Primum audire (di Andrea Monda)

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La prima cosa è ascoltare. Papa Leone anche oggi, parlando ai partecipanti di un pellegrinaggio di studenti, docenti e professori di alcuni paesi del Nord Europa, è tornato su un tema a lui molto caro: l’ascolto. In questi quasi due mesi di pontificato il popolo dei fedeli e il mondo intero hanno già appreso questo primo aspetto dello stile e del magistero di Papa Prevost. La primazia dell’ascolto. Oggi in particolare Leone rivolgendosi prima ai giovani e poi ai professori, ha detto: «Ricordate che Dio ha creato ciascuno di voi con uno scopo e una missione in questa vita.

Approfittate dunque di questa opportunità per ascoltare, per pregare, di modo che possiate sentire più chiaramente la voce di Dio che vi chiama nel profondo dei vostri cuori». Ascolto e preghiera stanno insieme e, il Papa lo dice implicitamente, in questo rapporto c’è un terzo elemento fondamentale: il silenzio. La sfida è quindi riuscire a fare silenzio, ad “ascoltare” il silenzio.

Infatti Leone aggiunge che «oggi, molto spesso, perdiamo la capacità di ascoltare, di ascoltare davvero. Ascoltiamo la musica, le nostre orecchie sono costantemente inondate da ogni genere di input digitale, ma a volte dimentichiamo di ascoltare il nostro cuore ed è nel nostro cuore che Dio ci parla, che Dio ci chiama e ci invita a conoscerlo meglio e a vivere nel suo amore. E attraverso questo ascolto, potreste aprirvi per consentire alla grazia di Dio di rafforzare la vostra fede in Gesù (cfr. Col 2, 7), così da poter più facilmente condividere tale dono con gli altri». Il processo è il seguente: raccogliersi e fare silenzio, scoprire che in quel luogo, il cuore, il silenzio parla, ascoltare quella voce che porta alla condivisione di questo dono ricevuto con gli altri, nostri fratelli.

Del resto gli uomini non possono “non ascoltare”; possono chiudere la bocca, gli occhi, ma non le orecchie; gli uomini sono costitutivamente ascoltatori. Si tratta quindi di decidere cosa vogliamo “ascoltare davvero” come dice il Papa. Su quale frequenza, quale lunghezza d’onda sintonizzarsi, lavoro sempre più delicato e complicato in un mondo in cui gli “input”, digitali e non, si sono moltiplicati e intensificati al punto da creare una massa indistinta così pervasiva da avere effetti stordenti, alienanti. Ripulire le nostre orecchie, ritornare a quello che veramente si è, uditori, uditori di parole in mezzo alle migliaia di chiacchiere che affollano le onde sonore del proprio ambiente vitale.

Uditori di parole, “uditori della Parola” come scriveva in un saggio, vecchio ma sempre attuale, il teologo Karl Rahner, nel silenzio del cuore si ode una voce, una parola, la Parola. Qui entrano in campo altri temi come quello dell’interiorità e della coscienza all’interno dei quali il Papa agostiniano si muove perfettamente a suo agio. La coscienza secondo un altro teologo gesuita, l’irlandese Michael Paul Gallagher, è l’eco di una voce, quella voce di Dio che ci chiama e interpella come ha sottolineato Leone XIV nel discorso di oggi.

Ma all’inizio ci deve essere l’ascolto, l’ascolto nel e del silenzio. Avvertenza: per ascoltare conviene non parlare, tacere. Altrimenti il rischio, terribile, è quello da cui metteva in guardia Dietrich Bonhoeffer: «Il primo servizio che si deve rendere al prossimo è quello di ascoltarlo. Chi non sa ascoltare il fratello ben presto non saprà ascoltare Dio. Anche di fronte a Dio sarà sempre lui a parlare».