I sentimenti e tutto il nostro “settore emotivo” possono risultare come un termometro, una verifica del nostro mondo interiore, una verifica della profondità del nostro vivere ed essere, della nostra personalità, dell’autenticità e maturità (umano –cristiana) dei nostri rapporti con gli altri e con il Signore e con noi stessi.
Il mondo dei nostri sentimenti negativi (cfr. sentire dei discepoli di Gesù prima della discesa dello Spirito Santo): arrivismo e ricerca di successo (Lc22,14ss); ambizione (Mc10,37); litigio(Mc10,41); presunzione (Mc14,23-31; euforia (Lc 10,17); poca fede (Mt 17,18); settarismo-contrapposizione (Lc 9,49); apatia-sonnolenza spirituale (Mc14,32-42); crisi,-delusione, scoraggiamento (Lc 24,13-24)
I sentimenti possono risultare perciò come un termometro una verifica del nostro mondo interiore, della nostra personalità, dell’autenticità e maturità dei nostri rapporti con noi stessi e con gli altri. Inoltre secondo la natura dei sentimenti che sperimentiamo possiamo verificare il nostro cammino verso Cristo, a che punto ci troviamo nell’acquisizione dello spirito evangelico in noi, della gioia e della pace cristiana.
Essere persona autentica e perciò cristiana significa possedere la capacità di darsi perché si sta accogliendo il dono della carità; e perciò gioire per la fiducia profonda che si ha nel Signore, incontrato come persona vivente che ci ama, ci conosce personalmente e ci scruta e sa vedere il nostro sforzo e ci accetta sempre anche se siamo deboli e limitati.
Quando sto vivendo questa realtà e mi impegno con la mia responsabilità e la mia generosità nel mio compito da svolgere, nelle mie relazioni con gli altri, sono sempre in pace e nella serenità, anche se la quotidianità pesa, se certe debolezze e conflitti rimangono. Quando questa pace e gioia ha delle esperienze forti c’è uno stato d’animo di consolazione, se queste esperienze si affievoliscono, c’è uno sentimento di desolazione. Se il mio atteggiamento fondamentale verso gli altri, verso Dio e verso il mio vero io è in armonia con quello che sto facendo, mi procura pace, quando questa armonia diventa intensa, quando sono più aperto, più generoso, più vero, più coerente, posso provare consolazione, cioè una pace e una serenità e una gioia più intense. Quando io avverto che il mio atteggiamento e il mio stato d’animo fa contrasto con quello che sto facendo, sento desolazione (esperienza di peccato), c’è contrasto tra una mia scelta fondamentale (il mio sistema motivazionale) e una azione concreta che sto facendo o un rapporto che sto vivendo..
Quando invece vivo ad un livello superficiale, non ho raggiunto il mio “io” profondo, sono egoista, egocentrico e non mi so accettare e per esempio trovo una persona con cui sto bene, sono soddisfatto; ma sono sempre preoccupato di me, di cercare questo piacere, è un tipo di benessere momentaneo e si alterna a vari tipi di difficoltà, depressione, vuoto, solitudine; se il benessere cresce può diventare euforia ( per esempio un esperienza sessuale che faccio in forma egoistica); e quando io faccio esperienze negative, cioè non provo questa soddisfazione, sento angoscia, solitudine, noia: consociamo tutti la tristezza che viene dall’egoismo.
Che cosa siamo chiamati a fare circa i nostri sentimenti
a) percepirli con libertà interiore, ammetterli
Ammettere di sperimentare determinati sentimenti, per indesiderabili che possano essere. Se non si ammettono e non si sanno leggere (soprattutto i negativi) si cercherà di giustificarli in mille modi e si cercherà di attribuire agli altri quello che è difetto nostro. Dobbiamo essere invece totalmente liberi, sinceri con noi stessi, e dirci: «io sperimento questo sentimento, negativo o positivo che sia ». Questo saper ammettere i propri sentimenti come un fatto, il riconoscersi tali, quali si è, fa parte della vera umiltà. E’ autenticità, è sincerità; è già un superarli; l’inizio del camino verso l’esperienza della pace interiore e della serenità pur portandosi dietro queste difficoltà.
