L’INCONTRO CON IL VIVENTE: Lectio, Meditatio, Oratio, Contemplatio (Dom G. Innocenzo Gargano)

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Una volta che è stato stabilito il quantitativo di tem­po (un’ora o dieci minuti), i Padri insistono che quel tempo sia sempre nello stesso momento del giorno. È quell’ora lì, sono quei dieci minuti lì che costituiscono l’appuntamento a cui non si può mancare, perché esso deve diventare l’asse stabile nelle ventiquattro ore del­la giornata, in modo che prima di quel momento quasi inconsciamente si sia orientati a vivere quel tempo lì, e dopo quel tempo lì le altre cose si riempiano di luce. Un’altra indicazione pratica che danno i Padri an­tichi è che sia sempre nello stesso luogo.

Quindi: lo stesso quantitativo di tempo, nello stes­so momento della giornata, nello stesso luogo. È una regola molto, molto semplice!

1 – Lectio

Che cosa fare in questo tempo?

L’ho già detto: si potrà scrivere il testo, si potrà tradurre il testo da una lingua ad un’altra, si potrà semplicemente fare l’analisi elementare del testo (grammaticale, logica eccete­ra), purché quei minuti siano spesi unicamente a cer­care di capire il senso letterale del testo. A seconda poi delle capacità culturali, si potrà proseguire e dedi­care questo tempo, ad esempio, all’analisi strutturale del testo stesso, oppure a sottoporre il testo a una let­tura storico-critica, utilizzando gli strumenti e le tec­niche che si possono avere a portata di mano. Tutto questo, sempre e unicamente, per capire il senso let­terale del testo. Questa è lectio. Quando si parla di lectio, si parla di questo.

L’unica cosa da cercare è tentare di riuscire a capi­re che cosa dice il testo nella sua letteralità.

2 – Meditatio e Oratio

E il resto? Il resto non viene in questo momento qui. Il senso allegorico, cioè la comprensione di fede del testo, si aggiungerà come dono gratuito del cam­mino di fede.

Se si è credenti, se ci si accosta al testo da credenti, non magari in quel momento lì, in cui si fa propriamente la lectio, ma durante le altre ore del­la giornata, mentre si lavora, mentre si cammina, il Signore gratifica.

Egli gratifica con una specie di comprensione del testo, che nasce dalla possibilità di connettere il testo studiato, approfondito letteralmente, con memorie che emergono dall’interno.

Ho parlato di Amalek, ho par­lato di Mosè che ha le mani aperte verso il cielo e ho detto che nella tradizione Amalek è il simbolo del ma­le e Mosè è il simbolo di Cristo crocifisso che interce­de per noi. Queste e simili cose emergeranno da sole come una sorta di rivivificazione di testi già presenti nell’esperienza di preghiera personale, di vita sacra­mentale liturgica o della conoscenza delle Scritture, ri­cevute in modi più o meno espliciti fin da bambini.

Queste cose emergeranno. Il testo letto con atten­zione diventa, infatti, come una specie di torcia elet­trica puntata nel buio che mette in luce delle cose che non si sapeva neppure di avere.

Quando arriva questo momento dell’ incontro si può parlare di meditatio ma il senso che ne viene fuo­ri non è uguale per tutti, così come non è uguale per tutti il cammino di fede. Per qualcuno emerge un te­sto biblico, per qualcun altro un testo diverso, per un altro ancora emerge un’esperienza di preghiera litur­gica o di carità profonda vissuta all’ interno della Chiesa. Illuminato dal testo, tutto ciò diventa come una esplosione, come un contatto tra due poli elettrici che sprizzano scintille.

Nasce così ciò che si chiama oratio.

Non è preghiera, ma una specie di illuminazione interiore, che mette a nudo la verità personale di ciascuno. Oppure, se la memoria è legata a un’esperienza della Chiesa, a un’esperienza della gente, nasce una il­luminazione molto concreta: improvvisamente si sco­pre un peccato, oppure, al contrario, una via di uscita o di salvezza.

Quasi sempre questa oratio genera compunzione del cuore o anche impulso a dire: « Grazie » a Dio, ma anche a dire: « No », non posso avallare quello che si fa per risolvere i problemi della comunità, i problemi del mondo.

Si sente il bisogno di testimoniare che la Parola di Dio dice altro. Queste sono cose grosse e, naturalmente, queste cose diventano tanto più importanti quanto più colui che si lascia illuminare dalla Parola è in situazione di incidere sugli altri. Pensate ai pronunziamenti del cardinale Carlo Maria Martini: è uno che fa la lectio divina quotidianamente e alcune volte si vede benissimo che non può fare a meno di parlare e di dire: « No, la Parola di Dio non ci permette di de­durre queste conclusioni ». Ecco perché fare il cam­mino della lectio divina non significa estraniarsi dalla storia, ma significa sentire la responsabilità che na­sce dalla Parola, di annunziare ciò che la Parola in­tende dire ai cristiani e al mondo.

3 – Contemplatio

Quando tutto questo diventa quotidianità, allora si raggiunge la cosiddetta contemplatio.

La contemplazione è uno stare continuamente con la Parola.

È ciò di cui si parla nel brano del vangelo, in cui Gesù racconta una parabola per indicare che bisogna pregare sempre, chiedere sempre e non stancarsi mai.

La preghiera continua è l’obiettivo della lectio di­vina.

Non significa fare preghiere continuamente, ma identificarsi con la Parola. Quanto più ti lasci illumi­nare dalla Parola, tanto più diventi luminoso di Paro­la. Perciò diventi un contemplativo; acquisti un oc­chio nuovo, capace di non fermarsi alla superficie dei fatti, alla superficie delle cose, ma di entrare nella profondità guardando tutto alla luce della Parola, sen­za lasciarsi fuorviare da interessi più o meno giustifi­cabili, ma lasciando parlare unicamente, appunto, la Parola di Dio.

Abbiamo, dunque, riassumendo, la sequenza di quattro gradini: lectio, meditatio, oratio, contemplatio.

Questo è il cammino che fanno i monaci. Questo è il cammino che tentiamo di fare anche noi. Anche se può sembrare che si tratti di una scuola biblica; con­statate, comunque, che si tratta di una lettura della Bibbia compiuta e completata da credenti. Spesso pe­rò noi facciamo anche una collatio.

Che cosa è una collatio? La collatio è la raccolta di tutto ciò che la lectio personale ha prodotto dentro di noi. Il sabato sera, ad esempio, noi monaci, monache e laici mettiamo in comune il frutto della lectio. Non ci raduniamo per un dibattito, non ci raduniamo per ascoltare una lezione di esegesi. Se a casa o in cella abbiamo fatto lectio è giusto che ne parliamo, è un dovere parlarne. Ma se non abbiamo fatto la lectio in precedenza è meglio semplicemente tacere e ascolta­re. E ritorniamo all’ascolto. Ecco, tutto il cammino della lectio divina si può sintetizzare in una parola soltanto: « ascolto ». Ricorderete tutti la preghiera quotidiana di ogni pio ebreo: Shema` Israel, « Ascol­ta, Israele. Il Signore tuo Dio è uno solo. Il Signore è uno » (Dt 6,4).

(G. Innocenzo Gargano, L’incontro con il Vivente, Edizioni Paoline, 2004 Milano)