Come noto i ministeri istituti, come l’accolitato e il lettorato, che il Papa ha recentemente aperto alle donne, sono affidati con atto liturgico del vescovo, dopo un adeguato cammino, «a una persona che ha ricevuto il Battesimo e la Confermazione e in cui siano riconosciuti specifici carismi». Si tratta di altro rispetto ai ministeri “ordinati”, che hanno invece origine in uno specifico Sacramento: l’Ordine sacro. Cioè i ministeri ordinati del vescovo, del presbitero, del diacono.
Il nuovo Motu Proprio, dunque va nel segno di una valorizzazione del ruolo dei laici nella comunità. Con alcune sottolineature e precisazioni. Primo requisito necessario – ha osservato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione – «la dimensione vocazionale a servire la Chiesa dove il vescovo lo ritiene più qualificante. Il ministero non viene dato per una gratifica personale,ma per il servizio che si intende prestare alla Chiesa locale e e a servizio di dove il vescovo ritiene necessaria la presenza del catechista. Non si dimentichi – ha aggiunto Fisichella – che in diverse regioni dove la presenza dei sacerdoti è nulla o rara, la figura del catechista è quella di chi presiede la comunità e la mantiene radicata nella fede».
A seconda delle proprie tradizioni locali spetterà alle singole Conferenze episcopali individuare i requisiti di età, studio e le condizioni necessarie per accedere al ministero.
Il Motu proprio Antiquum Ministerium rappresenta per la Chiesa che è in Italia un invito a proseguire nella riflessione già avviata con la Lettera Apostolica Spiritus Domini sulla modifica del can. 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico circa l’accesso delle persone di sesso femminile al ministero istituito del lettorato e dell’accolitato.
«L’attenzione riservata da papa Francesco alla figura del catechista ha accompagnato, sin dall’inizio, il suo pontificato. Questo Motu proprio ribadisce e sostiene la riflessione su una prospettiva ben precisa di Chiesa che vive in pienezza la ministerialità come un dono», afferma monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei, commentando la pubblicazione della Lettera Apostolica che istituisce il ministero di Catechista. Si tratta di un documento che valorizza e mette in luce l’azione catechistica delle comunità, che si svolge nel particolare contesto delle Chiese del nostro Paese. «Un contesto che, nonostante le ferite provocate dalla pandemia – osserva monsignor Russo – può e deve rigenerarsi per riconnettere il tessuto comunitario alla luce dell’esperienza della fede». QUI IL TESTO
È quanto aveva sottolineato, tra l’altro, il Papa il 30 gennaio scorso, nel discorso rivolto ai partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale: «Questo è il tempo per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno. È il tempo di comunità missionarie, libere e disinteressate, che non cerchino rilevanza e tornaconti, ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è al margine. È il tempo di comunità che guardino negli occhi i giovani delusi, che accolgano i forestieri e diano speranza agli sfiduciati. È il tempo di comunità che dialoghino senza paura con chi ha idee diverse. È il tempo di comunità che, come il Buon Samaritano, sappiano farsi prossime a chi è ferito dalla vita, per fasciarne le piaghe con compassione».
Con questo Motu proprio, conclude monsignor Russo, «il Papa rilancia l’impegno per ogni comunità: il catechista risponde a una chiamata e lo fa per sempre. In un tempo fluido è importante avere coscienza che quel ‘sempre’ è un orizzonte di senso per una Chiesa ministeriale».