Abitare la complessità senza semplificazioni (Mario Ceruti)

Articoli home page
Le crisi globali del nostro tempo dimostrano come i fenomeni sono tutti intrecciati tra loro. Specializzare è un errore, così come fare della complessità un’ideologia
Dal nuovo numero di “Vita e Pensiero”, il bimestrale culturale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, pubblichiamo un’ampia sintesi dell’intervento del filosofo Mauro Ceruti dell’università Iulm sulla necessità di adattare il nostro modo di pensare e di interagire col mondo contemporaneo accettando finalmente il dato di fatto della sua complessità.

In un mirabile testo del 1985 dedicato alla “Molteplicità”, che avrebbe dovuto essere una lezione da tenere all’università di Harvard, Italo Calvino, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, scrisse che compito del romanzo contemporaneo era di «rappresentare il mondo come un garbuglio, senza attenuarne affatto l’inestricabile complessità, o per meglio dire la presenza simultanea degli elementi più eterogenei che concorrono a determinarlo» (Lezioni americane). Sensibile al superamento della divisione fittizia tra le “due” culture (umanistica e scientifica), Calvino adoperava quella che si presentava ormai come la parola chiave e l’idea cruciale della scienza contemporanea, che a partire dal secolo scorso ha trasformato radicalmente la nostra visione dell’universo e della vita: “complessità”. Complesso significa che tante cose sono intrecciate insieme, a formare un’unità. Dal verbo latino plectere, intrecciare, più cum, insieme. La complessità è stata per lungo tempo percepita, anche dalla scienza “classica” moderna, come apparenza superficiale del reale, non ancora compreso nelle sue leggi profonde e “semplici”.

Questo ideale era già entrato in crisi nel secolo scorso, sotto l’effetto degli stessi progressi della scienza. Innanzitutto nella fisica, e poi nell’emergere di scienze che hanno cominciato a studiare i “sistemi complessi”, come nel caso dell’astrofisica, della climatologia, dell’ecologia, che intrecciano fenomeni e problemi tradizionalmente separati gli uni dagli altri. Di colpo, lo sviluppo delle conoscenze scientifiche ha messo in crisi il valore universale di quei princìpi della scientificità (ordine, causalità lineare, determinismo e prevedibilità, riduzione a elementi semplici…) che avevano promosso quello sviluppo. E la riflessione filosofica ed epistemologica ha estratto dalle “rivoluzioni scientifiche” del XX secolo i princìpi di un nuovo pensiero, un pensiero complesso, appunto. Il pensiero complesso insegna a distinguere e connettere, a comprendere le relazioni tra il tutto e le parti. Tuttavia, il paradigma della semplificazione dimora ancora come un sovrano sotterraneo delle nostre menti.