LA LIBERTA’ BIBLICA

Articoli home page

La dinamica biblica della libertà umana conosce certamente la dimensione della liberazione da una condizione variamente negativa e frustrante. Essa, però, non concepisce l’autodeterminazione acquisita al di fuori della dedizione esistenziale verso il Creatore e le creature, in particolare gli altri esseri umani. Nel Nuovo Testamento questa prospettiva è ribadita con accenti e sottolineature molto interessanti.

Dalle 41 attestazioni neo-testamentarie4 della radice eleuth- (28 delle quali fanno parte dell’epistolario paolino) emerge un’idea di libertà che è anzitutto liberazione da ogni vincolo esterno all’essere umano che ne limiti le possibilità di sviluppo relazionale. Ciò vale per la Torà mosaica quando è vista come via di salvezza in quanto tale. Il cap. 6 della lettera ai Romani lo mostra chiaramente. Infatti chi si è lasciato immergere nella logica di vita di Gesù e ha accettato di farsene intridere non deve farsi complice di un orientamento di vita che si oppone alla vocazione data da Dio (cfr. 6,13a).

Essere al servizio del peccato o essere al servizio della giustizia nell’alleanza con il Signore Dio: questa è l’alternativa secca di fronte alla quale si trova la libertà di ogni esistenza umana e Paolo la ripropone ripetutamente, mutando la costruzione delle argomentazioni ed osservazioni (cfr. 6,16.18-19), avvalendosi anche di ironia sarcastica (cfr. 6,20-21).

Egli, comunque, tiene ferma la tesi di fondo. La convinzione essenziale è che l’autentica coscienza, quella di essere stati accolti gratuitamente da Gesù Cristo nel suo Regno solo per amore, deve orientare gli esseri umani a respingere ogni tentativo delle vecchie abitudini, figlie e prigioniere del peccato, di operare ancora. Il tutto nella consapevolezza che liberazione, libertà e animazione da parte della Spirito coincidano. Quanto più lo Spirito di Dio, cioè la logica d’amore divina è accettata dagli individui come motore della loro vita, tanto più essi sono liberi (cfr. 2Cor 3,17; Rm 8,21; 1Cor 10,29).

In Gv 8,31-59 si nota come la condizione di libertà sia il punto di arrivo di un processo che parte dall’ascolto della parola di Dio e passa attraverso la scelta di seguire Gesù, parola divina incarnata, nella quotidianità di ogni giorno. Tale sequela appare la strada maestra per comprendere effettivamente quale sia la verità dell’esistenza umana. Essere liberi significa, in questa linea, optare per una ricerca della luce dell’amore che duri tutta una vita. Questo percorso è possibile soltanto se l’affermazione egocentrica della propria identità non si frappone all’inizio e al progredire lungo questo cammino.

D’altra parte proprio in Gal 5,1 si può trovare probabilmente l’affermazione più oggettiva della libertà cristiana: «In vista della libertà Cristo ci ha liberati; resistete dunque con continuità e non lasciatevi assoggettare di nuovo al giogo della schiavitù». La vicenda del Nazareno, vista in tutto il suo svolgimento, dagli inizi sino al
culmine della passione, morte e risurrezione, si è rivelata una scelta di libertà da ogni priorità egoistica. Questa opzione era finalizzata alla diffusione tra gli esseri umani di questo genere di emancipazione: vivere l’amore per gli altri perché essi facciano altrettanto per tutta la loro vita.

Questo discorso risulta ulteriormente sostenuto quando si prendono in considerazione le ricorrenze dei termini del campo semantico redenzione5. Parole come lytrosis apolytrosis hanno ascendenti primo-testamentari che rinviano costantemente alla grande esperienza della liberazione dalla schiavitù egiziana e alla conclusione dell’alleanza tra Dio e il popolo (cfr. Dt 7,6-8).

Questi termini dispiegano prospettive straordinarie all’umanità in termini di partecipazione sia alla liberazione conseguente al mistero pasquale (cfr. 1Cor 1,30; Rm 3,24; Mt 20,28; Mc 10,45) sia a quella escatologica che vedrà la pienezza dei frutti dell’opera divina in Gesù Cristo (cfr. Ef 1,7; 4,30; Col 1,14). Una libertà che nasce dalla liberazione in Cristo Gesù. E la più alta delle manifestazioni della libertà divina nei confronti degli esseri umani è questa: la decisione di Gesù di Nazareth di mettersi a servizio degli altri donando totalmente se stesso e assumendosi le conseguenze estreme di tale scelta (= la morte).

In questo quadro la vita umana è davvero libera da tutto ciò che ne mortifica i giorni, se si esprime in un amore fatto secondo la figura e ad immagine dell’amore di Dio per l’umanità. La connessione pratica ed inscindibile tra fede e amore costituisce il punto d’arrivo del discorso paolino. Infatti il cuore strutturale della fede, ossia della fiducia che dà speranza e senso all’esistenza, è l’amore. Esso, però, necessita di costante discernimento circa le sue possibilità d’azione ritornando continuamente alla sua fonte originaria: l’agire di Dio per il mondo e per l’umanità culminato nella scelta sacrificale di Gesù Cristo, proclamatore dell’evangelo del Regno, morto e risorto.

4 Cfr. Mt 17,26; Gv 8,32.33.36; Rm 6,18.20.22; 7,3; 8,21; 1Cor 7,21.22.39; 1Cor 9,1.19; 10,29; 12,13; 2Cor 3,17; Gal 2,4; 3,28; 4,22.23.26.30.31; 5,1.13; Ef 6,8; Col 3,11; Gc 1,25; 2,12; 1Pt 2,16; 2Pt 2,19; Ap 6,15; 13,16; 19,18.
5 Cfr. Mt 20,28; Mc 10,45; Lc 1,68; 2,38; 21,28; 24,21; At 7,35; Rm 3,24; 8,23; 1Cor 1,30; Ef 1,7.14; 4,30; Col 1,14; 1Tm 2,6; Tt 2,14; Eb 9,12.15; 11,35; 1Pt 1,18.

 

 

(articolo tratto da www.absi.ch)