Il denaro può comprare una casa ma non un focolare. (di Gianfranco Ravasi)

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Il denaro può comprare una casa ma non un focolare. Può comprare un letto ma non il sonno. Può comprare un orologio ma non il tempo. Può comprare un libro ma non la conoscenza e la saggezza.

Può comprare una posizione ma non il rispetto. Può pagare il dottore ma non la salute. Può comprare il sesso ma non l’amore. Sono numerose le raccolte di detti nelle varie lingue sul rapporto dell’uomo nei confronti dei beni materiali. Il numero molto vario di autori che si possono citare fa capire che si è in presenza di un tema universale e costante che appassiona proprio perché è irrisolto. Infatti tanti appelli contro la follia dell’accumulo, l’idolatria del denaro, sulla crudeltà dell’egoismo non impediscono che si continui ad ammassare ricchezze, a scannarsi per le cose, a tradire ideali e valori per una manciata di soldi.

Aggiungiamo un granello alle tante lezioni già ascoltate attorno a questo argomento: abbiamo sopra citato, infatti, un aforisma cinese illuminante sul tema. Gli asserti che lo compongono sono scontati e reiterati, tant’è vero che secoli dopo il drammaturgo norvegese ottocentesco Henrik Ibsen ripeterà: «Il denaro può comperare la buccia di molte cose, ma non il seme. Può darvi il cibo ma non l’appetito, la medicina ma non la salute, i conoscenti ma non gli amici, i servitori ma non la fedeltà, giorni di gioia ma non la felicità e la pace». Eppure si continua a procedere attratti da quell’illusione dorata, incapaci di reagire alla tentazione di quel luccichio, al fascino di quella promessa di benessere…