Le omelie di alcuni Vescovi: “Irradiate la gioia perché il mondo sta morendo di tristezza!”

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Nella quinta domenica di Quaresima il Vangelo di Lazzaro ha ispirato le riflessioni dei pastori, da Bassetti a Nosiglia, da Moraglia a Zuppi. Il Messaggio di speranza dell’arcivescovo di Milano

Un’altra domenica di Messe senza fedeli per tutte le chiese italiane, anche se si moltiplicano le iniziative per far partecipare da casa i fedeli, proponendo dirette sui canali più diversi: facebook, youtube, televisioni locali. Qui di seguito le omelie di alcuni vescovi d’Italia.

Il cardinale Bassetti nella cattedrale di Perugia

Ha richiamato l’immagine del Papa in piazza San Pietro, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia nella Messa celebrata nella quinta domenica di Quaresima in una vuota cattedrale di Perugia. “Affaticato, non solo dagli anni, ma anche dai drammi, che il Signore ha voluto caricare sulle sue spalle, che poi sono anche i nostri drammi e le croci di tutta l’umanità. Come non continuare a pensare e a pregare per tutti i fratelli colpiti da questo nemico, invisibile, ma che appare anche al momento invincibile?” le parole del porporato. “Spettatori di episodi di vero eroismo” ha aggiunto.

“Tutti i giorni – ha detto il cardinale Bassetti, secondo quanto riferisce la diocesi – siamo spettatori di episodi di vero eroismo: dice Gesù ‘non c’è amore più grande di dare la vita per le persone che si amano…’. E come non ricordare le migliaia di persone che il Signore ha chiamato a sé da questa vita? Durante la scorsa settimana ci sono stati diversi momenti significativi. Giovedì scorso il Padre Nostro pregato insieme al Papa e a tutti i fratelli cristiani di tutte le confessioni; venerdì ogni Vescovo d’Italia ha presieduto, in uno dei cimiteri della propria diocesi, un momento di preghiera. Un gesto di carità, di pietà cristiana e di vero affetto per chi ha dovuto fare l’ultimo passo della propria vita, in una solitudine totale, senza una preghiera, senza una parola di conforto, senza nessuno che gli stesse ad asciugare il sudore della morte, perché anche a morire si fa fatica. E io, in 54 anni di sacerdozio, ne ho visti tanti morire!”.

“‘Alzati”, ci dice Gesù – ha ricordato ancora il presidente della Cei -: risorgi, mettiti in piedi. Non sciupare il tempo, rimboccati le maniche… non aspettare per fare il bene: si può fare anche chiusi in casa. Soprattutto a voi giovani Gesù dice: vivete la vostra vita in pienezza! Voi mi direte: come fare, e proprio in questo tempo? Mentre siamo così provati? Tutto questo è vero, ma con la luce e l’energia che ci vengono dalla
preghiera e dalla Parola di Dio, non ci mancherà la forza di affrontare la nostra esistenza con coraggio, a testa alta, nonostante le difficoltà”.

Al termine della celebrazione – trasmessa in diretta da Umbria Tv, Umbria Radio InBlu e dai social media ecclesiali – il cardinale Bassetti si è recato davanti all’immagine della Madonna delle Grazie (dipinta da un allievo del Perugino) e ha recitato la sua preghiera di affidamento alla Beata Vergine Maria della città e dell’intera comunità diocesana.

