di Víctor Manuel Fernández
Presentiamo oggi una Nota dottrinale. Ed è bene specificare che l’espressione “dottrinale” nel titolo indica che questo documento ha un valore speciale, superiore agli altri documenti che abbiamo pubblicato negli ultimi anni. Firmata dal Papa, appartiene al Magistero ordinario della Chiesa e dovrà essere presa in considerazione in relazione allo studio e all’approfondimento di argomenti mariologici. Se si volessero confrontare alcune traduzioni, la versione originale è quella spagnola.
Senso e proposito del documento
Questo testo non è un qualcosa che di colpo cade dal cielo. Esso risponde a numerose domande e proposte che sono giunte presso la Santa Sede soprattutto negli ultimi trent’anni e che riguardano la devozione mariana e alcuni titoli mariani. Si tratta, dunque, di questioni ripetutamente trattate nei diversi ambiti di studio del Dicastero, come Congressi, Sessioni ordinarie ecc.
Ed è così che già ai tempi del cardinale prefetto Ratzinger c’era stato un accurato studio su questi argomenti. In quell’occasione il futuro Benedetto XVI si era personalmente coinvolto, insieme ai membri della Feria IV, e ne era scaturita un’analisi alla quale il Papa san Giovanni Paolo II aveva prestato particolare attenzione. La conclusione di Ratzinger come prefetto si trova citata nella Nota. È un po’ inusuale in questo caso, ma ci serve per illustrare il percorso fatto. Quello studio si concluse con una risposta che gli interessati non avevano fatta pubblica, sebbene i suoi concetti fondamentali siano stati riaffermati dal prefetto Ratzinger in un suo libro posteriore.
Questo è solo un esempio significativo che ci conferma che c’è una ricca storia di decenni dietro questo documento. Il Dicastero finalmente ha ritenuto pertanto che è giunto il momento di esprimere pubblicamente alcune conclusioni di questo lungo studio.
Chiarisco qualcosa sul tema. Vedete, ad esempio, Evangelii gaudium è un documento «sull’annuncio» del Vangelo, non sull’evangelizzazione. È importante notarlo, perché l’evangelizzazione è un tema molto più ampio. Se non si avverte questa chiave d’interpretazione il documento non si interpreta bene.
Ora dico che, sebbene il documento che oggi presentiamo risponde a questioni riguardanti alcuni titoli mariani, il suo tema è piuttosto quello del rapporto di Maria con noi. Parliamo cioè dell’autentica devozione mariana alla luce della Parola di Dio. Il motivo mariano di fondo che attraversa queste pagine è la maternità di Maria nei confronti dei credenti, questione che torna e ritorna lungo tutto il documento, come leitmotiv.
La maternità di Maria nei nostri confronti, che provoca la devozione dei fedeli (questo tema è il tema centrale), ha due aspetti fondamentali che sono quanto di più bello e importante possiamo dire di lei: il primo è quello della vicinanza materna, che si esprime in modi molto diversi, anche nell’esistenza concreta di ogni giorno. E il secondo è quello dell’intercessione materna che ci accompagna sempre. Non bisogna, pertanto, inventare altri concetti per valorizzare il significato concreto di Maria per la nostra vita.
Proprio perché la Nota vuole riconoscere il valore di questa devozione, offre un ampio approfondimento sulla devozione mariana nella Bibbia. In questo modo si conferma che essa non è un’invenzione della Chiesa o un prodotto meramente psicologico o culturale, ma un’opera dello Spirito Santo nei fedeli.
Ad esempio, guardiamo al testo sulla visita di Maria ad Elisabetta. Elisabetta si presenta come indegna di ricevere la visita di Maria: «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (Lc 1, 43).
Elisabetta non dice: «Chi sono io perché il mio Signore venga a me?». Essa si riferisce direttamente alla madre. Ed Elisabetta parla colma di Spirito Santo (cfr. Lc 1, 41), in maniera tale che il suo atteggiamento dinanzi a Maria si presenta come opera dello Spirito. Mossa dallo Spirito, non le basta chiamare Gesù «benedetto», ma chiama «benedetta» anche la madre: in questo momento di gioia messianica li contempla intimamente uniti.
