Il caso di P. Rupnik, la presa di posizione della Compagnia di Gesù

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Su richiesta del Dicastero della Dottrina della Fede a Compagnia ha aperto una indagine previa riguardante il modo di esercitare il ministero del padre gesuita

La Compagnia di Gesù ha comunicato che “il Dicastero per la Dottrina della Fede ha ricevuto una denuncia nel 2021 nei confronti di p. Marko Ivan Rupnik S.J. riguardante il suo modo di esercitare il ministero. Non era coinvolto alcun minorenne”.

Su richiesta del Dicastero la Compagnia ha aperto una indagine previa il cui rapporto finale è stato consegnato al Dicastero medesimo.

 

“Dopo aver studiato il risultato di questa indagine, il Dicastero della Dottrina della Fede ha constatato che i fatti in questione erano da considerarsi prescritti e ha quindi chiuso il caso, all’inizio di ottobre 2022”.

La Compagnia di Gesù precisa che “durante il percorso dell’indagine previa, varie misure cautelari sono state prese nei confronti del p. Rupnik: proibizione dell’esercizio del sacramento della confessione, della direzione spirituale e dell’accompagnamento di Esercizi Spirituali. Inoltre, era fatto divieto a p. Rupnik di esercitare attività pubbliche senza il permesso del suo Superiore locale. Queste misure a tutt’oggi in vigorecome misure amministrative, anche dopo la risposta del Dicastero per la Dottrina della Fede”.

La Compagnia di Gesù – conclude il comunicato dei Gesuiti – “prende in seria considerazione ogni denuncia nei riguardi di uno dei suoi membri”.

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La notizia riportata dai giornali: Il gesuita artista famoso nel mondo abusa di suore ma il Vaticano archivia e tace. «Reati prescritti»

C’è un bruttissimo caso di abusi che riguarda uno dei gesuiti più famosi al mondo che sta gettando un’ombra inquietante sul pontificato di Francesco e sulla segretezza con la quale la Santa Sede continua – ancora oggi – a trattare vicende del genere. Il religioso che ha abusato di diverse vittime è l’artista padre Marko Rupnik, conosciuto a livello internazionale per i mosaici realizzati nei principali santuari, tra cui anche nella chiesa di Padre Pio, nel seminario del Vicariato a Roma e nella cappella nel Palazzo Apostolico. Rupnik continua a fare conferenze in giro per il mondo, tutte basate sull’etica, il valore della purezza e la forza del Vangelo. 

Il gesuita artista famoso nel mondo abusa di suore ma il Vaticano archivia e tace. «Reati prescritti»© Fornito da Il Messaggero

Nel giugno di quest’anno una vittima che chiameremo Luisa (ma non è il suo vero nome) è tornata a scrivere ai vertici vaticani (i cardinali Ladaria, De Donatis, il vescovo Libanori, padre Zollner e padre Sosa, superiore generale dei Gesuiti) per ri-raccontare a 28 anni dalla prima denuncia al Vaticano la sua storia di abusi sessuali, spirituali psichici nonché di vere e proprie manipolazioni. Luisa chiedeva di intervenire per impedire che padre Rupnik continuasse a tenere conferenze in giro per il mondo come se niente fosse, compreso un seminario dal titolo: creatività nel sacerdozio e nel matrimonio. «Questa triste realtà fa nascere in me il dubbio di non essere stata creduta».

La donna – una serissima e stimata professionista – afferma che tutti i padri gesuiti superiori di Rupnik «e quanti vennero a conoscenza dei fatti, decisero di coprire tutto con una coltre di silenzio. Fu gioco facile perché io stavo troppo male ed ero completamente sola». Ma ad avvalorare le parole drammatiche di Luisa è la denuncia di un’altra donna, stavolta una religiosa laica che chiameremo Vera.

Anch’essa nel giugno di quest’anno ha preso carta e penna stanca di vedere padre Rupnik in giro per il mondo a pontificare sulla fedeltà al sacerdozio e alla Chiesa. Stavolta a muovere Vera non sono tanto gli abusi sulla sua persona, perchè non è mai stata abusata, ma l’essere stata testimone nel corso degli anni di una valanga di denunce di religiose ed ex religiose per abusi di potere da parte del gesuita Rupnik. La posizione dell’artista è particolarmente delicata poiché in virtù della sua fama può vantare simpatie e appoggi, dentro e fuori la Chiesa. 