L’arcivescovo di Milano Mario Delpini: Messaggio di speranza

Gesù voleva molto bene a Lazzaro, a Maria, a Marta, gli amici di Betania.
E una volta aveva portato in dono dei semi. Li aveva consegnati dicendo: “Sono dei semi speciali. Curateli con ogni attenzione. Vedrete spuntare fiori che non pensate”.
Dunque li avevano presi in consegna, avevano preparato vasi con terra buona, li avevano messi nel locale più riparato dal vento freddo del nord e dal vento ardente del deserto, li curavano con ogni cura. Ma, in effetti, con scarsi risultati.
Marta, come sempre attiva ed efficiente, ogni giorno se ne prendeva cura. Innaffiava, concimava, cercava di tenere i vasi liberi da insetti e da ogni curiosità, teneva lontano anche il gatto. E cominciava a esasperarsi: “Con tutto quello che faccio non si vede spuntare niente!”. E con tutte le cure di Marta, i semi restavano come morti
Maria ogni giorno faceva visita alla stanza riparata da ogni vento e osservava, osservava. Poi cominciava a predicare, a rimproverare, a incoraggiare: “Forza, non dovete aver paura, germogliate, vi proteggiamo da ogni pericolo! Su, non dovete essere pigri, adesso è ora di svegliarvi! Insomma siete proprio disobbedienti è vostro dovere produrre qualche cosa! Siete davvero antipatici: con tutto quello che facciamo per voi!”. E con tutte le prediche di Maria, i semi restavano come morti.
Lazzaro ogni giorno dava uno sguardo alla stanza protetta da ogni minaccia. Non diceva neanche una parola, ma era impensierito. Si domandava: “Non avranno per caso preso qualche malattia? Forse i vasi non sono adatti? Forse le troppe cure di Marta, forse le troppe prediche di Maria li hanno spaventati…”. Ma con tutti i pensieri di Lazzaro, i semi restavano come morti.
Dopo un po’ di tempo Gesù tornò a visitare gli amici di Betania e domandò: “Allora i semi che vi ho dato? Avete visto che fiori?”. Ma gli amici imbarazzati e anche un po’ arrabbiati risposero: “Altro che fiori! Non s’è visto neanche un germoglio! Sono rimasti come morti. E sì che li abbiamo curati con ogni premura!”.
Gesù domandò: “Dove li avete messi?”. E lo portarono a vedere il locale al riparo da ogni vento, al riparo dagli insetti, dai passeri del cielo e anche dal gatto.
Ma Gesù ne fu indignato e spaventato: “Ma come? Li avete messi in cantina? Come possono germogliare e fiorire? Al sole, al sole, è là che germogliano i semi, è là che fioriscono i fiori!”.
I tre amici di Betania, tutti vergognosi, portarono i vasi sul terrazzo.
Passò appena qualche giorno e la casa di Betania fu come trasfigurata. Erano fioriti i fiori più straordinari che mai si fossero visti.
Erano fiori che cantavano! Oh come cantavano! Cantavano con una dolcezza e intensità che, dovunque giungeva il loro canto, germogliava la gioia. Cantavano con una tale delicatezza che i bambini sorridevano nel sonno e i nonni sentivano la compagnia degli angeli. Oh, come cantavano! Cantavano con tale forza che gli scoraggiati, i disperati, gli afflitti sentivano rinascere la voglia di sorridere! Oh come cantavano!
Erano fiori che coloravano la terra! Erano colori così delicati e affascinanti che rivestivano di bellezza anche gli angoli grigi della casa di Betania e tutto il paese! Che colori, che colori meravigliosi!
Erano fiori che profumavano! Ah, che profumo! Più delicato e affettuoso del nardo di Maria, non so come dire: era un profumo di pane e di amicizia. Era un profumo che convinceva a sedersi a mensa e a fare festa! Ah, che profumo!