Il documento analizza anche altri testi sacri, come la narrazione sulle nozze di Cana o il racconto della presenza di Maria presso la Croce come madre dei discepoli, e lascia emergere così i fondamenti biblici dell’intercessione mariana.
Amare la fede dei semplici
La devozione mariana, che la maternità di Maria suscita, è presentata qui come un tesoro della Chiesa. Possiamo dire che questa Nota è un canto alla devozione popolare mariana, che coglie sempre in Maria accoglienza, incoraggiamento, tenerezza e speranza. Vogliamo valorizzare questa devozione preziosa, riconoscerne la bellezza, ringraziare lo Spirito Santo che la suscita.
Non vogliamo giudicare i cristiani semplici come credenti di seconda classe perché non hanno fatto corsi di teologia o perché non partecipano alle strutture della Chiesa; vogliamo, invece, imparare da loro la fresca fiducia, la capacità di fidarsi senza esitazioni, la tenerezza viva del loro amore spontaneo verso Maria.
Tanti di loro non dubitano che esista la trascendenza, non si mettono a ragionare se Dio esista o meno, sanno con certezza che hanno bisogno del mistero che li supera. E, come dicevano i vescovi latinoamericani ad Aparecida, i poveri «incontrano la tenerezza e l’amore di Dio sul volto di Maria. In lei loro vedono riflesso il messaggio essenziale del Vangelo» (Ap, 265).
In che senso i più semplici trovano in Maria il volto del Vangelo? Perché lo Spirito Santo che ha ispirato il Vangelo è lo stesso che ha fatto di Maria la «piena di grazia». Quello che lo Spirito esprime nel Vangelo, l’ha scolpito in Maria, nel suo volto. Nel punto 77 della Nota si mostra questo, concretamente, in un intreccio di testi biblici. Dice così: «Il popolo fedele non si allontana da Cristo, né dal Vangelo, quando si avvicina a lei», perché in questo volto vede riflesso il Signore che ci cerca e che viene incontro a noi con le braccia aperte. Nel volto di Maria, il popolo legge questa vicinanza, il Signore che si ferma davanti al cieco nel cammino e dice: «Che vuoi che faccia per te?». Il popolo trova nel volto di Maria questo messaggio, il Dio che ci guarda con amore, che non ci condanna. Questo volto di donna canta il mistero dell’incarnazione, riconoscendo il mistero della Croce, e in quel volto illuminato dalla luce pasquale si percepisce che Cristo è vivo. In questo intreccio si capisce che il popolo legge il Vangelo nel volto di Maria.
Bisogna capire che questa fede ha un modo proprio di manifestarsi, che non è quello delle parole, delle teorie o delle spiegazioni, ma è, piuttosto, una espressione mistagogica e simbolica di quell’attitudine evangelica di fiducia nel Signore che lo stesso Spirito Santo suscita liberamente nei credenti. E un tale atteggiamento è fortemente collegato a Maria di Nazaret.
I credenti, cioè, che possono pure ornare le effigi mariane di fiori e di dettagli d’oro e di gloria, non dimenticano mai che in quelle effigi si onora la Maria storica che incontriamo nei Vangeli, quella che è una di loro. Lei che, come le nostre donne, ha portato suo figlio in grembo, lo ha allattato, lo ha cresciuto amorevolmente, e non senza i problemi della maternità (cfr. Lc 2, 48-50).
È ancora colei che canta al Dio che «ha ricolmato di beni gli affamati, e ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1, 53), colei che soffre con gli sposi che sono rimasti senza vino per la loro festa (cfr. Gn 2, 3), che sa correre per dare una mano alla cugina che ne ha bisogno (cfr. Lc 1, 39-40), che si lascia ferire, come trafitta da una spada a causa della storia del suo popolo (Lc 2, 35); è colei che capisce cosa significa essere un migrante o un esule (cfr. Mt 2, 13-15), che nella sua povertà può offrire solo due piccoli colombi (cfr. Lc 2, 24) e che sa cosa vuol dire essere disprezzati per appartenere alla famiglia di un povero falegname (cfr. Mc 6, 3-4).