b) imparare a interpretarli collegandoli con le tendenze da cui derivano
I sentimenti che proviamo sono la risonanza che percepiamo, come conseguenza dello stato in cui ci troviamo nella soddisfazione di alcune tendenze. “Io sperimento questo e quel sentimento: a che tendenza risponde»? Rendendomi conto si questo, mi sarà più facile controllare il mio sentimento. Perché mi sento aggressivo? Perché mi sento a disagio tra persone sconosciute? Perché spesso sperimento solitudine e depressione, vuoto interiore? Perché sento a volte gioia di fronte ad un insuccesso altrui? Cercando di rispondere si riuscirà ad entrare nel nostro stato d’animo e a prendere i fili in mano per riacquistare l’armonia e la serenità.
c) non pretendere di controllare i nostri sentimenti semplicemente schiacciandoli
Il controllo sta nell’interpretarli bene e nel risolvere i conflitti che possono essere a livello dei bisogni, delle tendenze,. E’ inutile pretendere di controllare i sentimenti negativi schiacciandoli oppure coltivare quelli positivi semplicemente facendo un proposito dopo l’altro: in questi casi non basta lo sforzo di volontà.
Per poter controllare i miei sentimenti, per fare veramente in coscienza il mio dovere, devo cercare qual è l’inizio della catena e partire di là. Poco per volta con pazienza, arriverò a comprendere e prendere i fili in mano;andare alla radice, conoscere da quale tendenza fondamentale provengono i sentimenti, comprendere quali tendenze e complessi sono in conflitto e trovare, con calma, una soluzione ragionevole. Non possiamo andare avanti facendo un proposito dopo l’altro. In questo modo non lavoriamo bene, perché non rispettiamo le leggi della nostra psiche. Come nel fisico se non rispettiamo le leggi del nostro organismo, ci ammaliamo, così psicologicamente, se non rispettiamo le leggi che guidano i nostri sentimenti, se non risolviamo il conflitto a livello di tendenze, le cose peggiorano invece di migliorare.
d) non lasciarsi imprigionare nell’ambito di certi sentimenti negativi
Se ci lasciamo pendere troppo da certi sentimenti negativi (come la tristezza, il senso di vuoto, l’invidia ,la gelosia, l’ansia…) e non reagiamo, né cerchiamo di fare qualcosa subito per superarli, diventeranno un’abitudine. Deformeranno il nostro carattere. Le abitudini emotive negative sono le abitudini più pericolose; per esempio le abitudini di essere tristi, pessimisti, melanconici sono difficili da correggere.
E’ superfluo ripetere che anche questi concetti valgono sia per noi che per gli altri: per la comprensione nostra che per la comprensione degli altri; per la nostra maturazione e per aiutare la maturazione del prossimo. Nella nostra vita comunitaria, umana, cristiana , religiosa, cerchiamo naturalmente di soddisfare i nostri bisogni e le nostre tendenze fondamentali; però siamo in una comunità, e perciò su ciascuno di noi incombe la responsabilità di fare in modo che il nostro prossimo possa fare altrettanto riguardo alle proprie tendenze fondamentali, in modo che possano coltivare sentimenti positivi. Abbiamo per esempio il bisogno fondamentale di sentirci inseriti in un gruppo, di essere accettati, stimati, di sapere che si vale qualcosa nel gruppo in cui si è. Dobbiamo cercare il modo di soddisfare questo bisogno, ma anche di ridimensionare le nostre pretese, le nostre aspettative: ci inseriamo veramente se diamo anche agli altri la possibilità d’inserirsi.
Non matureremo mai se ci preoccupiamo soltanto di noi stessi, se ci accontentiamo di una vita superficiale, se non sappiamo leggere le nostre delusioni e se non aiutiamo gli altri a maturare e a sperimentare sentimenti positivi: comunicando gioia, fiducia, stima, amore.
Il termometro della nostra maturità umano-cristiana, che molti psicologi e scrittori di spiritualità citano, è esattamente questo: «se intorno a me le persone che mi avvicinano sono più oggettive, più serene, vuol dire che anch’io sono maturato di più. Se le persone che mi avvicinano rimangono insoddisfatte, scontrose, perdono la calma, dicono in tensione, vuol dire probabilmente che io non sono maturato tanto da rendere possibile a loro questa maturazione »