Giubileo della spiritualità mariana. Don Ruggiero: “Il Rosario una preghiera contemplativa salutare, ma anche sociale”

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“Il Rosario è una preghiera sociale proprio perché alimenta la nostra fede e di conseguenza anche la carità”, avverte parroco della chiesa San Giuseppe e liturgista della diocesi di Pompei

Sabato 11 e domenica 12 ottobre la Chiesa celebra il Giubileo della spiritualità mariana e sicuramente un elemento forte di tale spiritualità è la preghiera del Rosario. Ne parliamo con don Giuseppe Ruggiero, parroco della chiesa San Giuseppe e liturgista della diocesi di Pompei.

Don Giuseppe, quali sono le caratteristiche principali di questa preghiera e quali sono i suoi benefici spirituali?

La preghiera del Rosario è sempre stata al centro della spiritualità cristiana. Noi sappiamo che la liturgia è l’azione salvifica per eccellenza per un cristiano e accanto alla liturgia il Rosario diventa una contemplazione salutare che ci aiuta ad assimilare il mistero che abbiamo celebrato nella liturgia. La centralità del Rosario sta nel fatto che è una preghiera contemplativa salutare in quanto ci fa fissare il volto di Cristo alla scuola di colei che è la madre di Cristo, la più perfetta discepola di Cristo.

Questo binomio, Cristo e Maria uniti nella contemplazione, fa sì che il Rosario diventi realmente una preghiera nutriente della spiritualità cristiana. Ma il Rosario ha anche un risvolto sociale.

La spiritualità cristiana alimentata dalla preghiera, in questo caso dal Rosario, è sempre una spiritualità ancorata alla storia. Il cristiano che prega non evade mai dal mondo ma entra nei problemi del mondo e li affronta con le giuste dinamiche. In questo senso il Rosario è una preghiera sociale proprio perché alimenta la nostra fede e di conseguenza anche la carità. San Giovanni Paolo II ha usato un’espressione lapidaria: il Rosario è efficace per i frutti di carità che produce. Questa carità, frutto della preghiera e della fede, si esplica concretamente in azioni come propagare la pace, sostenere la famiglia, entrare nelle questioni di giustizia della società.

Il Rosario è anche un’arma spirituale ma potente rispetto ai mali del mondo?

I Papi del Novecento e anche del Terzo Millennio hanno sempre visto il Rosario come uno strumento efficace per combattere i mali della società.

Mi riferisco in modo particolare al primo Pontefice che ha usato in maniera esplicita questa espressione: “Rosario come preghiera contro i mali della società”. Leone XIII, il 1° settembre 1883, promulgò un’enciclica, una delle sue tante encicliche sul Rosario, indicando questa preghiera proprio come efficace strumento spirituale di fronte ai mali della società. Dopo di lui, tra i Papi più recenti che in epoca conciliare si sono distinti nella promozione del Rosario, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, ma anche Papa Francesco, sempre c’è stato questo accenno ai mali della società. Il Rosario è una torre di salvezza, sono parole del beato Bartolo Longo, prossimo santo, proprio perché è essenzialmente una preghiera contemplativa e nella contemplazione si sperimenta la salvezza di Cristo.
Il Rosario ci rende forti di fronte agli assalti del demonio, che pur essendo stato sconfitto da Cristo continuamente ci tende agguati. Il Rosario però è una catena più forte dei lacci del diavolo perché è quella catena che ci avvince a Maria e Maria ci fa da scala a Cristo, come Cristo è la scala al Padre.
Come dicevano gli antichi maestri spirituali, quando si sale una scala bisogna sempre guardare avanti, non si può guardare sotto, indietro; allora salendo questa scala del Rosario che ci porta alla salvezza, al Paradiso, a Dio, bisogna essere perseveranti nella recita della preghiera, senza voltarsi indietro, senza distogliere lo sguardo da Maria che è la nostra stella luminosa.