Loro capiscono che questa, una di loro, è la loro Madre. Questa Madre accompagna la fede e la vita dei semplici con la sua intercessione e con la sua vicinanza materna e per molti diventa il grande sostegno che esprime la vicinanza di Cristo con un volto di donna.
«Mater Populi»
Il titolo del documento mostra che la devozione mariana non è solo una questione individuale o intimistica, ma che la devozione mariana è la forza di un popolo di credenti.
Il popolo non è la somma degli individui, ma un tessuto che formiamo insieme, dove la fede di uno stimola la fede degli altri, dove manifestiamo insieme la nostra fede, e questa vita comunitaria ci sostiene. Nella pietà popolare questo aspetto si verifica specialmente nei pellegrinaggi.
Ma che sia una esperienza comunitaria non significa che allo stesso tempo quella dei pellegrinaggi non sia un’esperienza meravigliosamente personale ed intima. Continua il testo di Aparecida: «L’arrivo è un incontro d’amore. Lo sguardo del pellegrino si posa su un’immagine che simboleggia la tenerezza e la vicinanza di Dio. L’amore si ferma, contempla il mistero e lo gusta in silenzio. Anche lui è commosso, riversa tutto il peso del suo dolore e dei suoi sogni. La supplica sincera, che fluisce con fiducia, è la migliore espressione di un cuore che ha rinunciato all’autosufficienza, riconoscendo che nulla può realizzare da solo. Un breve istante condensa una vivida esperienza spirituale» (Ap, 259).
Guardate: spiega che il pellegrino arriva, e di fronte allo sguardo della madonna «l’amore si ferma, contempla il mistero, lo gusta in silenzio». Non è una religiosità mariana di scarso valore.
Chiarimenti su alcuni titoli mariani
Solo in questo contesto preciso si colloca bene e si comprende la preoccupazione per chiarire la portata di alcuni titoli mariani.
E questa è una distinzione molto, molto importante perché, oltre alla diffusa pietà popolare, esistono alcuni gruppi di ispirazione mariana, alcune pubblicazioni, nuove forme di devozione e diverse richieste di dogmi mariani che prendono la parola sui titoli mariani. Essendo molto presenti nel web risvegliano con frequenza dubbi nei fedeli più semplici.
Perciò, il presente documento prende in considerazione tali proposte, per indicare in che senso alcune di esse rispondono a una devozione mariana genuina e ispirata al Vangelo, o in quale senso altre devono essere evitate, perché non favoriscono un’adeguata comprensione dell’armonia del messaggio cristiano.
Non si tratta di giudicare le intenzioni di questi gruppi e persone — sicuramente oneste e piene di fede — che tentano di esprimere in nuovi modi la bellezza di Maria.
Tempo fa mi sono fermato a lungo davanti alla pietà di Michelangelo. Guardando le braccia ferme di Maria, il suo volto che esprime un immenso dolore e allo stesso tempo la forza della sua maternità, e tanti altri messaggi assai belli, ho capito come, di fronte a tale bellezza, alcuni gruppi vogliano dire di tutto e di più su Maria.
Ma allo stesso tempo è compito proprio del Magistero quello di discernere, al fine di tutelare la genuina fede del popolo di Dio.
E sottolineo che non si tratta solo del titolo “Corredentrice”, sono stati studiati altri titoli. E abbiamo un grosso problema: alcuni non hanno rispettato l’embargo e hanno pubblicato quello che dice il nostro documento sul titolo “Corredentrice”, ma questi paragrafi non si capiscono se non si legge tutto il documento. E poi aggiungono nei loro commenti: «Ma non dice quello, ma non dice questo», e questi aspetti si dicono cinque, dieci, venti pagine dopo.
