«“NESSUNO TOCCHI CAINO”, … PERÒ QUALCUNO LO FERMI».

Articoli home page

Papa Francesco: «Non si può dare la pace senza l’umiltà. Dove c’è la superbia, c’è sempre la guerra».

Il titolo di questo articolo richiama un verso della poesia di Filomena intitolata Qiqajon. Mai come in questo momento sembra di crudele attualità. Per fermare la guerra in Ucraina c’è bisogno dell’impegno dei credenti in Cristo.

La mancanza di predicazione dell’amore e della pace evangelica tra i cristiani non è un errore storico soltanto dei cattolici e delle chiese occidentali. Questa carenza nella Chiesa romana era dovuta al fatto che per molti secoli, fin dai medioevo, i Vescovi e il clero non insegnavano e non si prendevano a cuore la responsabilità pedagogica di elevare il popolo. Erano schiacciati dalle ricchezze che dovevano amministrare, più condottieri che uomini di Dio, impastati nella giurisdizione feudale nata dal più pagano degli egoismi.

San Bernardo di Chiaravalle, che «si fece sovrano non coronato» di una Europa che aveva trascinato nell’avventura delle Crociate, fuse l’ideale monastico con quello cavalleresco. Fu determinante per la nascita dell’ordine dei Templari, per i quali ispirò la Regola e scrisse il manifesto programmatico del Tempio Liber ad Milites Templi de laude novae militiae; giustificò la violenza armata e la guerra “santa” o guerra “giusta”, formulando la teoria del «malicidio», arrivando all’errore teologico di benedire le armi da guerra. Nel libro III, 4 si legge: «Quando uccide un malfattore giustamente non viene considerato un omicida, ma, oserei dire, un “malicida” e vendicatore da parte di Cristo nei confronti di coloro che operano il male, difensore del popolo cristiano. … Certo non si dovrebbero uccidere neppure gli infedeli se in qualche altro modo si potesse impedire la loro eccessiva molestia e l’oppressione dei fedeli. Ma nella situazione attuale è meglio che essi vengano uccisi, piuttosto che lasciare senza scampo la verga dei peccatori sospesa sulla sorte dei giusti e affinché i giusti non spingano le loro azioni fino all’iniquità».

Nell’agosto del 2000 il documento del Concilio Giubilare dei Vescovi della Chiesa Ortodossa Russa contiene espressioni non lontane dal «malicidio», insieme all’aspirazione sincera alla pace. «Pur riconoscendo la guerra come un male, la Chiesa tuttavia non proibisce ai suoi figli di partecipare ad azioni belliche, se si tratta della difesa del prossimo e del ristabilimento della giustizia calpestata. La guerra è allora considerata come un mezzo obbligato, anche se odioso» (VIII,2). Con un richiamo a Sant’Agostino, si stabiliscono i criteri per definire la «guerra giusta». Non c’è una dichiarazione di rifiuto totale della guerra. «Nel sistema attuale delle relazioni internazionali a volte risulta difficile distinguere una guerra di aggressione da una guerra di difesa». Per questo «il sostegno o la condanna da parte della Chiesa delle azioni belliche richiede un attento esame caso per caso ogni volta che tali azioni hanno inizio o che si profila un tale pericolo». È importante anche il discernimento sui metodi usati e sull’atteggiamento nei confronti degli avversari: «La guerra deve essere condotta con “giusta indignazione”, ma non con astio, avidità e concupiscenza (1Gv 2,16) e con altri frutti dell’inferno». La pace è dono di Dio: «La Chiesa ortodossa russa aspira a realizzare il suo servizio di edificazione della pace sia a livello nazionale che a livello internazionale, cercando di comporre le diverse contraddizioni e di indurre alla concordia popoli, gruppi etnici, governi e forze politiche. Per questo essa rivolge la sua parola a coloro che detengono il potere e agli altri strati influenti della società, e compie ogni sforzo per organizzare negoziati tra le parti avversarie e per portare aiuto a coloro che soffrono. La Chiesa inoltre si oppone alla propaganda della guerra e della violenza, come pure alle varie manifestazioni di odio, capaci di provocare conflitti fratricidi».

La Chiesa cattolica finalmente rifiuta la guerra. Giovanni XXIII, con l’enciclica Pacem in terris, e il Concilio Vaticano II, con la costituzione Gaudium et spes (capitolo V), hanno posto basi nuove su questo argomento, ispirando il magistero di tutti i papi successivi. I quattro pilastri della pace autentica sono: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà. Si rivolgono a tutti gli uomini di buona volontà, e  dichiarano inaccettabile una «guerra giusta» perché «estranea alla ragione», rifiutando che nell’era atomica se ne possa fare uso come strumento di giustizia. Papa Francesco nel suo intervento a Nagasaki nel 2019 è stato lapidario: «La pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale; sono possibili solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana di oggi e di domani». I cristiani per primi devono testimoniare che «non si può dare la pace senza l’umiltà. Dove c’è la superbia, c’è sempre la guerra, sempre la voglia di vincere sull’altro, di credersi superiore. Senza umiltà non c’è pace e senza pace non c’è unità» (Omelia 21 ottobre 2016).

L’opposizione alla guerra attuale in Ucraina è per noi cristiani un segno di credibilità, altrimenti «la fede diventa mestiere». «“Nessuno tocchi Caino”, però qualcuno lo fermi». È urgente l’impegno di tutti gli uomini di buona volontà. E un momento di speranza, perché nel mondo nessuno odia il popolo russo. La gente non accetta più i nazionalismi estremi. Anzi molti pagando in prima persona sono disposti a farsi scudo contro il dilagare del male (τὸ κατέχον). È molto bello vedere che tante persone nel proprio campo, arte, sport, comunicazione, politica, economia, finanza, ecc., dicono no alla guerra per proteggere gli indifesi. Preghiamo perché tutte le Chiese esprimano il «magistero della pace» senza titubanza. Il popolo di Dio «dal basso» costruisca la pace. Fratelli tutti al n. 231 si è fatta profezia e preghiera: «Le grandi trasformazioni non si costruiscono alla scrivania o nello studio. … “Ognuno svolge un ruolo fondamentale, in un unico progetto creativo, per scrivere una nuova pagina di storia, una pagina piena di speranza, piena di pace, piena di riconciliazione”», per realizzare il sogno di Dio: una nuova umanità.

* Don Paolo Scarafoni e Filomena Rizzo insegnano insieme teologia in Italia e in Africa, ad Addis Abeba. Sono autori di libri e articoli di teologia.