DON IVO MANZONI

Ricordiamoli

DON IVO MANZONI

(n. San Lazzaro di Savena 5/4/1930 + Bologna 24/5/2025)

 

Nella mattina di sabato 24 maggio è deceduto, presso la Casa di Cura Toniolo, monsignor Ivo Manzoni, di anni 95. Nato a San Lazzaro di Savena (BO), località Castel de’ Britti, il 5 aprile 1930

Dopo gli studi nei Seminari di Bologna è stato ordinato presbitero il 19 luglio 1953, nella Basilica di S. Petronio da Sua Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro.

È stato Vicario adiutore a S. Giacomo del Martignone dal 1953 al 1954. Dal 1954 al 1967 è stato Parroco a S. Giacomo del Martignone, la cui sede parrocchiale fu trasferita nel 1962 presso il Santuario di Madonna del Poggio.

Dal 1967 al 1979 è stato Parroco a S. Silvestro di Crevalcore. Negli anni compresi tra il 1963 e il 1977 ha insegnato Religione presso le Scuole Medie di S. Giovanni in Persiceto e presso gli Istituti Professionali Rubbiani, nel medesimo Comune, e Malpighi di Crevalcore.

Dal 1980 al 2005 è stato Parroco a S. Paolo di Ravone, ricoprendo anche l’incarico di Vicario pastorale del Vicariato di Bologna-Ravone dal 1985 al 1988, e di membro del Consiglio Presbiterale, come rappresentante del Vicariato di Bologna-Ravone, dal 1982 al 1987.

Ha poi proseguito il ministero presso la parrocchia di S. Paolo di Ravone fino al 2011, come Amministratore parrocchiale. Nel 1982 è stato nominato Canonico Onorario del Capitolo collegiato di S. Giovanni Battista in S. Giovanni in Persiceto, mentre nel 2002 è stato nominato Canonico Onorario del Capitolo Metropolitano di S. Pietro.

Dal 2007 al 2016 è stato Assistente ecclesiastico dell’Associazione dei Familiari del Clero. Nel 2011 si è trasferito presso la Casa del Clero, esercitando il ministero di Officiante presso la Cattedrale di S. Pietro dal 2011 al 2017.

Dal 2011 ha professato i Consigli Evangelici nell’ISTITUTO GESU’ SACERDOTE voluto dal Beato don Alberione, Fondatore della Famiglia Paolina. Ha manifestato sempre vivissima gratitudine per la spiritualità paolina che lo ha molto aiutato nel portare avanti con vivo zelo apostolico la missione di evangelizzare e portare Cristo a tutti, come ha ben evidenziato il Card. Zuppi nell’Omelia del Funerale. Finchè la salute lo ha assistito ha manifestato sempre vivo senso di appartenenza all’Istituto.

Penso che il modo migliore per evidenziare la vita, il ministero e l’attività pastorale di don Ivo Manzoni sia quello di fare riferimento ad alcune riflessioni che il Card. Zuppi ha rivolto nell’Omelia per il suo funerale:

 

 “Sia lodato Gesù Cristo!”. Così iniziava e concludeva sempre don Ivo.  Ecco la vita di don Ivo, credente, che con fermezza ha indicato Cristo come pienezza della sua vita e della vita, e che ha scritto con i suoi tanti anni, che avremmo desiderato più lunghi, anche per la sua forza e determinazione che sembravano indistruttibile. Chi ama Dio ama la Chiesa, perché Madre, perché attraverso di Lei capiamo l’umanità di Gesù, che non è un’idea ma una presenza, umana.

Don Ivo non faceva sconti, aggiustamenti; non aveva certo piacioneria, perché doveva piacere solo all’unico maestro. E poteva anche mettere timore, che davvero poi è l’inizio dell’amore, e non si poteva non amarlo per il suo affetto che prima o poi immancabilmente manifestava. Ha servito la Chiesa con fermezza, senza tentennamenti, metodico e fedele ai ritmi ricevuti nella sua formazione sacerdotale, sempre con tanto coinvolgimento personale, anche fisico, e così qualche volta per lo stress gli venivano le epistassi. Non moltiplicava parole e le sue omelie erano brevi ed efficaci, asciutte come il suo parlare. Erano come un distillato, anche perché non sopportava le discussioni se inutili.

Nelle solennità più importanti non si faceva in tempo a sedersi che erano già finite. A volte per “gioco” quelli del servizio le cronometravano, come quella volta di una di sei minuti spaccati in una notte di Natale! Ma, ricordiamoci, che le preparava iniziando a lavorarci già il lunedì! Era un uomo di preghiera, nella quale era bene non disturbarlo (era capace anche di ruggiti leonini…) e la sua chiesa la voleva casa di preghiera e di comunità. La curava a cominciare dai suoi ministranti per una liturgia degna e luminosa.

Coinvolgeva tanti nei vari servizi indispensabili per la comunità, dalla casa di riposo al catechismo, dalla mensa dei poveri al presepe. Ha creduto in una Chiesa che coinvolgeva i laici dando loro responsabilità, ministeri, sfornando lettori, accoliti e diaconi. Pastore buono, conosceva tutti per nome. Qualcuno ha detto che non aveva bisogno dell’anagrafica della piattaforma Unio perché con le benedizioni conosceva ognuno, campanello per campanello, cognome per cognome, e se gli dicevi un nome era capace di dirti dove abitasse e pure il numero di telefono.

Un parroco, e lo ha fatto praticamente sempre, anche quando è diventato emerito andando a S. Eugenio e alla Sacra Famiglia. Un pastore che non metteva al centro se stesso ma solo il vero e unico Pastore che tutti dobbiamo seguire, prendere sul serio, perché dà la vita per la nostra povera vita. Sapeva dare fiducia, incoraggiare e accompagnare, anche sgridando, anche solo con le sue occhiate in presbiterio lasciavano il segno. Una delle sue grandi qualità era la fiducia nei suoi collaboratori, anche verso chi non la pensava come lui, ma che stimava. Diceva: “I collaboratori che mi danno sempre ragione non mi sono di aiuto”. La preghiera era un punto fermo nella sua vita. Lo trovavi spesso in chiesa, nel transetto, a leggere o a dire l’ufficio, il rosario o anche solo a fare una visita al SS. Sacramento.

Gli ultimi anni non avevano certo diminuito la sua grinta, aveva trovato tanta pace nel cuore perché era pronto e si era preparato con cura: “Io sono qui e sono pronto”. La sua frase ricorrente rivolta ai ministranti era: “Chi prenderà il mio posto il giorno che non ci sarò più?”. Qualcuno, effettivamente, ha seguito le sue orme: sei preti sono usciti dal suo ministero a San Paolo, il “Capitolo Ravoniano”, suo orgoglio, composto da persone diverse ma amiche. Il suo “programma pastorale” lo aveva preso dalla frase di S. Paolo (Cor 5,14): “Caritas Christi urget nos”. Se c’è questo tutto il resto viene da sé. (S.Em. Cardinale Matteo Maria Zuppi)