‘Che cos’è il Cristianesimo’ raccoglie gli scritti personali del Papa emerito negli anni che ha trascorso nel monastero Mater Ecclesiae dopo le sue dimissioni. Il volume, edito da Mondadori, è disponibile da oggi in libreria e online.
Dopo il discusso libro del suo segretario particolare, Georg Gaenswein, e in parallelo con quello di un suo allievo, il cardinale Gerhard Ludwig Mueller, rischia di creare ulteriore scalpore in Vaticano il libro postumo di Benedetto XVI disponibile da oggi alla lettura. È stato lo stesso Joseph Ratzinger a imporre la pubblicazione di ‘Che cos’è il Cristianesimo’ solo dopo la sua morte perché, come spiega nella lettera affidata al teologo elio Guerriero a cui aveva affidato la curatela, “in vita non voglio più pubblicare nulla. La furia dei circoli a me contrari in Germania è talmente forte che l’apparizione di ogni mia parola subito provoca da parte loro un vociare assassino. Voglio risparmiare questo a me stesso e alla cristianità”.
Il Papa emerito era rimasto molto scosso dal polverone di polemiche nato per un suo contributo inserito nel libro del cardinale Robert Sarah tanto che decise che ogni suo scritto successivo sarebbe stato pubblicato solo post mortem. Parole forti accompagnano anche l’incipit della sua prefazione quando confessa che “dopo le dimissioni dal ministero del successore di Pietro, non avevo piano alcuno per ciò che avrei fatto nella nuova situazione. Ero troppo esausto per potere pianificare altri lavori”. Ma la parte destinata a creare più scandalo è quella relativa allo stesso scritto in cui si parla dei club gay nei seminari (testo che per altro fu pubblicato in lingua tedesca e poi tradotto in italiano nel 2019 sul sito del Corriere della Sera senza che nessuno cogliesse la gravità di quanto scritto). Ratzinger racconta che “in non pochi seminari studenti sorpresi a leggere i miei libri venivano considerati non idonei al sacerdozio” e ,riflettendo sugli scandali sessuali che dilagavano nella Chiesa, riporta anche un episodio: “Un vescovo, che in precedenza era stato rettore, aveva permesso di mostrare ai seminaristi dei film pornografici, presumibilmente con l’intento di renderli in tal modo capaci di resistere contro un comportamento contrario alla fede”.
Inedito anche lo scritto di Benedetto XVI in occasione del centenario della nascita di Giovanni Paolo II. Ricorda il giorno della sua morte e gli striscioni in piazza San Pietro per farlo “Santo subito”. Ma aggiunge un particolare: “In vari circoli di intellettuali si era discusso della possibilità di concedere a Giovanni Paolo II l’appellativo di Magno”. Benedetto XVI spiega che solo due papi sono stati appellati con “Magno”: Leone I (440-461) e Gregorio I (590-604). Leone I convinse il capo degli unni Attila a risparmiare Roma, la città degli apostoli Pietro e Paolo. Gregorio I riuscì a salvare più volte Roma dai Longobardi: “La parola Magno ha una impronta politica presso entrambi”, riporta il Papa emerito. Aggiungendo che la storia di Giovanni Paolo II è innegabilmente somigliante alla loro: “Il potere della fede si rivelò una forza che, alla fine del 1989, sconvolse il sistema di potere sovietico e permise un nuovo inizio“. Ecco il motivo per cui San Giovanni Paolo II potrebbe anche diventare Magno.