Mons. Nicolò Anselmi nuovo Vescovo di Rimni si presenta: “Accoglietemi in pace, il Signore ci precede”

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Emozionato e grato. Si presenta così, con semplicità, bonomia e senza veli il nuovo Vescovo di Rimini, mons. Nicolò Anselmi, alla prima intervista con i riminesi, attraverso i mezzi di comunicazione diocesani.

Vescovo Nicolò, come dovremo o come Le piacerà essere chiamato: eccellenza, monsignor o don Nicolò?

“Vedete voi, anche semplicemente don Nicolò, come preferite”.

Vedremo allora cosa sceglieranno i riminesi. Altra domanda in queste ore sulla bocca di tutti. Come ha accolto la notizia del suo nuovo servizio che la porterà dal mar Ligure a quello Adriatico?

“Ovviamente sono contento, contento anche della fiducia del Santo Padre. Ragionevolmente preoccupato: si tratta comunque della mia prima avventura da vescovo titolare. Da ultimo un pochino sofferente perché voglio dirvi la verità, non voglio iniziare subito con le bugie – lasciare la città dove sono cresciuto, ho studiato, intessuto tante relazioni e dove vive la mia famiglia non è strappo da poco, e Rimini non è dietro l’angolo rispetto a Genova. Vivo questa somma di emozioni nella certezza che il Signore e lo Spirito Santo ci accompagnano e ci aiutano. Vivo queste giornate con trepidazione ma nella pace: sono contento e spero che mi accogliate in modo pacifico”.

Nel suo messaggio alla Chiesa di Rimini ha utilizzato tre parole chiave: unità, comunione e pace. Perché le sono così care?

“Penso, spero e credo che queste tre parole appartengano allo stile di Gesù. Il dono della pace è il primo dono del risorto e quindi lo sento come dono che vuole fare a tutti, e in questo periodo abbiamo tutti un gran bisogno – parlo per me così non sbaglio – di vivere la vita con ragionevole pacatezza, sentendoci accompagnati dal Signore. Troppe volte viviamo agitati, ansiosi. Anche l’invito alla comunione viene dal Signore, basta leggere il discorso tenuto nell’ultima cena, quando dice: «Siano una cosa sola». Le divisioni non vengono da Gesù ma dal maligno”.

Unità e comunione sono tratti che l’accomunano al Vescovo Francesco. Ha voluto infatti che l’annuncio della sua nomina fosse un evento ecclesiale. La sua storia personale dice di una attenzione particolare ai giovani e agli ultimi. Ci racconta come si è messo in ascolto di queste due realtà particolari?

“Non è tanto una mia attenzione ma quanto il servizio che la Chiesa mi ha chiesto di svolgere, prima nella Pastorale giovanile poi come parroco di una parrocchia del centro storico di Genova, una realtà attraversata da un po’ di difficiltà e con tante persone fragili. Non c’è una ricetta per relazionarsi con le persone, i poveri e i giovani: credo si debba vivere insieme, ed è quel che ho fatto, nei gruppi associativi, a scuola (ho insegnato, malamente – sorride, ndr – per dodici anni in un liceo classico): ci sono stato in mezzo. E l’ho fatto con uno stile di famiglia, di fraternità ordinaria. Si cammina insieme, e ciò è molto bello, si capiscono molte cose, ci si lascia trasformare e si comprende che bisognosi e giovani sono un dono della presenza di Dio in mezzo a noi”.

Lei è anche parroco a Genova pensa si possa guidare una diocesi con lo spirito del parroco?

“Lo Spirito del parroco credo sia quello dell’essere insieme alla propria gente e penso che questo sia anche compito del vescovo, cominciando con lo stare insieme ai sacerdoti e al presbiterio in cui verrò volentieri catapultato, e poi con tutte le persone che si incontrano quotidianamente.Stare insieme, dialogare, parlarsi e fare tante cose assieme, non per realizzare grandissime organizzazioni ma soprattutto volendoci bene.Se lo fanno i parroci, lo possono fare anche i vescovi”.

Cosa conosce di Rimini, cosa le hanno raccontato di noi?

