Il cardinale prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi apre la tre giorni di lavori all’Università Urbaniana: in un mondo dominato dalla tecnica, la mistica può coinvolgere tutta la persona umana, anima e corpo. L’arcivescovo di Benevento Accrocca: un’apertura vera all’Altro “si traduce nell’accoglienza degli altri”. Il biblista don Manzi: l’unione con Dio del profeta o del veggente non è mai isolamento, ma “missione per gli altri”. Giovedì mattina l’udienza di Papa Leone XIV
Daniele Piccini – Città del Vaticano
“In un tempo in cui la sensibilità per Dio è scarsa, in un mondo in cui prevale l’arido linguaggio della scienza e della tecnica, la mistica è considerata e desiderata come una risorsa capace di coinvolgere la mente e la persona, anima e corpo, spirito e sensi”. Con queste parole il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, ha aperto, oggi pomeriggio, 10 novembre, il convegno di studio dedicato a “La mistica, i fenomeni mistici e la santità” presso la Pontifica Università Urbaniana. Il convegno, che completa idealmente e tematicamente le edizioni degli scorsi due anni – dedicati alla “santità oggi”, alla sua “dimensione comunitaria”, e al “martirio e all’offerta della vita” – si terrà nell’Aula Magna dell’Urbaniana fino a mercoledì 13 novembre. Giovedì mattina i partecipanti saranno ricevuti in udienza da Papa Leone XIV nella Sala Clementina.
Il porporato ha sottolineato che la santità, che “consiste fondamentalmente nella carità verso Dio e verso il prossimo, si può conseguire per vie diverse, con differenti mezzi, e per questo non è necessariamente accompagnata da grazie straordinarie, mistiche, carismatiche, come la contemplazione”. Il prefetto Semeraro ha citato Papa Francesco, che era solito ripetere che “chi sa contemplare non sta con le mani in mano, ma si dà da fare concretamente”. Insomma, “la contemplazione porta all’azione”. La vita di carità e quella contemplativa sono dunque complementari, ha ribadito il cardinale Semeraro citando San Vincenzo de’ Paoli: “La vita attiva nutre la contemplativa, e questa, a sua volta, è l’anima della vita attiva”. Infine il porporato, augurando “buon lavoro” a relatori e pubblico, ha auspicato che le relazioni del convegno possano aiutare non solo “a chiarire molte di queste questioni sottese a temi così complessi”, ma anche “incoraggiare la nostra esperienza di Dio”.
Giovedì mattina i partecipanti al convegno saranno ricevuti in udienza da Papa Leone XIV nella Sala Clementina.
I confini della mistica cristiana
Il primo pomeriggio di lavori del convegno ha offerto una nozione sorprendente della mistica, che nella sua più profonda essenza, hanno spiegato i primi due relatori della tre giorni all’Urbaniana, è relazione e servizio agli altri. “La capacità di tessere relazioni adulte è uno degli esiti dell’esperienza mistica, poiché l’accoglienza del totalmente Altro nella propria vita, si traduce nell’accoglienza degli altri”. Su questo concetto si è sviluppata la prolusione di monsignor Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento, dal titolo “La mistica: aspetti specifici e nodi problematici”. Il presule ha argomentato, delimitando preliminarmente i confini della mistica cristiana, che questa non può valicare mai l’esperienza della Rivelazione, rappresentata dal “mistero del Dio di Gesù Cristo”. Il “Dio trinitario, da lui rivelato, è il confine della mistica cristiana, e questa non può che situarsi all’interno di esso”, ha aggiunto. “L’esperienza mistica cristiana” si dà dunque, ha sottolineato ancora Accrocca, sempre “all’interno della fede”. Un mistico quindi “non sa nulla di più di quanto possono sapere tutti i cristiani, semplicemente lo sa in altra maniera”, ha aggiunto l’arcivescovo di Benevento citando il teologo, esperto di mistica e spiritualità, Giovanni Moioli.
Il panel dei relatori del primo pomeriggio di lavori all’Urbaniana.
