SdS e la Spe, dopo aver compiuto i necessari accertamenti, ha coordinato il finanziamento necessario, che ha permesso così alla SdS di liberarsi dagli interessi esosi e di riportare il debito all’interno della Santa Sede. È stato un passo importante per mettere ordine in questo investimento e per escludere dalla proprietà del palazzo strutture finanziarie o persone estranee al Vaticano. È anche per questo motivo che il nuovo Sostituto della SdS aveva deciso di saldare il signor Gianluigi Torzi.

Resta il fatto che sui giornali si parla di perdite molto forti da parte delle casse vaticane su questo affare. Qual è la realtà dei fatti?
La quantificazione delle perdite dipende dalle valutazioni riguardanti le azioni della società che possedeva il palazzo e il valore del palazzo stesso. Stime indipendenti fanno oscillare le perdite tra fra 66 e 150 milioni di sterline. Comunque è importante dire che le perdite hanno avuto ricadute sul fondo di riserva della SdS, non su altri fondi né sul Fondo dell’Obolo di San Pietro che viene utilizzato, anno per anno, per le spese della missione del Papa.
Certo, bisogna riconoscere che alle perdite subite in questo investimento hanno contribuito anche errori, altrimenti non ci troveremmo qui a parlarne. Sarà il Tribunale a stabilire se si è trattato di errori, di imprudenza, di azioni truffaldine o di altro. E sarà lo stesso Tribunale a dirci se e quanto si potrà recuperare.

Quanto vale adesso l’immobile? È vero che per effetto dell’ampliamento delle licenze ha acquisito un valore maggiore? E quindi potrà essere venduto a condizioni convenienti per la Santa Sede?
È difficile definire il valore dell’immobile. Soprattutto in questo momento di pandemia. E poi, è vero che una casa o un immobile ha un suo valore oggettivo, però, alla fine, sul suo valore incide anche il prezzo di mercato e l’offerta dell’acquirente. Va evidenziato che la SdS, tra la fine dell’anno scorso e l’inizio di quest’anno, è riuscita ad ottenere un nuovo “planning permission” che evidentemente incide positivamente sul valore dell’immobile.

Come avviene la scelta dei consulenti esterni per gli affari finanziari? Nelle ricostruzioni giornalistiche si afferma che il discutibile curriculum di alcuni soggetti coinvolti nell’affare del palazzo londinese era noto. E allora perché proprio loro? Quale rete fiduciaria li ha accreditati? Le risulta che qualcuno degli intermediari coinvolti dalle indagini è ancora coinvolto nella gestione dell’immobile?
La SdS finora non aveva un organismo superiore di controllo per le definizioni di consulenze o altro. Ciò ha esposto evidentemente a errori di valutazione delle persone, con le quali ci si è accompagnati nell’investimento incriminato. Questo ci è stato e ci sarà di lezione per il presente e per il futuro. Quanto ai danni subiti e agli errori che li hanno prodotti, non sta a me dire se vi è stata cattiva fede. Le indagini diranno se chi ha potuto approfittare in questa operazione lo ha fatto per sue capacità o se è stato facilitato a farlo. In casa mia può entrare un ladro perché è “bravo” a disinnescare il sistema di allarme oppure perché qualcuno gli fornisce la chiave o gli apre dall’interno.

Quali e quanti sono i fondi riservati della Segreteria di Stato? È tra questi fondi che si trova anche il fondo a disposizione del Santo Padre, che secondo ricostruzioni giornalistiche sarebbe stato “saccheggiato” per operazioni opache?
Nell’Amministrazione della SdS vi sono fondi finalizzati, ricevuti cioè per il raggiungimento di obiettivi ben definiti; l’Obolo di San Pietro, destinate o alla carità del Papa o alle esigenze della Curia romana. Vi sono, inoltre, un fondo di riserva della SdS e il fondo discrezionale del Santo Padre. Le perdite dell’investimento di Londra sono state sopportate dal fondo di riserva della SdS, e non dall’Obolo di San Pietro o da quello a disposizione del Santo Padre. Quest’ultimo non ha subito alcun “saccheggio”: è sottoposto ad una gestione separata prudente che negli anni ha consentito di mantenerne il valore, generando anzi una rendita destinata alle opere del Santo Padre.

