Pochi gli accenni fatti da Leone XIV sulla sua vita, ma significativi. Tra tutti, spicca il suo cuore missionario
Perciò vale la pena ripercorrere questi fugaci tratti personali che pure sono trapelati dal Pontefice americano. La prima volta che ha detto «io» è stato a proposito della pace, parlando al corpo diplomatico (16 maggio): «Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo… I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo!».
Leone XIV aveva esordito proprio parlando di pace: ma non possono sfuggire la forza e l’implicazione dell’uso della prima persona, così come l’aver messo a disposizione la Santa Sede per i negoziati è un segno concreto di come intende quell’essere «fermento per un mondo riconciliato».
Nello stesso discorso ha poi evocato la sua vicenda biografica: «La mia stessa storia è quella di un cittadino, discendente di immigrati, a sua volta emigrato». Parlava qui del compito dei governanti di «adoperarsi per costruire società civili armoniche e pacificate» e di «favorire contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese,… sia esso cittadino o immigrato».
Un richiamo quanto mai significativo in una società che spesso fa dei migranti i capri espiatori di altri problemi. Additando se stesso, un cittadino americano, ha sottolineato la possibilità – positiva – dell’accoglienza e dell’integrazione.
Ancora un riferimento personale l’ha fatto nella Messa di inizio del ministero petrino (18 maggio), affermando di essere stato scelto «senza alcun merito»: «Con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia».
Un riconoscimento umile di “inadeguatezza” rispetto a un compito immenso e il significativo presentarsi come «fratello» che intende farsi «servo», cioè come cristiano tra cristiani, sebbene con una missione specifica.
L’ultimo riferimento personale il Santo Padre l’ha fatto lo scorso 22 maggio esprimendo la sua gratitudine ai partecipanti dell’assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie per il loro servizio alla missione di evangelizzazione della Chiesa, «come posso testimoniare personalmente dalla mia esperienza pastorale negli anni di ministero in Perù».
E qui si sente, sommessamente, il suo cuore missionario. Ha sottolineato la comunione e la dimensione universale della Chiesa: «In Cristo siamo uno, una famiglia di Dio, al di là della ricca varietà di lingue, culture ed esperienze».
E, ricordando il prezioso servizio reso dalle quattro Pontificie Opere missionarie, ha citato «quelle aree del mondo dove la Chiesa è giovane e in crescita».
A questo proposito, cari amici, vi segnalo che con il numero che avete in mano cominciamo una nuova serie di Zoom che si intitola “Atlante del cristianesimo” e sarà un viaggio in 8 puntate proprio tra queste Chiese sparse nei continenti, per conoscere i contesti in cui si radicano, i loro punti di forza e le loro difficoltà.
Un’occasione, anche per noi, di aprirci «alla dimensione universale della missione di evangelizzazione della Chiesa» e di «superare i confini delle singole parrocchie, diocesi e nazioni, per condividere con ogni luogo e popolo la sublimità della conoscenza di Gesù Cristo».