IL PAPA AI GIORNALISTI: «GRAZIE PER LA DELICATEZZA CON CUI PARLATE ANCHE DEGLI SCANDALI»

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Francesco incontra i vaticanisti e chiede scusa per la fatica cui li sottopone. Poi ricorda che è un lavoro faticoso perché fondato «sulla solida roccia della responsabilità nella verità, non sulle sabbie fragili del chiacchiericcio e delle letture ideologiche»

«Non è facile, ma sta qui la grandezza del vaticanista: la finezza d’animo che si aggiunge alla bravura giornalistica. La bellezza del vostro lavoro attorno a Pietro è quella di fondarlo sulla solida roccia della responsabilità nella verità, non sulle sabbie fragili del chiacchiericcio e delle letture ideologiche; che sta nel non nascondere la realtà e anche le sue miserie, senza edulcorare le tensioni ma al tempo stesso senza fare clamori inutili, bensì sforzandosi di cogliere l’essenziale, alla luce della natura della Chiesa. Quanto bene questo fa al Popolo di Dio». Non è stata una udienza di circostanza quella che papa Francesco ha concesso ai vaticanisti accreditati presso la Santa Sede. Un incontro caloroso in cui il Pontefice, dopo aver chiesto scusa «per la levataccia» cui ha costretto i giornalisti in coda per i controlli già alle 6.30 del mattino, ha confessato di essere contento «perché conosco i vostri nomi» e «conosco la vostra passione, il vostro amore per ciò che raccontate, la vostra fatica». Il Papa sa che «tanti di voi seguono non solo il Vaticano, ma anche l’Italia, il sud dell’Europa, il Mediterraneo, i Paesi da cui venite» e vuole che si faccia memoria della propria vocazione, perché quella a fare il giornalista «è una chiamata» che porta a «toccare con mano le ferite della società e del mondo». Una «chiamata che nasce da giovani e che porta a capire, a mettere in luce, a raccontare».

Un compito che richiede «la costanza e la pazienza di seguire giorno dopo giorno le notizie che arrivano dalla Santa Sede e dalla Chiesa, raccontando una istituzione che trascende il “qui e ora”, e le nostre stesse vite». E che costa sacrificio «nel seguire il Papa in giro per il mondo e nel lavorare spesso pure la domenica e i giorni di festa». Il Papa chiede «scusa per le volte in cui le notizie che in diverso modo mi riguardano vi hanno sottratto alle vostre famiglie». Ma invita anche  giornalisti a «riflettere sul faticoso mestiere di vaticanista nel raccontare il cammino della Chiesa, nel costruire ponti di conoscenza e di comunicazione invece che solchi di divisione e di diffidenza».

Fa l’identikit del vaticanista prendendo a prestito le parole di Luigi Accattoli, a lungo giornalista del Corriere della sera,  che ha definito questo «un mestiere veloce fino a risultare spietato, due volte scomodo quando si applica a un soggetto alto come la Chiesa, che i media commerciali inevitabilmente portano al loro livello […] di mercato». «In tanti anni di vaticanismo  ho appreso l’arte di cercare e narrare storie di vita, che è un modo di amare l’uomo […]. Ho imparato l’umiltà. Ho avvicinato tanti uomini di Dio che mi hanno aiutato a credere e a restare umano. Non posso dunque che incoraggiare chi voglia avventurarsi in questa specializzazione giornalistica».

E ringrazia, prima di concludere chiedendo «pregate per me, ma a favore»,  per «la delicatezza che tante volte avete nel parlare degli scandali nella Chiesa: ce ne sono e tante volte ho visto in voi una delicatezza grande, un rispetto, un silenzio quasi, dico io, “vergognoso”: grazie di questo atteggiamento». Così pure ringrazia «per lo sforzo che fate nel mantenere questo sguardo che sa vedere dietro l’apparenza, che sa cogliere la sostanza, che non vuole piegarsi alla superficialità degli stereotipi e delle formule preconfezionate dell’informazione-spettacolo, le quali, alla difficile ricerca della verità, preferiscono la facile catalogazione dei fatti e delle idee secondo schemi precostituiti. Vi incoraggio ad andare avanti in questo cammino che sa coniugare l’informazione con la riflessione, il parlare con l’ascoltare, il discernimento con l’amore».