Libro testamento. Il «diario dell’anima» di Bartolomeo Sorge

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Un volume, edito poco prima della scomparsa del gesuita, ripercorre l’autobiografia del religioso e politologo. Le sue lunghe soste di fronte al Tabernacolo e il “sogno” giovanile di farsi carmelitano

Sacerdote per sempre. E soprattutto un uomo capace di sostare per ore senza interruzione di fronte al tabernacolo. E con una devozione particolare per la Vergine raffigurata nell’icona Mater Divinae Gratiae: immagine che lo aveva accolto da novizio della Compagnia di Gesù a 17 anni nel 1946 a Lonigo e che aveva ritrovato, per uno strano disegno della Provvidenza, nella forma di un’identica copia cinquecentesca nell’ultimo tratto della sua lunga vita, nel 2016 nell’infermeria della residenza dei gesuiti Aloisianum di Gallarate, provincia di Varese.

È uno dei tratti biografici meno conosciuti, più intimi del gesuita padre Bartolomeo Sorge (1929-2020) additato spesso come “sacerdote politico” rispetto al suo sentirsi solamente un autentico contemplativo. Anzi “padre Bartolo” (come amava farsi chiamare dai suoi amici più cari) si avvertiva, secondo una felice frase attribuita a uno dei più stretti collaboratori di Ignazio di Loyola, il gesuita spagnolo Juan Alonso Polanco, come un contemplativus etiam in actione: cioè un persona prima di tutto dedita all’orazione e poi all’azione.

Una virtù quella della preghiera quotidiana che faceva parte del suo dna, quasi simboleggiava il “diagramma spirituale” di questo religioso ignaziano, morto il 2 novembre scorso, a 91 anni.
E non è singolare che per scovare questi aspetti inediti di Sorge e meno esplorati della sua sterminata bibliografia bisogna ripartire da un saggio: I sogni e i segni di un cammino (LeChâteau, pagine 152, euro 15); il volume fu pensato per i 90 anni della sua lunga esistenza e per celebrare i suoi 60 anni di sacerdozio (1958-2018). Padre Sorge considerava questo piccolo volume – è la confidenza che fece a chi scrive proprio a inizio di questa pandemia nel 2020 – come il suo «testamento spirituale».

Questa agile pubblicazione che custodiva come una «reliquia del cuore», un autentico livre de chevet nella sua stanza arredata molto francescanamente dell’Aloisianum «racconta – fu la testimonianza “inedita” da me raccolta – molto di me perché mi sono fatto gesuita e perché ho affidato a Maria tutta la mia vocazione sacerdotale e religiosa. Attraverso queste pagine emerge la mia gratitudine al Signore per aver celebrato l’Eucaristia, quasi ogni giorno».

La pubblicazione è curata da Nicola Alessi. A guidare il lettore a scoprire il “padre Sorge che non ti aspetti” sono soprattutto le riflessioni di una discepola del gesuita di origini veneto-siciliane: la monaca benedettina Maria Concetta De Magistris. Grazie a lei si scopre così l’importanza che ebbe nella vita di Sorge la frequentazione del monastero benedettino di Citerna al confine tra Umbria e Toscana, dove intravide nel solco del post-Concilio la nascita in questo luogo di una «nuova forma di monachesimo urbano».


«La mia gratitudine maggiore è stato affidare a Maria la mia vocazione e il poter celebrare ogni giorno l’Eucaristia». Tra gli aspetti sconosciuti si racconta il suo arrivo a Palermo a bordo di «una 127 donata da “La Civiltà Cattolica”» o la sua nomina ad esorcista voluta dal cardinale Ugo Poletti


Tante sono le istantanee che ci regala questo libro: tra queste l’amicizia e la frequentazione con il patriarca di Venezia Albino Luciani, divenuto poi Giovanni Paolo I; si evince che Sorge, allora direttore de “La Civiltà Cattolica”, oltre ad essere il destinatario delle ultime lettere di papa Luciani era stato già designato dal Pontefice per predicare gli Esercizi spirituali per la Quaresima del 1979 alla Curia Romana. Tra le testimonianze spicca anche quella di Federico Lombardi che racconta di un Sorge figlio della spiritualità camaldolese e con una capacità rara di «pregare tanto a lungo del tutto simile a un solo altro gesuita: l’allora preposito della Compagnia di Gesù l’olandese Peter Hans Kolvenbach».

Le istantanee di questo libro ci ricordano tutte le tappe del Novecento di Sorge giornalista e polemista ma anche esorcista (a nominarlo per la diocesi di Roma fu l’allora cardinale vicario Ugo Poletti). Non si dimentica di accennare ai grandi ruoli del Sorge “uomo pubblico” dentro la Compagnia di Gesù in Italia: direttore deLa Civiltà Cattolica (1973-1985), guida carismatica dell’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe a Palermo (1985-1996) – «per la mia lotta alla mafia mi fu affidata la scorta per anni!» – e poi ancora a Milano a dirigere importanti riviste come Aggiornamenti Sociali (1997-2009) e Popoli (1999-2005).

Ma il volume dona al lettore alcuni frammenti della vita del religioso ignaziano sconosciute ai più: il sogno per esempio prima di farsi gesuita, dopo tante lettere inviate alla Madonna e poi bruciate da adolescente, di diventare carmelitano o francescano; o ancora di come il suo arrivo a Palermo «a bordo di una 127 donata dai padri de La Civiltà Cattolica» rappresentò per lui, riprendendo le parole della Genesi, «la discesa in Egitto come un novello Giacobbe». Ma grazie a questo libro affiorano anche i segni di predestinazione di padre Sorge a divenire figlio di sant’Ignazio: «Grazie a padre Messineo scoprii che mio padre prima di sposarsi – fu un’altra sua confidenza a chi scrive – era stato in noviziato tra i gesuiti in Sicilia nei primi anni del Novecento. Fu una sorpresa incredibile avvenuta già a 20 anni dal mio ingresso nell’Ordine e dopo che il mio caro papà era morto…».

Leggendo queste pagine si intuiscono i santi cari a Sorge: Francesco di Sales e Gemma Galgani. Ma si intuiscono anche i segni quasi i crismi di serenità di un uomo sempre pronto all’incontro definitivo con il Signore, che come i vecchi profeti della Bibbia sognava una Chiesa, nel solco del magistero di papa Francesco, «libera, povera e serva».