I Catechisti, oggi: testimoni di Cristo

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Età media 50 anni, livello culturale elevato (il 79,9 per cento è diplomato o laureato), quasi la metà degli intervistati (47,3 per cento) dichiara di svolgere questo servizio da più di dodici anni: è l’identikit del catechista che emerge dall’indagine Essere catechisti oggi (Las, Roma, 2021), promossa dall’Istituto di catechetica dell’Università Pontificia Salesiana di Roma.

I catechisti di oggi formano, quindi, un movimento consistente, sono consapevoli dell’importanza del proprio ruolo nelle comunità cristiane, vedono nella testimonianza lo strumento migliore per educare, chiedono una formazione di qualità e per la maggior parte sono donne ma cresce la presenza maschile.

La ricerca, a distanza di oltre sedici anni dall’ultima dal titolo Catechisti e catechesi all’inizio del terzo millennio, è stata rilanciata dalla lettera apostolica in forma di “motu proprio” Antiquum ministerium, con la quale Papa Francesco ha istituito il ministero di catechista, nel segno di una valorizzazione del ruolo dei laici nella comunità.

Dall’indagine emerge che l’attività catechistica principale rimane quella della preparazione ai sacramenti (41,2 per cento con fanciulli della scuola primaria; 24,1 per cento con preadolescenti della scuola media; 7,4 per cento con adolescenti; 4,7 per cento con persone che si preparano al matrimonio). Solo il 3,9 per cento si rivolge agli adulti in genere e il 6,1 per cento ha come interlocutori appartenenti a comunità, associazioni, movimenti. «Il quadro che viene proposto — ha spiegato don Ubaldo Montisci, direttore dell’Istituto di catechetica dell’Università Pontificia Salesiana — offre la mappa e la bussola per rilanciare la catechesi in Italia nell’orizzonte della “nuova evangelizzazione” il cui volano è costituito dalla formazione dei catechisti e dalla promozione di comunità cristiane adulte, capaci di “generare” alla fede».

Gli intervistati hanno manifestato un rifiuto netto di un’idea di catechesi vista come trasmissione di nozioni da apprendere e come percorso finalizzato alla sola ricezione dei sacramenti. La catechesi, piuttosto, è intesa come una realtà dinamica, nella logica della formazione permanente alla vita cristiana, che ha lo scopo primario di mettere le persone in relazione con Gesù Cristo e favorire un’esistenza coerentemente ispirata ai valori evangelici. Si ritiene che la significatività della catechesi nell’attuale società della comunicazione sia possibile a patto che si rinnovi «profondamente nel linguaggio che utilizza» (48,6 per cento), curi «maggiormente la preparazione dei catechisti» (43,8), si aggiorni nei contenuti che trasmette (15,4).

Traspare, inoltre, l’esigenza di un ripensamento dei percorsi di educazione alla fede. Tra quelle più sentite vi è l’attenzione da dedicare ai giovani e agli adulti, la piena valorizzazione delle famiglie e una migliore collaborazione con le varie agenzie educative presenti sul territorio, la necessità di una più solida competenza nell’utilizzo dei social media. Gli intervistati hanno indicato tre ambiti su cui concentrare gli sforzi per renderla significativa nell’attuale società della comunicazione: il profondo rinnovamento del linguaggio, la cura della preparazione dei catechisti, l’aggiornamento dei contenuti che trasmette. Rispetto ai luoghi in cui si può fare catechesi, attira molto l’attenzione il fatto che la scelta della «famiglia» superi, anche se di poco, quella della «propria comunità parrocchiale» (rispettivamente 81,5 per cento e 80,1 per cento). Anche gli «altri ambienti di vita» riscuotono un’alta percentuale di scelte (70,4 per cento), mentre la «scuola come materia scolastica» e «solo la parrocchia sotto l’autorità del parroco» vengono segnalate dall’8,3 e dal 6,7 per cento del campione. Il 4,7 per cento degli intervistati esprime il proprio parere segnalando «altri luoghi», tra cui spicca particolarmente l’oratorio e qualsiasi posto in cui sia presente un testimone del Vangelo.

Tra le situazioni considerate difficoltose in rapporto alla propria esperienza, quella maggiormente segnalata dal campione (89 per cento) come abbastanza o molto difficoltosa è «l’impossibilità a lavorare con le famiglie nella formazione dei figli».

Ma quali sono le motivazioni alla base della scelta di diventare catechista? La più condivisa si riferisce alla «missione evangelizzatrice di ogni cristiano» (84 per cento); seguono «la pluralità di esperienze di fede», il «desiderio di insegnare la fede», «una richiesta del parroco», «una vocazione ecclesiale particolare». Le ultime due motivazioni sono «la necessità di lavorare in gruppo» (33,8 per cento) e il «bisogno di autorealizzarsi» (14,2 per cento).

In riferimento all’identità, l’immagine che più di ogni altra il catechista dovrebbe richiamare è quella del «testimone di Cristo», che ha ricevuto il 96,4 per cento di preferenze, seguita da quella del «comunicatore di esperienze di fede» (91,9 per cento) e «annunciatore della parola di Dio» (89,6). Fra le condizioni necessarie affinché un catechista acquisisca e sviluppi la sua identità ne spiccano alcune in particolare: la formazione, iniziale e permanente, la cura della propria vita cristiana attraverso il confronto con la parola di Dio, la partecipazione alla liturgia e la preghiera.

Relativamente ai contenuti che non possono mancare nella formazione dei catechisti, le indicazioni degli intervistati sono abbastanza distribuite, concentrandosi soprattutto su «i contenuti della fede» e «la conoscenza della Bibbia». Quasi la metà del campione segnala, inoltre, come indispensabile «l’esperienza di preghiera», «la competenza comunicativa», «la conoscenza e l’uso della metodologia catechistica».

Infine, l’appartenenza alla comunità cristiana e in particolare alla propria comunità parrocchiale caratterizza la vita del catechista che condivide con gli altri tempo, progetti e attività. Le caratteristiche ritenute più importanti per qualificare una comunità sono: «la comunione tra i membri della comunità» (71,4 per cento); a seguire, «la pratica del Vangelo che scaturisce dalla celebrazione liturgica», «la consapevolezza di essere discepoli di Cristo», «la condivisione della parola di Dio fatta da persone concrete», «la presa di responsabilità attiva nel costruire relazioni», «la predilezione per i poveri».

Tra le aspettative dei catechisti verso le proprie comunità, quasi all’unanimità sono ritenuti sempre importanti «la collaborazione delle famiglie» (99,5 per cento) e «il sostegno del parroco» (99,2 per cento). Seguono, a una certa distanza, «una buona organizzazione dell’Ufficio catechistico diocesano», «la corresponsabilità con i movimenti ecclesiali e le associazioni parrocchiali», «la collaborazione di esperti nel settore psicopedagogico», «la partecipazione dei centri di formazione degli adulti» e «l’intervento di esperti della comunicazione».

di Francesco Ricupero