Bartolo Longo diceva che il Rosario è una catena dolce che ci rannoda a Dio e nella sua storia la nuova Pompei nasce con un legame forte al Rosario perché Bartolo Longo sente quella voce: “Se cerchi salvezza propaga il rosario”. Qual è la missione di Pompei rispetto al Rosario?

In questa esperienza spirituale di Bartolo Longo c’è il nucleo del carisma del santuario e di tutta la Chiesa che vive in Pompei. Quando Longo parla di propagare il Rosario per avere la salvezza, sta dicendo che non solo occorre pregare il Rosario, ma anche portare il Vangelo alle persone.
Questo è il primo compito fondamentale di ogni cristiano ed è un compito specifico della Chiesa di Pompei: propagare il mistero di Cristo racchiuso nel Rosario, evangelizzare, trasmettere la fede agli uomini di oggi. M
a accanto alla evangelizzazione, Bartolo Longo ha posto un altro elemento fondamentale, che è quello della cura delle persone bisognose, in modo particolare dell’infanzia: la carità è l’altro elemento che caratterizza la Chiesa pellegrina in Pompei. Accanto al santuario Longo volle edificare, quasi come una corona, una serie di centri di carità, allora erano chiamati gli orfanotrofi, che anche oggi sono attivi, nelle forme consentite dalla legge: case famiglie, centri di aiuto per i giovani, case per anziani.

Leone XIV recentemente ha invitato a pregare il Rosario per la pace ogni giorno in questo mese di ottobre. Anche nell’Angelus di domenica 5 ottobre ha detto: “In questo mese di ottobre, contemplando con Maria i misteri di Cristo Salvatore, intensifichiamo la nostra preghiera per la pace: una preghiera che si fa solidarietà concreta con le popolazioni martoriate dalla guerra”. Come si tradurrà questo invito per la Chiesa di Pompei?

Bartolo Longo nel 1901 volle edificare la facciata del santuario dedicandola alla Regina della pace e ovviamente questo è il compito che lui affidò al santuario: quello di essere una mistica nave di pace che doveva percorrere attraverso la preghiera e la carità i mari agitati del mondo.
Raccogliendo l’appello di Leone XIV a pregare il Rosario in questo mese per la pace, noi mettiamo in atto tante iniziative, tutto il mese sarà dedicato a questo scopo, in modo particolare ci metteremo in comunione con il Santo Padre e con la Chiesa universale sabato 11 ottobre, la giornata che Papa Leone ha indicato come preghiera per la pace. In effetti,

il Rosario – proprio perché è la contemplazione del mistero di Cristo, il Principe della pace – diventa un efficace strumento per promuovere la pace.

Lo vediamo anche nelle circostanze attuali quanto sia difficile raggiungere degli accordi e dialogare; allora, ci rendiamo sempre più conto che la pace è un dono che deve venire dall’alto, ci vuole l’impegno umano, ma se Dio non ci mette la sua mano questa pace non si raggiungerà mai. Dio ci mette la sua mano convertendo i cuori e il Rosario è lo strumento per rendere questi cuori induriti più disponibili all’incontro con l’altro, al dialogo. Non solo abbiamo bisogno di diplomazia, di mezzi efficaci per promuovere la pace, ma c’è bisogno di una nuova spiritualità, cioè di riappropriarsi dei valori spirituali e dei fini soprannaturali dell’uomo: se non riscopriamo la dignità e il rispetto dell’uomo, il valore della persona umana, se non c’è la giustizia, non si potrà mai arrivare alla pace. Il Rosario s’inserisce in questo cammino di spiritualità proprio perché offre l’immagine della dignità di ogni uomo: contemplando ogni mistero non possiamo non pensare alla persona umana. C’è bisogno di una nuova spiritualità per affrontare i problemi sociali e la guerra: allora, il Rosario diventa uno scrigno di spiritualità, un modo nuovo di guardare all’uomo, al mondo e alle questioni sociali.