La storia vuole insegnare che per far sbocciare i fiori speciali che Gesù ci ha consegnato, bisogna esporli al sole. Voglio raccomandare a tutti, specialmente ai ragazzi e ai più giovani: cercate Gesù, luce del mondo! Entrate nel fuoco ardente dell’amore che viene da Dio e sbocciate! A tutti i giovani e a quelli che sono giovani dentro, voglio ripetere quello che ha gridato Gesù: “Vieni fuori! Cerca il sole, cerca il Signore! A tutti i ragazzi e i giovani e a quelli che sono giovani dentro voglio ripetere il comando di Gesù che Papa Francesco ha scelto come titolo per la Giornata Mondiale della Gioventù, che è domenica prossima: Giovane, dico a te, alzati! (Lc 7,14)
Siate fiori che cantano: irradiate la gioia perché il mondo sta morendo di tristezza!
Cantate lieti canzoni! Contrastare con il contagio della gioia il contagio del virus e di ogni male.
Siate fiori che colorano la terra: svegliate la bellezza che si è assopita sotto la coltre del grigiore. Fate risplendere il bello che c’è in ogni uomo e in ogni donna.
Siate fiori che profumano: diffondere il buon profumo di Cristo, che renda desiderabile abitare insieme, sedersi a mensa e dare vita ad affetti più intensi, ad amicizie più vere.
Irradiate la gioia! Svegliate la bellezza! Diffondere profumo di pane e di amicizia!

Il patriarca di Venezia Francesco Moraglia

Il patriarca Francesco Moraglia ha celebrato la messa della quinta domenica di Quaresima nella cripta della basilica cattedrale di S. Marco a Venezia. All’atto penitenziale ha invitato a «chiedere perdono al Signore per non esserci accorti mai della bellezza di una comunità viva che la domenica si stringe intorno all’altare, si incontra, si stringe la mano e dice al Signore tutta la gioia di essere la sua Chiesa».

Nell’omelia osserva: «In questi momenti tragici dobbiamo sconfiggere la paura, il pessimismo, il delegare ad altri e… vivere in modo cristianamente responsabile e sentirsi parte di una comunità perché gli altri mi interessano, non mi sono estranei e il morire di tanti mi appartiene personalmente, è il mio morire. Tutto quello che accade mi interessa e mi appartiene”. Riprende così il motto di don Milani (“I care) che è contro ogni individualismo e che dal Vangelo trae forza e spunto per «un nuovo modo di guardare gli altri, la situazione che viviamo e il bene comune. Mi sta a cuore la salute mia e di tutti. Per questo resto a casa e ci resto con spirito costruttivo, come gesto di responsabilità, di carità e di solidarietà».

Rivolge, quindi, lo sguardo al futuro: «Domani vedremo se questa pandemia ci ha insegnato qualcosa, cambieranno gli equilibri di forza nel mondo intero ma è inutile pensare solo ad una nuova strategia economico-finanziaria o a nuove alleanze politiche – siamo stufi di certi discorsi… -, certo ci vorrà anche questo ma sarà insufficiente se l’uomo non cambia il cuore e la mente. Per troppo tempo ci siamo ostinati a cucire pezze nuove su un vestito vecchio e liso. E l’Europa, lo dico con tristezza, oggi dimostra di non esserci – quando dovrebbe esserci per farci vedere quanto è decisiva e importante – ed invece esprime visioni e interessi solo di una parte. Siamo di fronte ad un’emergenza sociale imminente, diciamolo e prepariamoci».

Commenta il vangelo della risurrezione di Lazzaro: «La parola di Dio ci aiuta a vivere il momento presente. Ci dice che la morte non risparmia nessuno, neanche gli amici di Gesù. Ma Gesù stesso ci dice che la morte è sconfitta, perché Egli è il vincitore della morte. Il vero destino dell’uomo è la vita. Gesù non promette immortalità e benessere terreni ma dona la vera vita che nessuno potrà togliere». Ricorda la visita dell’altro giorno in cimitero “per dire ai nostri morti di Covid-19 morti spesso senza l’affetto dei familiari: non vi abbiamo dimenticato né abbiamo dimenticato i vostri cari”.

