Grazie a Francesco Strazzari riceviamo da Atene il commento al viaggio del papa in Turchia scritto da mons. Yannis Spiteris. Celebre eccesiologo ed ecumenista, esperto di teologia ortodossa, mons. Spiteris, già vescovo di Corfù, Zante e Cefalonia, sottolinea lo straordinario interesse suscitato in Grecia e nella Ortodossia ellenica dal viaggio di papa Leone.
Il primo viaggio apostolico di papa Leone XIV in Turchia e la visita a İznik (l’antica Nicea) il 28 novembre, per il pellegrinaggio ecumenico in commemorazione del Primo Concilio Ecumenico, insieme agli incontri liturgici e di cortesia con il patriarca Bartolomeo il 29 e 30 novembre, sono stati accolti in modo molto positivo dalla Grecia ortodossa.
Bisogna tener presente che il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli rappresenta la cosiddetta ortodossia greca, in rapporto – e spesso in contrapposizione – con l’ortodossia slava, rappresentata soprattutto dalla Chiesa ortodossa russa e dal suo patriarca.
Un viaggio seguito con grande interesse
Il fatto che il nuovo papa Leone XIV abbia scelto di compiere il suo primo viaggio per incontrare il patriarca “greco” dell’antica città imperiale di Costantinopoli ha suscitato enorme interesse in Grecia.
Ne è prova il fatto che la televisione di Stato greca ha riservato a questo avvenimento almeno sei ore di trasmissione per ciascuno dei tre giorni della permanenza del pontefice a İznik e a Costantinopoli. A queste trasmissioni ha dedicato una copertura quasi “tattile” degli avvenimenti, accompagnata da discussioni in diretta con teologi e specialisti invitati. Non sono mancati neppure interventi di vescovi e di sacerdoti cattolici. Anche la mia persona è stata chiamata a commentare questi avvenimenti. Si può aggiungere che anche gli altri mezzi di comunicazione hanno dedicato grande spazio a questo avvenimento.
Naturalmente, non sono mancate le solite voci critiche che hanno rivolto severe accuse al patriarca Bartolomeo per aver “osato” pregare e onorare un “eretico” come il papa di Roma. Si sono sentite le consuete accuse contro la Chiesa dei “papisti”. Tuttavia, queste voci sono state sommerse dal grande spirito positivo emerso nel Paese riguardo ai tre giorni del viaggio del papa in Turchia.
Le righe che seguono sono state scritte per il sito cattolico dei cattolici in Grecia.
Cos’è rimasto del viaggio del papa?
Le luci si sono spente, le telecamere televisive si sono allontanate, i giornalisti hanno lasciato Costantinopoli e il papa ha proseguito la sua visita pastorale verso il Libano. La televisione pubblica greca ha concluso le sue lunghissime trasmissioni dedicate a questi avvenimenti.
Che cosa è rimasto di tutto ciò? Anzitutto, il grande interesse che questi avvenimenti squisitamente religiosi hanno suscitato nell’opinione pubblica, proprio nel nostro Paese, dove il papato non rappresenta un elemento particolarmente popolare.
Gli avvenimenti in sé – incontri di preghiera, dichiarazioni, discorsi, partecipazione alle rispettive liturgie – hanno rivelato le ottime relazioni che intercorrono tra i due patriarcati. A questa fraterna comunione si può aggiungere il patriarca di Alessandria, che ha partecipato a tutti gli eventi.
Nello stesso tempo, però, benché invitati, la mancata partecipazione agli eventi comuni da parte di due antichi patriarcati (Gerusalemme e Antiochia), ha lasciato in tutti una dolorosa e amara impressione.
Di questi tre giorni così ricchi di avvenimenti, ciò che – secondo noi – rimarrà per il suo grande significato teologico ed ecumenico è l’incontro del 28 novembre 2025 a Nicea tra papa Leone XIV, il patriarca Bartolomeo I e altri leader cristiani. In quell’incontro, la «recita congiunta del Credo» è stata evidenziata come gesto simbolico di unità.
In che cosa consiste l’importanza di questo avvenimento? Nel fatto che, a proclamare insieme il Credo di Nicea-Costantinopoli non sono stati solo il papa e il patriarca, ma anche tutti gli altri rappresentanti delle Chiese e delle comunità ecclesiali presenti, riconoscibili anche dalla varietà dei loro abiti religiosi.
E ancor più perché questo Credo contiene almeno il 95% della dottrina cristiana e rappresenta, in un certo senso, la carta costituzionale del cristianesimo. Si tratta, dunque, di un patrimonio comune a quasi tutti i cristiani – specialmente delle due più grandi tradizioni, cattolica e ortodossa.
Il “Filioque” è ancora questione divisiva?
Possiamo quindi terminare – come ha dichiarato il Concilio Vaticano II – che siamo già tutti in comunione, anche se purtroppo non ancora in piena comunione, a causa di quel poco che ci divide. È vero: ciò che ci unisce è molto di più rispetto a ciò che ci separa.
In quest’occasione, però, da più parti si è preferito evidenziare ciò che divide, cioè il «Filioque» (lo Spirito Santo procede anche dal Figlio), anziché ciò che unisce. Si è ripetuto che il papa ha recitato il Credo senza il «Filioque». Sulla stampa e nei talk show gli “esperti” hanno cercato di spiegare ai lettori e telespettatori che proprio quell’aggiunta al Credo sarebbe il punto che divide cattolici e ortodossi.
Non è questo il luogo per addentrarci nella complessa questione del «Filioque». Ricordiamo soltanto che non bisogna confondere, come si è fatto da molti in questi giorni, l’aggiunta del «Filioque» al Credo con la dottrina teologica del «Filioque».
La Chiesa di Roma, fino all’XI secolo, nella sua liturgia non recitava il Credo niceno-costantinopolitano, ma quello più antico e breve, il cosiddetto Credo degli Apostoli. Solo nell’XI secolo, in un periodo di grande decadenza del papato e sotto la pressione dell’Impero germanico, papa Benedetto VIII (su richiesta dell’imperatore Enrico II) introdusse nella liturgia romana il Credo niceno-costantinopolitano con il Filioque.
Crediamo che oggi la Chiesa di Roma non avrebbe grandi difficoltà ad eliminare dal Credo questa aggiunta.
Per quanto riguarda, invece, la questione dottrinale del «Filioque», la Chiesa cattolica – dall’antichità fino ad oggi, anche in dichiarazioni ufficiali recenti – ha chiarito che questa espressione non intende minimamente mettere in discussione il Padre come unica fonte della Divinità. L’espressione «lo Spirito Santo procede anche dal Figlio» (Filioque) significa: «lo Spirito Santo procede dal Padre per mezzo del Figlio» o «attraverso il Figlio».
Terminando, ciò che vogliamo ripetere e porre l’accento è la cosa più meravigliosa che abbiamo vissuto in questi giorni straordinari del viaggio del papa a Costantinopoli: è mille volte vero che sono infinitamente di più le cose che ci uniscono rispetto a quelle che ci dividono; e ciò che più ci unisce è proprio il Credo che tutti i capi delle nostre Chiese hanno proclamato con voce ferma e commossa.