Francesco e il principio monarchico: Padre Vesco e la questione della autorità (di Andrea Grillo)

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In una intervista ispirata, l’Arcivescovo di Algeri, Jean-Paul Vesco ha offerto una intelligente lettura del papato di Francesco, giunto al suo anniversario decennale. Già nel titolo individua subito il centro della propria attenzione: « François remet la sacralité de la fonction à sa juste place ». Una ricollocazione della “sacralità della funzione” appare ai suoi occhi come il cuore di questo decennio. Va ricordato che Vesco non è solo Arcivescovo di Algeri, ma è anche un Padre domenicano e un ex-avvocato civilista del foro di Parigi. Queste tre caratteristiche lo rendono particolarmente acuto e sensibile nella lettura del pontificato di Francesco. Proviamo a seguire meglio il ragionamento offerto da Vesco lungo il corso della intervista, offrendone un piccolo riassunto commentato in lingua italiana.

a) La prima caratteristica del papato di Francesco è una cambiamento del rapporto tra Chiesa e mondo. Questo passa per una serie di piccoli gesti simbolici che hanno costellato fin dall’inizio il suo pontificato, ma attraverso i quali egli rivoluziona i codici monarchici con cui l’autorità papale ed episcopale è stata interpretata nel corso della storia. Conservare anello e croce da Arcivescovo di Buenos Aires, non occupare gli appartamenti del palazzo apostolico, portare lui stesso la sua borsa salendo sull’aereo, chiamare in prima persona al telefono i suoi interlocutori, spostarsi con automobili utilitarie…sono tutti simboli di un altro modo di pensare la autorità ecclesiale rispetto al mondo. Si tratta di una tendenza che era iniziata con Giovanni XXIII e che trova ora una accelerazione in termini di “fraternità”, parola-chiave del pontificato.

b) Questa distanza più corta tra chiesa e mondo implica anche un cambiamento di linguaggio. Esemplari sono, da questo punto di vista, le interviste “in quota”, dove la parola sciolta, diretta, pronunciata anche con stanchezza o con esitazione, senza i crismi della ufficialità, crea spesso un imbarazzo legato alle attese di una espressione più fredda e meno umana.

c) Su questo punto si alzano le proteste di coloro che imputano a questa tendenza una “desacralizzazione” della funzione e del ministero papale. Secondo Vesco, invece, questo è “ricollocare al suo giusto posto la sacralità della funzione”. In che cosa consiste, in ultima analisi, la autorità da salvaguardare? Nel dar voce al Vangelo. E questo non si può fare nella distanza e nel sollevare muri. “Nel desacralizzare ciò che è stato troppo sacralizzato sul piano umano nella funzione del papa, Francesco rinforza la propria autorità“.

d) Un “principio monarchico” nella Chiesa merita un ripensamento radicale. “La Chiesa cattolica ha improntato il suo modello di organizzazione su quello di una monarchia assoluta di diritto divino. Come per la investitura di un re, il vescovo, detentore dei tre poteri esecutivo, legislativo e giudizionario, riceve al momento della ordinazione un anello, una mitria come una corona, una croce come uno scettro, una cattedra come un trono, uno stemma e un titolo. Tutto ciò è chiaramente giustificato da un senso spirituale che sublima questi gesti e dona loro una consistenza, ma bisogna essere coscienti del loro substrato umano ispirito dal modello politico monarchico. Non si tratta di contestare ciò che è costitutivo del corpo istituzionale della nostra Chiesa, ma è conveniente averne coscienza, di tenerlo al suo giusto posto, evitando di sacralizzarlo all’eccesso. E’ anche utile lavorare per equilibrare i poteri, come sanno fare le monarchie moderne“.

e) Questo tema dell’esercizio monarchico del potere, nella forma storica di un potere assoluto, si collega strettamente al tema degli abusi, che sono, nella loro radice, “abusi di potere”. Per combattere gli abusi bisogna superare figure, rappresentazioni e forme di potere senza limiti e senza controllo.

f) Un paradosso sembra apparire in Francesco: il superamento del potere monarchico si mostra, non di rado, in atti di assunzione netta e decisa della autorità papale. Spesso sono Lettere “Motu Proprio date” ad aprire nuove fasi di confronto curiale ed ecclesiale. Diremmo che per superare la autorità assoluta si usa della autorità assoluta. Qui forse occorre precisare che Jorge Mario Bergoglio è un religioso, è un gesuita, abituato ad una gestione della autorità molto decisa. E che per mettere in moto processi di cambiamento occorre un investimento di forza e di decisione che può scioccare ed anche ferire. La domanda di “preghiera per sé”, che papa Francesco ripete continuamente, si lega anche e forse soprattutto a questo travaglio.

g) Il disegno di “riforma della Chiesa” dall”interno in Francesco ha la forma di una ricollocazione della persona al centro della Chiesa. Questo non implica una contestazione della dottrina, ma un profondo ripensamento della dottrina. “Egli ha ricollocato la persona al centro del magistero, e questo ne modifica la prospettiva e introduce un rapporto più complesso con la verità. Scegliendo deliberatamente di andare verso il mondo e quindi anche verso la periferie, credo che Francesco abbia veramente contribuito a rimettere il Vangelo al cuore della Chiesa e la la Chiesa al cuore del mondo”.