Al termine c’è l’affidamento a san Marco, patrono di Venezia e delle genti venete, davanti al luogo che ne custodisce i resti: «Tutto intorno a noi si è fatto silenzio e la nostra fierezza di uomini viene meno dinanzi a un nemico invisibile. In questo tempo di forzato ritiro donaci di riscoprire la gioia di pregare il tuo Vangelo nelle nostre case. Tu che hai conosciuto la fragilità non lasciare che la speranza venga meno, donaci la grazia di una vita più coraggiosa e degna del Vangelo». (Alessandro Polet)

L’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia

La resurrezione di Lazzaro conclude il ciclo del vangelo di Giovanni che ci ha accompagnato in queste settimane di quaresima. Due domeniche fa con l’episodio della donna samaritana Gesù si è proclamato acqua viva e ci ha così introdotti nel grande dono del battesimo che abbiamo ricevuto e di quell’acqua che ci ha purificato dal peccato e ci ha offerto una sorgente zampillante a cui possiamo sempre ricorrere per dissetare la nostra sete di amore e di vita nuova. Domenica scorsa con l’episodio del cieco nato Gesù ha aperto i nostri occhi per vedere la via che ci conduce a lui e camminare alla sua luce per non lasciarci dominare dalla tenebre del male e delle varie prove della vita che ci abbattono e fanno perdere la speranza. Cristo luce del mondo nel battesimo ci ha illuminati per diventare luce di verità mediante la nostra testimonianza di amore. Oggi con la risurrezione di Lazzaro Gesù afferma di essere lui la risurrezione e la vita. E’ ancora un richiamo al battesimo che ci ha fatto passare dalla morte del peccato alla vita e rendendoci figli di Dio ci ha assicurato la salvezza eterna. Perché questa trilogia tutta incentrata sul battesimo? Perché la notte di pasqua che celebra la morte e risurrezione del Signore fin dall’inizio della storia della chiesa, era considerata la festa dei battezzati e dei catecumeni. In quella notte santa si rinnovano ancora oggi infatti le promesse battesimali e i catecumeni ricevono il sacramento che li fa cristiani per sempre.
Ma soffermiamoci a considerare l’episodio della resurrezione di Lazzaro anche su altri aspetti che ci coinvolgono. Anzitutto quello della umanità di Gesù che partecipa alla vicenda dolorosa delle sorelle di lazzaro suo caro amico piangendo davanti alla sua tomba come ognuno di noi piange la morte di una persona cara. Gesù’ amava quella famiglia perché ogni volta che si recava a Gerusalemme si fermava volentieri per un po’ di sosta con i suoi discepoli nella loro casa.
Molti vedevano in Gesù un guaritore ,operatore di miracoli e consideravano secondaria la sua umanità. Cosa che non è del tutto esente anche in tanti credenti. Ma Gesù proprio negli episodi delle varie resurrezioni che ci riporta il vangelo si comporta invece in modo molto diverso. Anzitutto manifesta tutta la sua umanità fatta di condivisione e solidarietà, partecipazione anche emotiva verso chi si trova difronte alla morte di una persona cara. Pensiamo alla Vedova di Nain quando Gesù vedendola ebbe compassione fermò il funerale e risuscitò il bambino e lo restituì vivo a sua madre; pensiamo alla ragazza di 12 anni figlia di Giairo che tutti credevano morta ma Gesù disse al padre : continua solo ad avere fede. La risuscitò e la diede a suoi genitori dicendogli dategli da mangiare. L’umanità di Gesù unita alla fede compie il miracolo.