Qui la Nota formula l’invito, come aveva fatto lo stesso cardinale Ratzinger, a prendere molto sul serio alcuni testi biblici perentori, come questi due testi che seguono e che vanno letti sine glossa, senza annacquarli: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4, 12).
«Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato sé stesso in riscatto per tutti» (1 Tim 2, 5-6).
Di fronte a due testi così chiari, così forti della Parola rivelata, non si farebbe pertanto alcun omaggio alla Madonna se questa convinzione centrale venisse indebolita. La Chiesa ha spiegato questo posto unico di Cristo per il fatto che, essendo Egli Figlio eterno e infinito, a Lui è unita ipostaticamente l’umanità che Egli ha assunto. Tale posto è esclusivo della sua umanità e le conseguenze che ne derivano possono applicarsi solamente a Cristo. Questo non esclude che, in altri sensi, il Figlio coinvolga Maria in una «mediazione partecipata».
E si torna sempre al centro: la maternità spirituale di Maria che si esprime particolarmente nella sua intercessione, ma anche in gesti materni che ci motivano ad aprire il cuore alla grazia che soltanto Dio può creare e comunicare nel più intimo dei nostri cuori. Solo Dio salva, solo Lui infonde la sua grazia che ci fa ineffabilmente vicini a Lui in modo tale che nemmeno Maria può situarsi fra noi e Lui.
Questi chiarimenti vogliono mantenere il necessario equilibrio tra i misteri della fede. Per l’adeguata trasmissione della fede sono fondamentali due cose: proprio l’armonia tra i diversi misteri della fede, insieme alla gerarchia che esiste tra loro in questo complesso armonico, è fondamentale per l’adeguata trasmissione della fede. Alle volte è facile rompere questa armonia, del tutto.
Aggiungo una questione che non troverete sul testo stampato: la Nota cerca, in conclusione, di accompagnare e sostenere l’amore dei credenti verso Maria e la fiducia nella sua intercessione materna; allo stesso tempo si impegna ad evitare che questa fede perda la sua freschezza e il suo profumo di Vangelo. Ricordate santa Teresina, che diceva «io preferisco la Madonna al Vangelo», e lo diceva così, chiaramente. In questo modo si supera la dialettica tra massimalismo e minimalismo mariano: divinizzarla o farla diventare solamente un simbolo. Tra di essi c’è questa posizione di Ratzinger e quella nostra, e questa sintesi di valutazione positiva e di cura vigilante si trova negli ultimi tre Pontefici: in Benedetto XVI con la sua devozione mariana sobria ma intensa, in Papa Francesco che nutriva riserve sul titolo di corredentrice ma con devozione esuberante. Guardiamo i gesti: prima e dopo ogni viaggio si recava alla Salus Populi romani, quando aveva un problema si rivolgeva all’effigie della “Madonna che scioglie i nodi”. In conversazioni che ho avuto con lui su temi complicati, arrivava il momento in cui chiedeva il permesso di una pausa, e si fermava un attimo di fronte a questa effigie. Da ultimo, il mattino in cui è deceduto, mi hanno chiamato, sono andato a dargli il mio addio, e prima di stringergli la mano mi sono fermato di fronte al suo comodino: lì c’erano diverse immagini della Madonna a cui lui teneva tantissimo. Ho provato emozione e tenerezza di fronte a queste immagini.
Né Papa Benedetto, né Papa Francesco rifiutavano alcuni titoli per mancanza di amore a Maria, tutto il contrario: era un atto di amore. Lo stesso possiamo dire della solida e intensa fede mariana di Leone XIV. Egli come membro del Dicastero ha partecipato alla Feria IV e l’ha firmata come Pontefice. Questo documento non piacerà ad alcuni, ma in questo superamento della dialettica tra massimalismo e minimalismo, ci si prende così cura della fede del popolo fedele senza complicarla con questioni che non appartengono alle preoccupazioni della stragrande maggioranza dei fedeli, né aggiungono niente di essenziale al loro amore verso Maria.