“Morire è un verbo, non un fatto”, afferma Massimo Cacciari, illuminando una prospettiva che non associa la morte semplicemente alla fine di un percorso ma come una presenza costante nella nostra vita. Secondo il filosofo, abbracciare la consapevolezza della nostra mortalità non rappresenta un limite. È piuttosto una parte indispensabile della nostra esistenza, che ci invita a vivere in maniera più autentica.
Cacciari indica che la nostra cultura occidentale, sempre più orientata verso la perpetuazione e l’apparenza, rischia di perdere di vista ciò che è veramente essenziale. Il mondo occidentale non è più la forza economica dominante che ambisce a sembrare, ma un’entità che cerca disperatamente di sopravvivere nel suo stato attuale. Questa crisi ha radici nella smarrita direzione dei suoi valori fondamentali.
Il lutto, nella visione di Cacciari, non deve essere visto come un ostacolo da superare, bensì come una fase della vita da vivere a pieno. Considerandolo come un aspetto intrinseco della nostra crescita, possiamo davvero dare valore alla memoria e riconoscere la sua capacità di alimentare la nostra esistenza con nuove energie.
L’analisi di Cacciari va oltre la dimensione individuale e investe la società contemporanea nel suo complesso: lo scenario attuale dell’Occidente richiede un nuovo modello culturale che sappia recuperare quegli ideali di umanità e solidarietà che l’hanno una volta caratterizzato. Cacciari solleva inoltre interrogativi sulla futura posizione della filosofia e della religione in un mondo in rapida evoluzione. In un’epoca dominata dalla tecnologia, non esclude la possibilità di una sorta di “cloud” delle coscienze, un’ipotesi che potrebbe rappresentare come una continuità delle anime nel cosmo digitale.