E questo è un grande insegnamento per noi. In questo tempo in cui siamo costretti a stare in casa possiamo riscoprire e rivivere quelle relazioni reciproche tra coniugi, figli e anziani, fatte di gesti e momenti di dialogo e incontro superando quella fretta costante che caratterizzava la nostra esistenza e spesso impediva di stare insieme riscoprendo la bellezza e la positività del guardarsi in faccia e riconoscerci comunità familiare in cui ciascuno offre il suo apporto per vivere uniti e concordi.
Inoltre come Gesù anche noi oggi ci troviamo davanti a tante persone decedute che magai conoscevamo o comunque facevano parte della nostra comunità civile ed ecclesiale. Penso a quanti parenti e amici di persone morte per coronavirus non hanno potuto stare vicino ai loro cari nel momento supremo della morte o nella fase finale della malattia, stringere le loro mani e dare una carezza al proprio congiunto. Penso ancora a tutti quei defunti che non hanno potuto usufruire di un funerale con la partecipazione non solo dei loro cari ma di tanti amici e conoscenti. Gesù ci insegna a stare comunque vicino a tutte queste persone esprimendo solidarietà e vicinanza e con la preghiera che come lui possiamo rivolgere al Padre .Una preghiera fatta con fede come ci testimonia Marta nel colloquio con il Signore quando lui la rassicura: tuo fratello risorgerà… io sono la risurrezione e la vita e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno: credi tu questo? Marta risponde : io credo Signore che tu sei il Cristi e io Figlio di Dio .
La fede di Marta è accolta dal Signore che le fa dono di quello che ha chiesto: la risurrezione del fratello Lazzaro.
In ogni episodio del vangelo infatti Gesù compie i miracoli solo quando c’è fede in lui. Se non c’è fede non compie miracoli come accade al suo paese Nazareth in cui i suoi concittadini si aspettavano qualcosa di straordinario ma non credevano in lui e Gesù per questo se ne andò lamentandosi della loro incredulità.
I miracoli non sono assenti anche oggi nel mondo, ma molto più assente è la fede. Gesù disse un giorno ai suoi discepoli: se aveste fede come questa granellino di senapa che è il più piccolo di tutti i semi della terra, potrete dire a questa montagna spostati e questa si sposterebbe perché nulla è impossibile a Dio .
Maria che invochiamo ogni giorno perché interceda per noi e ci liberi dalla tragica situazione che stiamo vivendo ha creduto nell’impossibile di Dio e per questo è diventata madre del Signore senza il concorso di uomo. Beata te che hai creduto alla parola del Signore la salutò Elisabetta. Lei ci è dunque di esempio per rendere la nostra fede più forte e sicura lasciando però sempre a Dio nel suo disegno di dare una risposta positiva secondo la sua volontà. In questi giorni guardo sovente il crocifisso perché è l’unica risposta che ci possiamo attendere, quella che il Padre ha dato al suo stesso figlio Gesù. È la risposta dell’amore che vince ogni avversità e ci garantisce di vincere anche la morte come è avvenuto per il Signore. Affidiamoci dunque con speranza e fiducia alla volontà di Dio senza però disattendere quello che il Signore ci ha detto : pregate senza stancarvi, bussate e vi sarà aperto. Un padre a un figlio che gli chiede un pesce darà forse un serpente? Se dunque voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli ben più il vostro Padre che è nei cieli darà cose buone a quelli che glieli chiedono.
Cari amici, continuiamo a chiedere al Signore: aumenta la nostra fede perché solo così anche la nostra preghiera sarà esaudita ed efficace non solo per noi ma per tutti i nostri fratelli.

