Ho avuto la fortuna di partecipare recentemente ad un convegno organizzato da una piccola associazione di laici e di laiche per fare memoria, a dieci anni dalla morte, di Giovanni Giorgis, presbitero della diocesi di Mondovì (Cuneo), rifondatore in terra monregalese del movimento educativo scout soppresso dal fascismo negli anni venti del secolo scorso, appassionato studioso e instancabile divulgatore della Bibbia, docente di sacra Scrittura per 34 anni prima a Mondovì e poi a Torino, parroco per 23 anni di una parrocchia montana costituita prevalentemente da turisti che l’affollano durante la stagione invernale e in estate.
Un uomo che ha instancabilmente cercato la verità che rende liberi. Una guida che, con la Bibbia in mano e nel cuore, a tante persone ha indicato strade, tolto pesi inutili, regalato amicizia, reso più bella e felice la vita.
Introdotto da un breve, ma intenso e caldo, intervento di Piercarlo Brunetti, laureato all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Fossano con una tesi dal titolo «Fede e vissuto quotidiano nella teologia biblica di Giovanni Giorgis», il tema del convegno «A dieci anni dalla morte di Giovanni Giorgis. Quale presbitero per la Chiesa di oggi?» è stato illustrato da un teologo e da una teologa.
Duilio Albarello, presbitero diocesano, docente di teologia fondamentale all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Fossano (CN) e alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano, ha offerto una bella relazione dal titolo «Il prete “secolare”. Un ministero tra comunità e società» (relazione pubblicata qui su SettimanaNews). Mentre Cristina Simonelli, docente di Antichità cristiana e Teologia patristica a Verona e a Milano, già presidente del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI), si è soffermata su alcuni “tratti” che dovrebbero caratterizzare la figura e il ministero del presbitero nella Chiesa di oggi.
A conclusione è toccato a me, aspirante cristiano, dire come sogno il presbitero per la Chiesa di oggi.
1. Radicato nell’umano
Il presbitero che vorrei incontrare nella Chiesa di oggi è una persona ricca di calore umano che sa costruire relazioni profonde. Incontra la gente, là dove vive e lavora: ne ascolta le domande, anche quando sono spinose e radicali, mettendosi nei panni di chi le formula, senza pregiudizi e senza giudicare in anticipo. Sa immergersi nell’umano fino a tal punto di comprensione e simpatia da vibrare all’unisono con le angosce e le sofferenze, le gioie e le speranze, i dubbi e le certezze degli uomini e delle donne di oggi.
2. Abitato dalla Parola di Dio
Ha lo sguardo degli occhi e del cuore fisso su Gesù guida e perfezionatore della fede (Eb 12,2) ed è abitato dalla consapevolezza che il suo Vangelo è notizia buona, bella e umanizzante. È familiare con la Parola di Dio contenuta nelle sacre Scritture e da lui annunciata in ogni occasione opportuna o non opportuna (2Tm 4,2). Dal momento che l’ignoranza delle Scritture sacre è ignoranza di Cristo, avverte forte la necessità di renderle accessibili e familiari alla comunità che presiede, realizzando tutto ciò che serve perché i cristiani possano assiduamente frequentarle in abbondanza.
3. Formatore di coscienze cristiane mature
È un formatore di coscienze cristiane mature che si mettono con umiltà e intraprendenza creativa a servizio del Regno di Dio che è “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17). In quanto “servitore del Vangelo” (Col 1,23), alla trasmissione disarticolata di dottrine o norme etiche antepone l’annuncio del cuore del messaggio cristiano, concentrandosi sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e, allo stesso tempo, più necessario.
4. Mistico dagli occhi aperti
Consapevole che la religione non può limitarsi all’ambito privato e che la salvezza cristiana non è solo una promessa dell’aldilà, ma cresce già ora dentro la nostra storia ferita e si fa strada tra le sofferenze e le ingiustizie del mondo, diffida delle esperienze che portano a sterili intimismi e delle spiritualità appaganti che sembrano dare consolazione e invece portano a chiusure e rigidità. Essendoci nel suo cuore un posto privilegiato per i poveri, è in grado di animare comunità accoglienti e solidali disponibili a contribuire incisivamente nel costruire un mondo più giusto e più fraterno.