A proposito delle vittime di Rupnik, Vera scrive: «La loro testimonianza, per quanto mi è noto, non è stata mossa da una ricerca di vendetta, bensì dalla preoccupazione per altre persone che potrebbero ancora cadere nella stessa trappola. Faccio mia la loro preoccupazione, consapevole che le azioni di persone con disordini simili a quelli manifestati da padre Rupnik, non riescono a trovare equilibrio senza un aiuto esterno». Vera spiega che fu attraverso un evento traumatico (la fuga di una suora da un istituto) che venne a conoscenza che  Rupnik «sfruttava il suo ruolo di amico, confessore e padre spirituale per istaurare, attraverso una fine manipolazione, rapporti intimi di natura sessuale». 

Il Vaticano ha aperto tardivamente una indagine per poi chiuderla nel peggiore dei modi: non solo il silenzio tombale su tutta la vicenda, senza rendere note le (miti) sanzioni a cui è andato incontro il gesuita: proibizione dell’esercizio del sacramento della confessione, della direzione spirituale, degli esercizi spirituali e di esercitare attività pubbliche senza il permesso del suo superiore locale –  ma pure chiudendo il caso perchè andato in prescrizione.

In una dichiarazione la curia dei Gesuiti ha spiegato che la Congregazione della Fede ha ricevuto una denuncia nel 2021 nei confronti di padre Rupnik, riguardante il suo modo di esercitare il ministero ma «non era coinvolto nessun minorenne». E’ stata così istituita una indagine previa dalla Compagnia di Gesù che ha «immediatamente nominato un istruttore esterno» e alla fine l’ex Sant’Uffizio ha constatato i fatti stabilendo la prescrizione. Il caso si è chiuso nell’ottobre di quest’anno. Se non fosse stato per un sito para vaticano (Silere non possum) la notizia non sarebbe mai uscita dalle sacre mura.

La versione fornita dal comunicato dei gesuiti, tuttavia, viene smentita clamorosamente da Vera, la super testimone che ripete che già nel 1998 (quando il reato non sarebbe potuto essere archiviato perchè prescritto) aveva parlato del caso a padre Francisco J. Egaña, allora Delegato per le case internazionali della Compagnia di Gesù a Roma. «Fu molto gentile e mi ascoltò con attenzione, ma dopo quell’incontro non successe niente. Il mio dispiacere fu grande, insieme alla consapevolezza che avevo fatto tutto quello che era in mio potere (…) Come in molti altri casi, la verità sugli abusi nella Chiesa difficilmente trova orecchie pronte ad ascoltare e cuori aperti per trovare soluzioni capaci di prevenire maggiori danni, portare sollievo e guarigione alle anime ferite e guidare coloro che, per varie ragioni, sono stati causa di tanta sofferenza, verso l’equilibrio psico-fisico- spirituale». 

Papa Francesco ha ricevuto padre Rupnik in udienza il 3 gennaio di quest’anno ma, come al solito, non è trapelato nulla sull’incontro. La segretezza relativa alla gestione degli abusi continua a regnare sovrana. Tornando dal Barhein i giornalisti che viaggiavano sull’aereo papa, hanno chiesto a Francesco quando la cultura della segretezza della giustizia canonica cambierà e quando le sanzioni canoniche verranno rese pubbliche. 

La risposta che ha dato il Papa è che si sta lavorando in questa direzione ma «ci sono persone dentro la Chiesa che ancora non vedono chiaro, non condividono; è un processo quello che stiamo facendo e lo stiamo portando avanti con coraggio e non tutti abbiamo coraggio; delle volte c’è la tentazione dei compromessi, e siamo anche tutti schiavi dei nostri peccati ma la volontà della Chiesa è di chiarire tutto.  Per esempio, ho ricevuto negli ultimi mesi due lamentele per casi di abuso che erano stati coperti e non giudicati bene dalla Chiesa: subito ho chiesto di studiare di nuovo (i due casi) e ora si sta facendo un nuovo giudizio; c’è anche questo quindi, la revisione di giudizi vecchi, non ben fatti. Facciamo quello che possiamo, siamo tutti peccatori, sai? E la prima cosa che dobbiamo sentire è la vergogna, la profonda vergogna di questo».