«PAPA LUCIANI? L’UMILTÀ LO FECE GRANDE»

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«Anticipò la Chiesa in uscita cara a Francesco», spiega la vice-postulatrice, della causa, la giornalista Stefania Falasca. «Fu un pasto vicino alla gente, centrato sull’essenziale della fede e con una straordinaria sensibilità sociale»

Che pastore è stato Luciani?

«Un pastore esemplare, nel solco del Concilio. Un testimone del Vangelo, nell’assoluta coincidenza tra quanto egli insegnava e quanto viveva, con fedeltà quotidiana alla sua vocazione». Quali sono stati i tratti salienti del suo Magistero?

«Il suo Magistero lo ha improntato alle virtù teologali, che sono sono state messe a tema nelle sue udienze generali precedute da quella sull’umiltà. Avrebbe proseguito il suo programma con le quattro virtù cardinali, come lasciano intendere gli appunti dell’agenda personale del pontificato».

Quale è stata per lui la virtù più importante?

«È noto come Albino Luciani svolse un intenso servizio pastorale all’insegna del motto episcopale Humilitas, che prese dall’esempio di san Carlo Borromeo e di sant’Agostino, del quale più volte ha ricordato come ogni cammino nella Chiesa cominci dall’umiltà: “La prima virtù? È l’umiltà”, dice sant’Agostino. “La seconda? Ancora l’umiltà. La terza? Sempre l’umiltà”. L’umiltà non consiste nel negare i doni che si hanno, ma nel riconoscere che sono doni ricevuti. Nei suoi scritti non si intravede alcun intento di costruire un’immagine di sé, né la prospettiva o la speranza di carriera. Fu categorico d’altra parte il suo rifiuto di chiedere alcuna promozione. Egli resta insomma fedele alla humilitas richiamata nel suo motto episcopale che rappresenta per lui l’essenza del cristianesimo, la virtù portata nel mondo da Cristo e l’unica che a Lui porta».

Ci sono caratteristiche che rendono oggi attuale papa Luciani?

«La storia di Albino Luciani è quella di un pastore vicino alla gente, centrato sull’essenziale della fede e con una straordinaria sensibilità sociale. Giovanni Paolo I ha indubbiamente aperto un modo nuovo di rapportarsi alla contemporaneità. Ha schiuso una nuova stagione, precorritrice dei tempi. Prossimità, semplicità e insistenza sulla misericordia e sulla tenerezza di Dio sono i tratti salienti di un magistero conciliare che suscitarono attrattiva nel popolo di Dio. Sono gli stessi tratti che lo rendono attuale oggi».

Qual era l’immagine della Chiesa che nutriva Giovanni Paolo I?

«Quella delle Beatitudini, dei poveri di spirito, più vicina al dolore delle genti e alla loro sete di carità. Una Chiesa non autoreferenziale, che non cerca trion mondani, ma che vive della luce riflessa di Cristo».

Il suo pontificato forse però è stato troppo breve per essere incisivo.

«Non è stato il passaggio di una meteora. Papa Giovanni Paolo I è stato e rimane un punto di riferimento nella storia della Chiesa universale, la cui importanza, come aveva fatto osservare san Giovanni Paolo II, è inversamente proporzionale alla durata del suo brevissimo pontificato: Magis ostentus quam datus. Si sono infatti manifestate le priorità di un Ponte ce che ha fatto progredire in poco tempo la Chiesa lungo quelle che sono le strade maestre del Concilio: la risalita alle fonti del Vangelo e una rinnovata missionarietà, perseguendo il servizio nella povertà ecclesiale, il dialogo con la contemporaneità, la collegialità nella fraternità episcopale, la ricerca dell’unità con i fratelli delle altre Chiese cristiane, il dialogo interreligioso, la ricerca della pace. La sua disponibilità si era sostanziata nell’annuncio evangelico. Fin dal programma aveva messo l’accento su tale annuncio, “primo dovere della Chiesa intera”, offrendosi come impronta perché il vescovo di Roma potesse essere di tutti e particolarmente dei poveri, “veri tesori della Chiesa”, come aveva ripetuto a San Giovanni in Laterano. Ed è proprio sull’espressione di queste priorità, mostrate da Luciani nel corso breve del suo ponti cato, il lo diretto con il presente. Non occorre perciò chiedersi quale sarebbe stata la strada che con lui avrebbe percorso la Chiesa».

Come mai sono stati necessari così tanti anni per raggiungere il traguardo di oggi?

«La causa di Giovanni Paolo I è stata aperta solo nel 2003, a venticinque anni dalla morte, seppure le richieste cominciarono a pervenire da ogni parte del mondo alla diocesi natale di Giovanni Paolo I già all’indomani della morte e la fama di santità andò crescendo spontaneamente nel corso del tempo».

Durante questi anni che cosa è emerso?

«Il lavoro sulle fonti e la ricerca storica hanno rimosso la fumettistica sulla morte di papa Luciani durata oltre quarant’anni e ancora alimentata dai fuochi fatui degli irriducibili dell’indocumentabile che hanno nito per oscurarne la vita e la consistenza magisteriale. Il paziente e certosino lavoro di questi anni pro veritate historica ha consentito di chiarire de nitivamente le circostanze dell’epilogo della sua vita e permette oggi di parlare davvero di Luciani aprendo nuove prospettive di ricerca e di studio. Per una riconsegna doverosa alla storia della vita, dell’opera, del pensiero di Giovanni Paolo I».

In questi ultimi giorni i giornali hanno riferito che Luciani, negli anni in cui era vescovo di Vittorio Veneto, fosse favorevole all’uso della pillola anticoncezionale.

«Albino Luciani aveva tanto a cuore il dramma di coscienza di molte coppie credenti, tormentate dalla discrasia tra la fedeltà alle indicazioni magisteriali e le effettive dif coltà della vita di coppia. Studiò approfonditamente il tema del controllo delle nascite e, alla luce dei passi avanti compiuti dalla scienza che meglio inquadravano la natura e i compiti del progesterone, elaborò un dossier in comunione con i vescovi del Triveneto per papa Paolo VI: “Il Magistero può certo interpretare autenticamente le leggi naturali”, si legge nel documento redatto. “Ma con molta prudenza, quando ha in mano dati certi. Nel nostro caso i dati sembrano tali che o si dica: È lecito, o almeno si dica: Non consta, è dubbio. Nel dubbio, non si può accusare di peccato chi usa la pillola”. Il dossier giunse in Vaticano nella primavera del 1968. Il 25 luglio dello stesso anno fu divulgata l’Humanae vitae. Delle preoccupazioni palesate nel documento, il testo papale recepiva l’invito a continuare l’approfondimento scientifico per “dare una base sufficientemente sicura a una regolazione delle nascite, fondata sull’osservanza dei ritmi naturali”. Il 29 luglio, quattro giorni dopo la promulgazione, Luciani indirizzò ai suoi diocesani una lettera intitolata Appena letta l’enciclica, nella quale confessava che nel suo intimo si augurava “che le gravissime difficoltà esistenti potessero venire superate”, ma indicava l’adesione piena ai pronunciamenti di Paolo VI che gli permetteva di dire: “Pensiero del Papa e mio”».