A chi era affidata la loro gestione? E a che cosa servono?
Oltre al Fondo Obolo, anche gli altri Fondi Intitolati sono amministrati dalla SdS e hanno varie destinazioni particolari, come opere umanitarie e apostoliche e a sostegno della missione della Chiesa universale nel mondo. La quota di capitale destinata agli investimenti era talvolta affidata in gestione dalla SdS ad amministratori esterni.

È una gestione assolutamente discrezionale oppure implica l’obbligo di un rendiconto? Ed eventualmente chi controllava il rendiconto?
Sono due le parti di questa domanda. E la risposta ci porta a riconoscere un duplice errore. Il primo è affidare in piena fiducia mandati discrezionali per gli investimenti ad amministratori, senza un controllo da parte della SdS. I risultati di questo modo di fare costituiscono evidentemente un errore. E gli effetti, oltre alle eventuali perdite, hanno comportato un altissimo costo reputazionale. Il secondo errore è che finora la SdS era sottoposta a scarsi obblighi di rendiconto né era tenuta a chiedere autorizzazione alcuna per atti di straordinaria amministrazione, come invece sono tenuti a fare altri dicasteri, che devono chiedere il nihil obstat della Spe. Per iniziativa dell’attuale Sostituto e, per esso della stessa SdS, la SdS ora offre invece dettagliati rendiconti agli organismi di vigilanza e chiede alla Spe l’autorizzazione per gli atti di straordinaria amministrazione. Questa procedura evita di incorrere negli errori passati. Ora insomma ci sono più occhi che guardano le operazioni e verificano le procedure. Si è avviato un importante lavoro di squadra votato all’efficienza e alla trasparenza della gestione.

In una recente intervista, il prefetto della Segreteria per l’Economia, padre Guerrero ha parlato di una prossima centralizzazione nell’Apsa di tutti i fondi. Ci può dire qualcosa in più?
Proprio facendo tesoro dell’esperienza passata, e degli errori commessi, stiamo lavorando per arrivare a una gestione più prudente, trasparente e professionale. Con opportuni controlli perché gli investimenti siano etici, ispirati alla Dottrina sociale della Chiesa e fruttuosi.

Molte persone, anche di provata fede, si chiedono: perché, nonostante le esperienze di Vatileaks 1 e 2, documenti riservati continuano a finire in pasto a certa stampa?
A questa domanda, una sola spiegazione! Tra le persone che hanno accesso ai documenti confidenziali c’è qualcuno che non rispetta gli impegni e le più normali regole di ingaggio, ispirate all’antico detto latino pacta sunt servanda. Personalmente non so chi, come e perché faccia girare documenti riservati.

Chi diffonde questi documenti molto spesso dice di farlo per aiutare il Papa a fare pulizia, alimentando la narrazione di una Curia quasi interamente corrotta che ostacolerebbe le riforme di Francesco. Ma è credibile una simile narrazione?
Non escludo che alcune pubblicazioni possano avere aiutato ad alzare la guardia e a intraprendere iniziative di pulizia interna. Ma le inchieste in corso, come ho già detto, sono state avviate dal Vaticano e sulla base di indagini interne, non sono frutto di inchieste giornalistiche o di altri Stati. Forse è lecito domandarsi se si contribuisca a fare pulizia di più con una inchiesta condotta secondo giustizia o divulgando incartamenti parziali.

Che cosa sta avvenendo?
È in gioco un cambio di mentalità, sempre difficile da realizzare con facilità e in maniera celere, nel quale ci stiamo indirizzando con la guida di papa Francesco. Quanto si sta facendo ora va nella direzione giusta e sta dimostrando che le procedure che stiamo mettendo in atto per migliorare il sistema funzionano. Mi riferisco alla pubblicazione del “Codice appalti”, alla costituzione della “Commissione di materie riservate”, alle procedure per gli atti di amministrazione straordinaria, alla centralizzazione degli investimenti e alla definizione di procedure chiare, che permettono tracciabilità, trasparenza e controlli. Questo processo di razionalizzazione coinvolge anche la SdS, che è sottoposta, come tutti i dicasteri, ai controlli. La strada è lunga ma, con l’aiuto del Signore e per il bene della Chiesa, pensiamo di farcela.