La preghiera è una stanza dove l’anima riposa

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Fra Stefano Bordignon, il “frate influencer”, invita a riscoprire il silenzio, la connessione spirituale e la cura di sé, in un mondo frenetico e dai ritmi esasperati: «La sfida è guadagnare il mondo a Dio senza perdere se stessi»

«Il saio. Il pizzetto sale e pepe. E quel silenzio che si insinua tra le parole, impedendo loro di correre. Sulla carta, fra Stefano Bordignon è esattamente quello che un influencer non dovrebbe essere: poco moderno, sia nei modi che nei contenuti. Non ammicca mai ai giovani, men che meno “fa” il giovane e su YouTube addirittura recita il Padre Nostro. Religioso dei Servi di Maria, fra Stefano vive con un confratello, fra Ermanno, in una casa nei pressi del Convento dell’Annunciata di Rovato, sulle colline della Franciacorta rinomate per i loro vini. Eppure questo frate d’altri tempi ha un grandissimo seguito: le sue omelie, così come la Preghiera del mattino, macinano centinaia di visualizzazioni tanto che a marzo il suo nuovo libro Abbi cura di te (Piemme) era già entrato nella Top 100 di Amazon quando ancora era solo in pre-ordine. Il saggio, proprio come le sue omelie online, è un invito a riprendere coscienza di se stessi, non solo dal punto di vista spirituale ma anche corporeo e psicologico. Basti pensare che il libro si apre con il seguente consiglio: «Respira». Lo abbiamo incontrato in vista della Giornata delle comunicazioni sociali che si celebra il 1° giugno.

Siamo diventati una società di inconsapevoli?

«Oggi è fondamentale recuperare la sacralità della persona, presa nel suo insieme: corpo, anima e mente. Viviamo purtroppo in una società dallo stile di vita frenetico: i ritmi sono così esasperati, che ci portano a stare fuori da noi stessi. Da qui l’invito del libro a recuperare il contatto con il nostro corpo, il nostro cuore e la nostra mente attraverso una serie di riflessioni ma anche inviti pratici, che ho raccolto nelle sezioni “Prova a…”».

Qual è stato il suo primo risveglio spirituale?

«Nelle mie omelie e su YouTube racconto gran parte della mia vita perché i risvolti personali documentano la verità dell’esperienza di cui parlo. Tuttavia sono molto prudente nel dire tutto: alcune cose restano personali. Per questo le parlerò del mio primo risveglio spirituale senza però approfondirlo. All’epoca avevo 28 anni e gestivo una birreria notturna: un mondo all’insegna del divertimento. Lavoravo di notte e i miei avventori erano le persone più disparate. Molti bestemmiavano con facilità: io no, mai, anche se Dio non faceva ancora parte della mia vita. Poi, a un certo punto, percepii un grande vuoto, dentro e fuori di me: sentivo che quella vita, così divertente e leggera, non mi dava qualcosa in cui credere profondamente. Non mi ci riconoscevo. Entrai in crisi e cercai qualcosa su cui cominciare a costruire. Ripresi così in mano il Vangelo e scoprii che Gesù parlava alla mia vita: capiva quel vuoto che mi opprimeva e mi dava anche delle risposte».