L’unione con Dio nella vita ordinaria: l’esempio di Maria
“Se dunque i fenomeni mistici non fanno la perfezione e non ci si può fermare ad essi, la pienezza mistica dovrebbe aversi non quando tali fenomeni si manifestano, ma in una vita totalmente consonante con Dio”, ha puntualizzato il presule. Anche in questo, l’ordinarietà della vita di Maria di Nazareth è esemplare, poiché nella sua vita “si realizza la piena unione con Dio, senza che si faccia parola alcuna su una fenomenologia quale quella che si è di solito abituati a declinare come mistica”.
La relazione con l’Altro che apre agli altri
Se l’esperienza mistica cristiana non può darsi se non all’interno della fede, poiché non è “esoterica”, allora, “in particolare, nel cattolicesimo, “si dà solo nella fede della Chiesa”. Lo stesso San Francesco d’Assisi, ha ricordato ancora monsignor Accrocca, “nella sua esperienza di dono” mistico e di rivelazione, “non salta la mediazione ecclesiale”. Così lascia confermare dal Papa quella “forma di vita” rivelatagli da Dio. Se la mistica è “l’inabitazione trinitaria nella persona” e la “Trinità è innanzitutto relazione”, allora, ha concluso l’arcivescovo, “l’unione mistica non potrà far altro che accrescere i legami della persona con i suoi simili”.
Don Manzi: nella Bibbia la mistica non è esperienza privata
La mistica cristiana non è evasione, ma missione. Su questo concetto si è invece snodato l’intervento di don Franco Manzi, intitolato “I profeti, il veggente Giovanni e l’apostolo Paolo. Spunti su esperienze spirituali dai tratti mistici attestate nella Bibbia”, dedicato alle radici bibliche dell’esperienza mistica. Tracciando un percorso attraverso le Scritture, don Manzi, docente di Antico e Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, ha mostrato che la mistica, nella tradizione biblica, non è mai un’esperienza solitaria o privata, ma un incontro con Dio che diventa parola e responsabilità, poiché chi contempla il divino viene chiamato a raccontarlo. “La rivelazione – ha detto il biblista – si fa storia e comunità”. I profeti dell’Antico Testamento ne sono il primo esempio. Da Isaia a Geremia, la visione di Dio si traduce sempre in un mandato, spesso doloroso, di annuncio e denuncia. “La mistica è una ferita e un mandato”, ha spiegato ancora Manzi, sottolineando che il vero mistico non si rifugia nel silenzio, ma lo trasforma in parola profetica.
Un dono che si fa servizio e plasma testimoni
Il Nuovo Testamento porta questa esperienza al compimento in due figure emblematiche: Giovanni e Paolo. Il primo, “veggente dell’Apocalisse”, contempla “un cielo nuovo e una terra nuova”, offrendo alla Chiesa perseguitata una visione di speranza. Il secondo vive una mistica interamente unita al Cristo: “Non sono più io che vivo – scrive Paolo nella Lettera ai Galati – ma Cristo vive in me”. Nell’Apostolo delle Genti la comunione con Dio diventa azione, missione, carità.
Don Manzi ha rilevato ancora come la mistica cristiana autentica non si esaurisce nella contemplazione, ma si apre al servizio e alla testimonianza. La mistica, nella sua radice biblica, non fugge dal mondo, ma lo trasfigura . “Nella rivelazione biblica – ha detto lo studioso – la visione di Dio non è privilegio di pochi, ma dono che plasma una comunità di testimoni”. Quella che, in conclusione, don Manzi ha chiamato “l’acquisizione decisiva sul rapporto tra la mistica e la santità” è che “per la rivelazione neotestamentaria, non ogni cristiano è un mistico né è chiamato da Dio a diventarlo. Ma ogni cristiano ha la vocazione divina a diventare santo”. Di conseguenza, ha detto il biblista al termine della sua relazione, non si è cristiani autentici “solo perché si vivono fenomeni straordinari di tipo mistico. Ma conditio sine qua non per essere mistici autentici è che primariamente si viva da cristiani autentici”.