Nella lettera apostolica di Giovanni Paolo II sul Rosario ha introdotto anche i misteri luminosi. Il Papa polacco ha voluto anche l’Anno del Rosario che è venuto a coronare con una visita a Pompei.

San Giovanni Paolo II ci ha dato il documento più importante nella storia di questa preghiera perché mette delle radici teologiche, spirituali molto importanti per riscoprirne l’attualità.

Lo sforzo di San Giovanni Paolo II è stato proprio quello di rimettere il Rosario al centro della preghiera della Chiesa.

All’inizio del Terzo Millennio il Papa polacco richiamò tutti i cristiani alla preghiera: oggi c’è bisogno di cristiani che pregano perché solo se si prega si è efficaci nella Chiesa e nella società. Il Rosario si inserisce in questa volontà di riscoprire la preghiera in una società in cui c’è tanto bisogno di spiritualità. A volte noi cristiani dimentichiamo che abbiamo una tradizione di grande spiritualità. Per sottolineare il ritorno del Rosario nella teologia, nella pastorale, nel cuore della Chiesa, San Giovanni Paolo II volle indire l’Anno del Rosario. Ricordo che firmò la lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” in piazza San Pietro, il 16 ottobre 2002, proprio dinanzi all’immagine originale della Vergine del Rosario di Pompei. Da allora il Rosario è stato riscoperto, approfondito in tutti i suoi elementi e una novità è stata l’introduzione dei misteri della luce, che raccolgono in sintesi la predicazione di Cristo, la sua missione. Questi cinque nuovi misteri ci fanno capire l’importanza del discepolato, dell’ascolto della Parola di Dio, della conversione, del Battesimo, dell’Eucaristia, alla scuola di Maria. Qui si riscopre anche un ruolo forse un po’ messo in ombra: Maria come prima e perfetta discepola di Cristo, colei che durante la predicazione di Cristo gli è stata dietro, l’ha seguito, l’ha ascoltato, ha messo in pratica le parole che Lui predicava.

Pompei è la cittadina mariana per eccellenza, con fedeli che guardano da tutto il mondo alla Madonna del Rosario.

Vorrei citare una parola di San Giovanni Paolo II ripresa anche da Benedetto XVI: entrambi, che hanno visitato Pompei, hanno definito il nostro santuario un centro internazionale della spiritualità del Rosario e quindi della spiritualità mariana. Questo perché

nel Rosario noi abbiamo tutto il mistero di Cristo e anche l’esemplarità di Maria, la sua intercessione, la sua presenza materna.

Il Rosario è tutta una spiritualità, ecco perché Pompei è diventata un faro che ogni anno attrae migliaia e migliaia di persone, proprio perché qui c’è una presenza materna viva di Maria che accoglie ognuno e accogliendo tutte queste persone Maria le aiuta a convertirsi a Cristo. Io credo che realmente venire in pellegrinaggio al santuario di Pompei sia un’esperienza profondamente spirituale e molto efficace non solo per la bellezza del santuario, la sua arte, ma proprio perché nel santuario si avverte un calore speciale che è proprio il calore di Maria che come una madre accoglie tutti. Poi si sente questa forza di Maria che ti prende per mano e ti porta a Cristo. Dietro all’altare maggiore c’è la sala delle confessioni: Maria prende per mano i pellegrini e li porta al centro della nostra salvezza che sono i sacramenti, in modo particolare la confessione per purificarsi e convertirsi. In santuario abbiamo tante celebrazioni eucaristiche durante la giornata e sono sempre molto frequentate, questo è un altro segno della mediazione di Maria: oggi che i cristiani quasi non vanno più a messa, le parrocchie sono vuote, il santuario è sempre gremito. Durante la messa si vive un clima di grande preghiera e silenzio.

Questo è proprio l’aiuto, l’ammaestramento che Maria dà a tutti i fedeli: li introduce ai misteri di Cristo e li rimette sulla via del Vangelo.