Con Maria nessun nome è «adespota». Giovanni chiamato «Franciscus» ed Hélder, un pezzo di cielo al Concilio (di Paolo Scarafoni e Filomena Rizzo)

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Per i battezzati un nome si dice «adespota», senza padrone, privo di protettore, quando non trova corrispondenza nel calendario dei santi e beati riconosciuti, che sono soltanto una piccola parte di tutti quelli presenti in Paradiso. Il 1° novembre, festa di Ognissanti, la Chiesa cattolica li festeggia con gioia.

Questo giorno è un’occasione per pensare alla storia del proprio nome e all’importante ruolo dei genitori e dei padrini nella scelta. Anche in Italia, da tempo le coppie decidono di chiamare i loro figli con nomi che non hanno attinenza con la santità né con le radici cristiane. Lo stato italiano impone alcune regole negli articoli 34 e 35 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396: vieta tra l’altro di imporre nomi ridicoli e vergognosi. La fantasia comunque regna sovrana. Molti si ispirano ai divi dello spettacolo, agli influencer, ai campioni dello sport, a luoghi geografici, ai continenti, addirittura a neologismi per essere originali e unici. Per la legge italiana, in caso di eccessi, spetta al procuratore della Repubblica rettificare o meno il nome imposto. Il Codice di Diritto Canonico stabilisce nel canone 855 che «i genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non venga imposto un nome estraneo al senso cristiano».

Ma il disagio è forte. Non pochi si lamentano che il vecchio martirologio è scomparso e si preferiscono nomi pagani; li rimproverano per la cancellazione della memoria, il rifiuto del passato, la perdita delle radici culturali e familiari. Ricorrono alle frasi fatte: «non è più come una volta», «i giovani oggi non hanno più rispetto per niente», «di questo passo chissà dove andremo a finire».

Sono le stesse espressioni che avranno detto gli anziani di Assisi alla fine del dodicesimo secolo, quando Pietro di Bernardone al ritorno dal suo viaggio d’affari in Provenza, trovò già battezzato il figlio maschio con il nome di Giovanni ma preferì chiamarlo Franciscus, «francese», in segno di buon augurio per i lauti commerci, e per onorare le origini francesi di sua moglie. Mai avrebbe pensato che un nome voluto per rendere omaggio alla ricchezza, facesse riscoprire al mondo cristiano «sorella povertà». Contro ogni pronostico, suo figlio Francesco è passato alla storia non come un ricco mercante, ma come il «poverello d’Assisi».

Anche gli anziani di Fortaleza in Brasile, avranno pensato male del signor João Edoardo Câmara e dello strano nome Hélder dato all’undicesimo dei suoi tredici figli, colui che è stato uno dei grandi protagonisti al Concilio Vaticano II. Chissà quante volte Dom Hélder Câmara ha dovuto spiegare il perché del suo nome. Piccolo di statura, occhi sporgenti, orecchie a sventola, carnagione tendente al grigio… piuttosto bruttino, ma con un nome che si apre all’infinito. Raccontava che i poveri, e lui veniva da una famiglia semplice, curano più dei ricchi la scelta del nome per i loro figli. Un buon auspicio per la loro vita, l’unico dono che possono fare. Non avendo spesso null’altro da offrire, cercano un nome straordinario. La famiglia Câmara viveva in Brasile, a  Fortaleza appunto, un tempo dominata dagli olandesi. Il papà, João Edoardo, libraio, prese il nome per il figlio da un suggestivo porto dell’Olanda, ma ancor di più scelse quello strano nome perché scoprì, durante le sue letture, che era una sfumatura del cielo. Quando gli olandesi vogliono dire che il cielo è bello, luminoso, chiaro, brillante, cosa per loro non scontata e particolarmente gradita, dicono: «heldere lucht». E don Hèlder è stato davvero una luce per la Chiesa; pur non essendo mai intervenuto durante le sessioni, tutti conoscevano il suo carisma e la sua indubbia capacità organizzativa. Uno spicchio di cielo nel Concilio.

In ogni tempo la scelta del nome per il figlio è uno dei momenti più emozionanti e coinvolgenti per la coppia e per la famiglia tutta. Per i genitori che intendono battezzare i loro bambini è consigliato aggiungere al nome scelto, un nome di senso cristiano. Sarebbe bello se diventasse una consuetudine d’amore sia per le femmine, sia per i maschi portare uno dei nomi più cari, quello della Madre di Gesù, «nome dolcissimo, nome d’amore». Anche la legge italiana con la circolare del Ministero degli Interni n. 9/2001, ha stabilito che il nome «Maria», sicuramente femminile, può essere imposto ad un neonato di sesso maschile collocandolo dopo un primo elemento tipicamente maschile. Questa scelta, secondo noi accontenterebbe molti. L’aggiunta di Maria come secondo nome, è la garanzia che nessun nome è senza protettore, è «adespota».

Siamo certi inoltre, che, come san Francesco e il servo di Dio Hélder, tante Jessica, Samantha, Melania, Rain, Brad, Vasco, anche oggi rispondono alla chiamata del Signore con generosità, e saranno santi in Paradiso e i loro nomi saranno scritti nel Regno dei cieli e alcuni anche segnati nel calendario della Chiesa, che si rinnova costantemente.