Addio al cardinale gesuita Vanhoye. Una vita da “innamorato” della Scrittura

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Aveva 98 anni. Già professore di Martini, era stato rettore del Pontificio Istituto biblico e per oltre 10 anni segretario della Pontificia Commissione biblica. Nel 2006 la berretta da Benedetto XVI

Era il porporato più anziano del Collegio cardinalizio. Ma soprattutto era uno dei massimi studiosi della Lettera agli Ebrei. Non a caso papa Benedetto XVI all’annuncio della sua porpora nel 2006 lo definì «un grande esegeta». In questa immagine si può condensare la lunga vita del cardinale gesuita Albert Vanhoye spentosi questa mattina mattina, attorno alle 12, nella residenza San Pietro Canisio della Curia generale della Compagnia di Gesù a Roma. In questo luogo così “ameno”, non distante dalla Basilica di San Pietro, aveva deciso di trascorrere l’ultimo tratto della sua vita da quando era diventato professore emerito del Pontificio Istituto biblico di Roma. E solo pochi giorni fa, il 24 luglio scorso, aveva compiuto 98 anni.

Vanhoye era nato infatti nel 1923 ad Hazebrouck, nella diocesi di Lille in Francia. Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1941, era stato ordinato sacerdote nel 1954. Dopo aver conseguito la licenza in lettere alla Sorbona di Parigi, aveva studiato a Roma dove aveva ottenuto nel 1958 la licenza e poi nel 1961 il dottorato in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto biblico presso il quale, dal 1963 al 1993, sarebbe stato professore di esegesi del Nuovo Testamento. Tra i suoi maestri di Sacra Scrittura è giusto ricordare un nome su tutti: il gesuita francese Stanislas Lyonnet «che dovetti sostituire – raccontò una volta a chi scrive – nella cattedra di esegesi del Nuovo Testamento per ordine dell’allora Sant’Uffizio. Perché sospeso dall’insegnamento…».

Tra le mura del Biblico, non distante dalla Gregoriana, ebbe tra i suoi allievi –per uno strano caso del destino –in pieno Concilio Vaticano II anche il già talentuoso gesuita piemontese Carlo Maria Martini. E in un’intervista ad Avvenire nel 2012 fece questa confidenza: «Dovetti dispensarlo dal seguire le lezioni perché sapeva già tutto…». Con Martini e Agostino Bea, oltre a condividere il comune amore per la Parola, padre Vanhoye vantava un altro primato: quello di essere stato il terzo rettore nella storia del Pontificio Istituto Biblico (lo fu dal 1984 al 1990) ad essere stato elevato alla dignità di cardinale.

Nel 1984 venne scelto dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger, come membro e poi segretario (dal 1990 al 2001) della Pontificia Commissione biblica (Pcb). Furono gli anni in cui padre Vanhoye entrò in contatto diretto con il futuro Papa e diventò così il suo esegeta di fiducia e di cui apprezzava la profonda conoscenza per gli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola. Il cardinale francese, tra l’altro profondo conoscitore della figura di san Paolo, è stato anche consultore della Congregazione per l’educazione cattolica (dal 1978) e della Congregazione per la dottrina della Fede (dal 1990). Durante gli anni di padre Vanhoye come membro della Pontificia commissione biblica uscirono a firma del cardinale Joseph Ratzinger due importanti documenti come L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993) e Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana (2001).

Dal 10 al 16 febbraio 2008 Vanhoye ha predicato – nel tempo di Quaresima – gli Esercizi Spirituali alla Curia romana alla presenza di Benedetto XVI sul tema “Accogliamo Cristo nostro sacerdote”. L’illustre esegeta è appartenuto a una grande generazione di studiosi usciti dal Biblico di Roma negli anni del Vaticano II: suoi colleghi furono accademici e gesuiti del rango di Maximilian Zerwick, Ignace de la Potterie e Luis Alonso SchoekelSolo recentemente il cardinale francese aveva ricevuto dal consiglio direttivo del “Catholic Biblical Association of America” il titolo di membro a vita.