5. Stile del “Buon Pastore”
Evita immobilismo e rigidità. È libero da arroganza e presunzione. Mette al bando occhi duri e faziosi, lingue taglienti e impietose, voci senza fascino e senza sussulti, giudizi insindacabili fatti cadere come clave paralizzanti. Non carica di pesi insopportabili la gente, ma a tutti offre il peso leggero e il giogo liberante di Gesù Cristo e del suo Vangelo. Della grazia non è controllore, ma facilitatore; per lui la Chiesa non è una dogana colpevolizzante, ma la casa paterna e materna dove c’è posto per tutti.
6. Testimone della gioia del Vangelo
Non fa da padrone sulla fede delle persone, ma collabora alla loro gioia (2Cor 1,24). Mette da parte ogni forma di supponenza e si propone di animare e consolidare comunità dallo stile di vita attraente e rispettoso delle diversità. È capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo, rapportandosi con uno spirito positivo e ricco di speranza con tutte le persone che incontra. Si mantiene distante dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato. È meno preoccupato dei programmi e dei calendari e più appassionato ai volti e agli incontri.
7. Ostinato nel bene
È alieno da atteggiamenti rinunciatari o rassegnati. Lungi dal sentirsi in dovere di denunciare l’esilio e l’assenza di Dio, ne canta e ne celebra la presenza anche nel mondo e nel tempo che viviamo, aprendo cammini di vita e di speranza dietro le orme di Gesù di Nazaret, colui che di Dio, che nessuno ha mai visto, ci ha rivelato il volto (Gv 1,18). Dopo le delusioni non si ferma e nelle fatiche non si arrende. Apprezza e valorizza il buono e il vero che si trova in chi cerca di condurre una vita retta, consapevole che l’azione dello Spirito va oltre i confini della comunità cristiana.
8. Un fratello
Gli è estranea l’orribile concezione che la Chiesa sia fatta dal clero e che i fedeli ne siano solamente i beneficiari o la clientela o, peggio, i sudditi, dal momento che nella Chiesa vige una vera eguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i credenti nell’edificarla. Previene e contrasta ogni forma di clericalismo sia attivo (la tentazione, da parte del clero, di clericalizzare i laici) che passivo (il desiderio dei laici di scimmiottare il clero). Dal momento che solo Gesù è la nostra guida e uno solo è il Padre nostro, quello celeste (Mt 23,8-11), è allergico ai titoli onorifici e non si fa chiamare né don, né monsignore, né eminenza, né padre, né maestro, ma solo fratello (Mt 8,3).
9. Promotore di ministerialità femminili
Valorizza e allarga la presenza femminile in tutti i contesti ecclesiali, contribuendo a smaschilizzarli mediante il pieno inserimento delle donne nella ministerialità della Chiesa con l’esercizio stabile di tutti i ministeri istituiti e con la sperimentazione di ministeri laicali non istituiti in base alle necessità di ogni singola comunità. Evita, anche in ambito liturgico, l’utilizzo di linguaggi e atteggiamenti sessisti e androcentrici che contribuiscono a mantenere le donne in una situazione di sostanziale emarginazione.
10. Costruttore di sinodalità
Nel prendere realisticamente atto che oggi si registra un’attenuazione della partecipazione alla vita ecclesiale a favore di una tendenza ad affidare ai “capi” la soluzione di tutti i problemi, avverte l’urgenza di progettare e realizzare robuste e mirate iniziative formative perché tutto il popolo di Dio cresca nella pratica della sinodalità e nella promozione di una leadership che sa fare spazio alle competenze dei fedeli, incrementando la presenza di persone corresponsabili nell’edificazione e nella missione della Chiesa. Nella vita ordinaria della comunità da lui presieduta, è modello di ascolto, suscitatore di corresponsabilità, promotore di carismi, risolutore di conflitti e costruttore di consensi. Per lui l’ascolto delle comunità è un atto di riconoscimento teologico della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nel Popolo di Dio.