Don Felice Munaro

Ricordiamoli

Don Felice Munaro

(n. Arzignano-VI: 24/11/1930  + Livorno: 15/12/2019)

 

Don Felice Munaro  non ce l’ha fatta a raggiungere i novant’anni: li avrebbe compiuti nell’autunno prossimo. E’ morto nella notte del 15 dicembre a Villa Tirrena (Livorno) dove era ricoverato da alcune settimane per l’aggravarsi della sua salute fisica. L’anziano sacerdote era di origini venete: era nato a Arzignano il 24 novembre del 1930, borgo di 25 mila anime (e tante imprese conciarie) nella zona di Vicenza. A Verona era stato ordinato sacerdote a 25 anni il primo luglio del 1956.

Ma il suo servizio pastorale l’aveva svolto in gran parte a Livorno. Anzi, per esser precisi nella zona del quartiere La Rosa, dove era arrivato dopo aver prestato servizio come cappellano nella chiesa di San Giuseppe in piazza Due Giugno nei primi anni da prete. Don Felice – che coltivava e manifestava una sensibilità di fede e di pastorale tradizionale, è stato anche vicario foraneo del 4° Vicariato, “difensore del vincolo”, canonico del Capitolo della cattedrale e membro del Consiglio presbiterale.

Dal 1968 apparteneva all’Istituto Gesù Sacerdote, voluto dal Beato don Giacomo Alberione, fondatore di tutta la Famiglia Paolina: aveva professato i Consigli evangelici nell’IGS il 21 settembre del 1968. Ha sempre manifestato vivissima gratitudine per il grande dono della spiritualità paolina, ricevuto dal Signore per mezzo di don Alberione, tramite l’animazione di don Stefano Lamera e dei membri degli altri Istituti della Famiglia Paolina: Annunziatine, Santa Famiglia, San Gabriele Arcangelo; membri che a sua volta ha anche sostenuto e animato. In un incontro confidenziale con il Delegato dell’Istituto ha attribuito alla profondità, essenzialità e apertura della spiritualità paolina, se nello svolgere il suo ministero, pur portato per temperamento a zelare con forza per i valori tradizionali, è riuscito a rimanere sostanzialmente equilibrato, fedele alla Chiesa e rispettoso di tutti. Per questo ben voluto da tanta gente semplice, perché sacerdote coerente, fedele, molto impegnato e sempre zelante nell’attività di evangelizzazione e nell’aiutare tante gente.

A La Rosa è stato per più di quarant’anni. Basti dire che era entrato in servizio come parroco nell’autunno 1970 ma era già presente in quella zona di Livorno fin dall’agosto dell’anno precedente. Del resto, i palazzi erano spuntati pochi anni prima in una zona semi-rurale che con un nuovo insediamento di case popolari era da poco diventata quartiere: la parrocchia era da costruire da zero, per lunghi anni è stato solo un piccolo prefabbricato. Prima di trasformarsi nella bella chiesa all’angolo di via Machiavelli, realizzata su idea di un’archi-star come Giovanni Michelucci e realizzata poi dall’architetto Bruno Sacchi. Ora se ne vedono i frutti, ma a quante porte ha dovuto bussare don Felice per riuscire a far marciare la costruzione di quel fabbricato che sembrava sembra sul punto di fermarsi. Forse, date le dolorose vicende degli ultimi anni del suo ministero, la riconoscenza per quanto don Felice ha operato per la parrocchia, la Chiesa e soprattutto per le gente, non è stata abbastanza sottolineata: ma senz’altro presente nei cuori di tanti fedeli che hanno molto ricevuto dalla sua generosità e dal suo zelo apostolico

Da nove anni la parrocchia è retta da padre Maurizio De Sanctis (padre Nike). Don Felice si è ritirato a vivere in un appartamento, ma rimanendo sempre nello stesso quartiere dove tutti lo conoscevano e lo stimavano, anche chi non è mai stato in chiesa. Anche in questi anni di allontanamento dalla pastorale diretta parrocchiale, ha saputo svolgere un intenso ministero, recandosi ogni giorno al cimitero, rendendosi disponibile a benedire le salme e a rivolgere sempre un breve, ma stimolante pensiero sulla risurrezione di Cristo, che raggiungeva i sempre i cuori, donando consolazione. Se richiesto si rendeva anche disponibile ad ascoltare le sofferenze e gli interrogativi di tante persone. La figura di don Felice è stata ricordata con affetto nel corso delle celebrazioni liturgiche della III domenica d’Avvento, durante le quali una folla di fedeli gli ha reso sincero omaggio.