Il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi

(STRALCIO)
Racconto due esempi di questa gloria. Un’infermiera di uno dei nostri ospedali – desidero ricordare con emozione anche i tanti medici e personale sanitario che sono morti aiutando i malati – si fa vicino ad un’anziana sola, che non poteva ricevere visite, e che “all’inizio non voleva parlare con nessuno, teneva gli occhi sempre chiusi come se lei non ci fosse. Non rispondeva neanche alle domande. Non voleva accettare la morte e aveva paura”. Lei le ha chiesto se poteva starle un po’ vicino. “Piangendo mi ha fatto cenno di sì, mi ha chiesto di non lasciarla da sola. Di stare lì con lei. E le ho tenuto la mano e ce la stringevamo a vicenda. Abbiamo pianto insieme”. L’altro esempio è un ragazzo, timido, che si è fatto coraggio perché amico di Gesù (chi è amico di Gesù crede nell’amicizia e ha tanti amici) ed ha chiesto, con iniziale imbarazzo, al suo vicino di casa, rimasto vedovo da poco, se voleva che gli facesse la spesa. L’anziano si è messo anche lui a piangere, perché si vergognava di chiedere e perché ha sentito la protezione gratuita e questo lo ha liberato da tanta tensione, dalla pietra pesante della solitudine. Ha pianto ma aveva bisogno di qualcuno che lo amasse. Ecco, lì c’è la gloria di Dio.
Marta e Maria si sentivano abbandonate ed esprimono un misto di rivendicazione e di desiderio (“se tu fossi stato qui”). Tutti di fronte al male sperimentiamo il senso di impotenza, il bisogno di qualcuno che ci difenda, la delusione quando questo non accade. Gesù peraltro è tornato perché vuole a Lazzaro “molto bene” e sarà condannato a morte proprio per averlo fatto risorgere, potremmo dire per amicizia. Il Signore vuole rendere consapevole Marta della forza che ha se crede, della forza che è l’amore di Dio in lei e in noi. “Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”. L’amore vince, non finisce e strappa dalla morte i nostri cari che sono morti: essi vivono in Lui. Anche noi non possiamo fare a meno del nostro amico Lazzaro, lo amiamo e facciamo di tutto per lui! Gesù a gran voce, come a liberare da tanto vuoto chiacchiericcio e per indicare la forza della sua Parola, chiede di togliere la pietra pesante che era la parola fine e dice: Vieni fuori! On mette una pietra sopra alla speranza, alla luce, alla misericordia. L’amore non finisce e libera dai legami della morte, riaccende la vita, restituisce Lazzaro a se stesso e ai suoi.
Difendiamo la vita e mostriamo la gloria di quello che non finisce e che unisce gli uomini tra loro e il cielo e la terra. Seguiamo anche noi Gesù, essendo buoni, pieni di speranza, amici di Lazzaro, fratelli con un grande cuore universale e pieno di amore per tutti. Abbiamo visto la gloria di Dio. E’ la nostra fede che ci fa dire con Marta: Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo.

Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila

(Stralcio) Le cronache quotidiane riportano l’avanzata omicida del virus-killer Covid-19. Ma, al tempo stesso, siamo informati di una straordinaria mobilitazione della solidarietà. Ci vengono raccontati gli atti eroici compiuti da medici, infermieri, forze dell’ordine, uomini delle Istituzioni, volontari e sacerdoti. Molti hanno testimoniato una dedizione totale: fino al dono della vita. Questi gesti sono sacri, perché rappresentano una “epifania” di Dio. Un giorno, spero non lontano, potremo raccogliere i nomi di questi “martiri” e onorarli come meritano. Siamo fieri di averli come fratelli nel Signore e come concittadini. Tali eventi rimarranno scritti, con l’inchiostro indelebile della carità, negli annali di questo secolo.

Le “orde” invasive di coronavirus saranno fermate dalla barriera dell’unità: sociale, culturale e ecclesiale. Barriera invalicabile, perché resa salda dall’amore reciproco. E l’amore ha sempre l’ultima parola, perché l’amore vince!
Ricordiamo nella preghiera tutti coloro che hanno perso la vita; partecipiamo, con fraterna vicinanza, al dolore straziante dei familiari; stringiamoci, con prossimità samaritana, a quanti sono stati colpiti da questo contagio; innalziamo un’orazione speciale per quanti hanno subìto gravi danni nelle loro attività professionali.
Maria, prima testimone del Risorto e donna piena di Spirito Santo, ci aiuti ogni giorno ad essere collaboratori di Dio nell’edificare la Chiesa-Comunione e nel promuovere la civiltà dell’amore, spargendo semi di risurrezione nei solchi di questo tempo sofferto. La Madonna, “Salus Populi Aquilani”, ci insegni a camminare, con il passo del Vangelo, in questi giorni velati di tristezza e mantenga accesa in noi la fiducia che “tutto possiamo in Colui che ci dà la forza” (Fil 4,13). Amen!