Padre Lepori (Abate generale dei Cistercensi): Gesù è l’unico necessario al nostro cuore

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L’abate generale dei Cistercensi ha tenuto gli Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione, partendo dall’episodio del Vangelo di Luca che parla di Marta
«Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Marta è arrabbiata con Maria che pende dalle labbra di Gesù e trascura le faccende domestiche. La risposta del Maestro, che una lettura superficiale si limita a liquidare come un rimprovero a una donna “attivista”, è in realtà un invito amorevole a cambiare lo sguardo, a guardare all’essenziale: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».

Parte dall’episodio raccontato nel Vangelo di Luca la meditazione che padre Mauro Giuseppe Lepori, abate generale dei Cistercensi, propone ai 40mila collegati in streaming da 94 Paesi in occasione degli Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione.

La “parte migliore” è Gesù stesso, il fascino della sua persona, una presenza capace di soddisfare l’esigenza di felicità che ogni persona porta nel cuore. «Seguire Cristo, amare in tutto Cristo: è ciò che deve essere riconosciuto come la caratteristica principale del nostro cammino», scriveva don Luigi Giussani nel 2002, in occasione del 20° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità.

Cinque anni prima, così diceva di se stesso: «È la vita della mia vita, Cristo. In Lui si assomma tutto quello che io vorrei, tutto quello che io cerco».

Lepori sottolinea l’affinità con la posizione umana che san Benedetto propone ai suoi monaci nella Regola: «Nulla anteporre all’amore di Cristo». A coloro che lo incontrano – la samaritana, Zaccheo, la Maddalena, il giovane ricco – Gesù non chiede preventivamente coerenza di comportamenti o certificati di buona condotta, chiede di legarsi alla sua persona, di lasciarsi abbracciare da un amore che non pone condizioni e non conosce confini.

Duemila anni dopo – ricorda Lepori citando Benedetto XVI e Francesco -, il cristianesimo può giocare la sua partita nel mondo puntando sul fascino di un’attrattiva piuttosto che sul proselitismo. Da questo fascino Giussani è stato conquistato e se ne è fatto testimone grazie al carisma ricevuto in dono e che è diventato dono per la Chiesa.

Aprendo i lavori, il presidente della Fraternità, Davide Prosperi, sottolinea che, dopo che negli Anni 90 la Chiesa ha riconosciuto i movimenti come risorsa fondamentale, oggi ad essi viene chiesto di «partecipare con passione al suo rinnovamento».

Lepori, rileggendo in parallelo la storia millenaria dei benedettini e quella più recente di Cl, osserva che «ogni carisma è una modalità particolare della trasmissione all’uomo della chiamata di Cristo nella libertà, è un affluente che viene a rafforzare il grande fiume della Chiesa, è un modo per testimoniare che il cristianesimo è un avvenimento che continua ad accadere. Perché se Cristo non è realmente “sperimentato” come presente, è come se non esistesse».

Nelle circostanze drammatiche che stiamo vivendo, di fronte al flagello del Covid come alla guerra in Ucraina, per i cristiani si impone la verifica di quanto la fede sia capace di reggere l’urto delle circostanze.

«Oggi la morte e il male sembrano vincere. Cristo è il solo di cui abbiamo bisogno, ma è il Cristo crocifisso, risorto dalla morte, che è sceso fino al fondo dell’umano. Non resta che chiederci fino a che punto siamo coscienti di chi è l’unico e necessario al nostro cuore. Di chi è veramente quest’Uomo che dice: “Io sono la via, la verità, la vita”. Questo Cristo che non è estraneo al naufragio del mondo. È Lui che soffre, ed è perché c’è Lui che questo naufragio è vinto, che questa morte risorge, che questo male non domina, non ha l’ultima parola».