Riflessioni sulla Lettera apostolica “Una fedeltà che genera futuro”. I due documenti conciliari sul sacerdozio «Optatam totius» e «Presbyterorum ordinis»: genesi, storia e teologia

Articoli home page

A sessant’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, i decreti Optatam totius (OT) e Presbyterorum ordinis (PO) sono stati celebrati da Leone XIV con la pubblicazione della Lettera apostolica «Una fedeltà che genera futuro». Questi decreti, dunque, restano pilastri imprescindibili del rinnovamento ecclesiale, focalizzati sul ministero e la formazione dei presbiteri, in un’epoca di profondi cambiamenti sociali e dunque anche pastorali.

Promulgati da Paolo VI, rispettivamente il 7 dicembre e il 28 ottobre 1965, nacquero da un’intensa riflessione collettiva, influenzata dalle sfide del mondo moderno e da una teologia radicata nella Scrittura e nella Tradizione.

La nascita di PO, dedicato al ministero e alla vita dei presbiteri, affonda le radici nella vasta consultazione mondiale lanciata da Giovanni XXIII subito dopo l’annuncio del Concilio nel 1959. La Commissione preparatoria De Disciplina Cleri et Populi Christiani, presieduta dal cardinale Pietro Ciriaci e con Álvaro del Portillo come segretario, raccolse proposte da vescovi e teologi di tutto il mondo. Del Portillo, nominato segretario l’8 novembre 1962, giocò un ruolo cruciale: coordinò i lavori di una commissione eterogenea con 70 membri da 17 Nazioni, cercando di armonizzare visioni spesso divergenti.

Il testo del decreto, come in altri casi simili, non ebbe vita facile. Infatti, dopo bocciature e revisioni, tra cui uno schema ridotto De sacerdotibus respinto nel 1964, del Portillo guidò una riscrittura lampo, consegnando il testo finale De ministerio et vita presbyterorum il 20 novembre 1964. Discusso nelle sessioni del 1965, fu approvato con 2390 voti favorevoli e soli 4 contrari.

La necessità di un decreto autonomo maturò durante la seconda sessione del Concilio e, come ricorda Benedetto XVI, nacque poiché i padri conciliari «avevano l’intenzione soprattutto di rivolgere una parola di incoraggiamento anche ai sacerdoti, che giorno dopo giorno portano il peso del lavoro nella vigna del Signore» (Opera Omnia – L’insegnamento del Concilio Vaticano II). Ci sembra dunque di essere di fronte ad una felice coincidenza storica. Dalla lettura della Lettera apostolica di Leone XIV appare evidente che a muoverlo sia stata la stessa intenzione di manifestare prossimità e cura nei confronti dei presbiteri.

Teologicamente, il decreto superò visioni dualistiche, integrando il sacerdozio ministeriale con quello comune dei fedeli e — saldamente radicato in una teologia sacramentale che vede il presbitero configurato a Cristo Capo — enfatizza il binomio consacrazione-missione: i presbiteri rendono perfetto il sacrificio spirituale dei fedeli nell’Eucaristia, centro e radice della loro vita, unendo annuncio del Vangelo e culto divino.

Il superamento delle polarizzazioni e contrapposizioni ha permesso a PO di presentare la comunione ecclesiale fra vescovi, presbiteri e tutto il popolo santo di Dio non come una «esperienza» da realizzare in virtù del proprio impegno personale, ma quale ontologicamente corrispondente all’identità sacramentale di ogni battezzato e in particolare dei sacerdoti, ponti e mediatori tra Dio e l’uomo.

Parallela ma distinta è la genesi di OT, decreto sulla formazione sacerdotale, che risponde all’urgenza di adattare la formazione e quindi la configurazione dei seminari al mondo contemporaneo. Storicamente, la Commissione preparatoria presieduta dal cardinale Pizzardo produsse due schemi: De vocationibus ecclesiasticis fovendae e De sacrorum alumnis formandis che vennero riuniti in un solo schema, il quale successivamente cambiò il titolo in De alumnis ad sacerdotium instituendis, a sua volta riassunto nel De institutione sacerdotali. Questo fu discusso nell’aula conciliare nel novembre 1964 per confluire nel testo presentato in aula nell’ottobre 1964. Il testo definitivo del decreto fu approvato il 28 ottobre 1965 con 2318 voti favorevoli e 3 contrari.

Da una prospettiva squisitamente teologica, il decreto sviluppa la dialettica vocazionale sulla relazione fra chiamata divina e risposta umana. In questa prospettiva il documento ebbe modo di elaborare una teologia della «risposta vocazionale» che non fosse ferma all’adsum dell’ordinazione, ma che comprendesse tutta la vita del presbitero, articolando l’adesione personale al progetto del Signore in tutti gli ambiti della vita del sacerdote e nella sua missione, aprendo così la strada all’idea di una formazione che si qualifichi come continua e permanente.

Infatti, da questo documento è nata la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis del 1970, aggiornata nel 1985 e recentemente nel 2016. La Lettera apostolica di Leone XIV insiste proprio sulla necessità di una formazione che sia umana, spirituale, intellettuale e pastorale — come già indicato dalla Pastores dabo vobis di san Giovanni Paolo II — proponendo la sequela Christi come felice sintesi di ogni iter formativo per i presbiteri.

Questi decreti, fortemente caratterizzati dalla visione ecclesiologica del Vaticano II, hanno segnato il cammino dei presbiteri negli ultimi decenni, nella consapevolezza che solo un ministero ordinato che recuperi freschezza, slancio e passione può rendere feconda la missione della Chiesa nel nostro mondo contemporaneo. Oggi — in un’era di secolarizzazione — l’attualizzazione di questi testi ci ricorda quanto sia urgente un sacerdozio rinnovato, radicato nella storia e proiettato verso il futuro.