La parola e la vergogna (di Pierangelo Sequeri)

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Le guerre ci ammutoliscono: cercano di far passare noi come stupidi, opponendo alla sterilità del nostro dire disarmato l’efficacia della violenza. La preghiera restituisce forza alla parola

Facciamo macchine sempre più intelligenti e guerre sempre più stupide. (Non è un’attenuante, è un’aggravante: l’orrore, che si legittima senza vergogna, insulta anche la mente umana). La devastazione programmata – il campo di battaglia sono direttamente le case e le chiese, le scuole e gli ospedali – fa impressione, se pensiamo alla boria dei nostri proclami di civiltà e progresso. Sono guerre orribili, pogrom civili più che scontri militari, pulsioni di puro annientamento, le cui argomentazioni si nascondono dietro il pretesto – fasullo – di vantaggi territoriali, politici, economici, strategici.

Questo pretesto, che porta in campo spiegazioni alle quali i libri di scuola ci hanno abituato, è in realtà sempre più fasullo, a uso dell’Onu e dei media. Il grado di evoluzione e di diffusione delle possibilità di convivenza, di cooperazione, di nutrimento, di istruzione e di cura, infatti, sono ora di portata planetaria. E la loro distribuzione non conflittuale è – forse per la prima volta – realmente possibile. (Persino l’intelligenza artificiale – combinatoriamente utile e sentimentalmente ottusa com’è – troverebbe soluzioni soddisfacenti, senza passare attraverso la distruzione totale di interi popoli e di interi habitat). Il “nemico”, in questi chiari di luna, è sempre più ciecamente individuato in qualcuno – una religione, una popolazione, un insediamento umano – che non dovrebbe “esistere”. Questa pulsione è un effetto senza causa, una fede senza ragione. Come fai ad argomentare la sua necessità? Come fai a cercare una morale nell’olocausto che essa predica?

È così che siamo rimasti senza parole. L’indecenza e la vergogna della brutalità sono scese in campo e dilagano, approfittando di un clima favorevole. Quale clima? Quello che anche da noi, dove la guerra è al momento sospesa, insegna ai nostri ragazzi a farsi valere con ogni mezzo. L’obiettivo dell’accrescimento illimitato della potenza arriva a giustificare l’abbattimento dell’altro che lo ostacola. E la vendetta di chi è oggetto di questa prevaricazione è fatalmente sospinta ad apprenderne la logica.
Dunque, la nostra accorata preghiera per la pace, che il presidente della Cei, il cardinale Zuppi, ripropone con forza, dovrà stressare la misericordia di Dio come la vedova importuna del Vangelo. E che cosa chiede, anzitutto? Chiede maggiore determinazione nei confronti della violenza che sbeffeggia e ammutolisce la parola.

Il secondo tratto della nostra preghiera porterà i segni e le parole della vergogna, che accetteremo di condividere e di portare con i più vulnerabili alla odiosa ottusità della guerra. «Signore, noi siamo impressionati della mancanza di vergogna che la guerra di odio riesce a esibire, come se fosse un vanto di identità, una forza d’animo, una prova di coraggio. Ci vergogniamo di non essere stati abbastanza pronti a smascherare la vergogna di questa esibita impudenza. Ci vergogniamo del fatto che il genere umano al quale tutti apparteniamo si aggrappi a discorsi di auto-celebrazione così stupidi e a pulsioni così vergognose. Un’immensa misericordia è necessaria, per far scoprire agli uomini e alle donne di questo tempo la loro vergognosa nudità, bisognosa della tua protezione» (Gn 3, 21).

Il cristianesimo, che in molti luoghi conosce a sua volta la brutalità delle deprivazioni e delle persecuzioni, sarà lievito anche in questo. La nostra preghiera per la pace, ormai, dovrà avere, come fattore visibile di testimonianza che l’accompagna, un generoso gemellaggio istituzionale con le comunità cristiane ferite del pianeta. Da cambiare la faccia della Chiesa. Ne dovrà venire uno scuotimento salutare anche per il resto del mondo, che è tentato di mettersi in salvo per proprio conto.