“Tutti parlano bene di voi, romagnoli e riminesi accoglienti, simpatici, allegri, esuberanti, pieni di vitalità e intraprendenza. Anche il Nunzio Apostolico ha parlato bene di Rimini quando mi ha presentato la vostra Diocesi, come pure il vostro vescovo Francesco. Conosco qualcuno che lavora sul vostro territorio e tutti confermano questi tratti. Noi genovesi siamo chiusi, abbiamo altri tratti… Porterò quello che sono, al di là delle battute, sono certo che impareremo reciprocamente tante cose”.

Sappiamo che ama molto la montagna, ma da genovese lei è uomo di mare. Forse trovare il mare anche a Rimini le farà sentire meno nostalgia di casa?

“Penso proprio di sì. Quando cominciavo a pensare dove Papa Francesco mi avrebbe spedito, l’idea di girare a 360 gradi l’orizzonte e non vedere neppure una goccia d’acqua, come accade in tante belle diocesi della nostra amata penisola, mi preoccupava. Rimini è stato un regalo inaspettato: viva il mare!”.

Quali sono le sue passioni più grandi? E da appassionato da calcio, cosa tifa: Genoa o Samp?

“Simpatizzo per entranbe le squadre genovesi, spero che il Genoa ritorni presto in serie A e che la Sampdoria non finisca in B, ma calcisticamente sono granata. Mio papa – come tanti bambini degli anni ‘30 e ‘40 tifava per il Grande Torino. Mio padre mi ha educato alla fede cattolica e a quella granata. Amo anche altri sport, ne ho praticati tanti ma tutti abbastanza male fortunatamente: quando l’agonsimo diventava esperato non avevo voglia di litigare e passavo ad altro”.

Vista la sua formazione scout le piacerà la vita all’aria aperta.

“Certamente. Spero di non scandalizzare nessuno se dico che vado in bicicletta”.

Rimini e la Diocesi sono in buona parte pianeggiante ma offrono anche belle colline e salite. Quella del Santuario mariano di Saiano, mentre ad un’ora di distanza c’è il Monte Carpegna, l’Eremo e il Cippo Pantani a 1300 metri, dove in inverno c’è pure la neve e gli impianti sciistici. Ma oltre a saperla sportivo, l’abbiamo ammirata ai forneli grazie a TelePaceChiavari (che fa parte del Circuito Corallo insieme a IcaroTv). È pronto a lasciare il pesto per la piadina?

“La teologia cattolica non è mai per l’aut aut – dunque o piadina o pesto – ma sempre per l’et et. Non si possono unificare le due eccellenze? Io comunque mangio qualsiasi cosa”.

Tre libri da portarsi a Rimini da tenere sul comodino?

“Per ‘dovere istituzionale’ l’Evangeli Gaudium, la Parola di Dio con commenti, qualche libro di montagna (da giovane ero alpinista). Nutro una certa passione per la teologia e le tematiche riguardanti vita comune e lo stare insieme. Mi piace Italo Calvino, ho letto tanto Sant’Agostino”.

Genova è una terra ricca di musica e di musicisti. Qual è il suo rapporto con le sette note?

“Ascolto volentieri musica italiana – Jovanotti, ad esempio – , amo molto soul e jazz, Joe Cocker e personaggi più datati, genere più soft e «spirituale»”

Siamo a pochi giorni dall’inizio dell’Avvento che per noi a Rimini sarà tempo di attesa del Natale e della sua venuta. Come ci consiglia di viverlo?

“Gioiosamente, con tranquillità. A questo punto mi sa che vengo per davvero! L’Avvento ha un tratto soprattutto gioioso. Avvento e Quaresima sono considerati tempi forti, di penitenza e conversione: oggi più che mai occorre vivere una gioia accogliente nei confronti del Signore che certamente viene, viene a rinnovare la nostra vita e quella dei fratelli, a renderla sempre più bella. Avvento dunque come attesa sicura di qualcosa che certamente accadrà”.

Quale augurio possiamo farle, Vescovo Nicolò?

“Vorrei concludere nel miglior modo possibile il percorso iniziato. Vado via dal sabato al lunedì, quando sono stato a Roma per ricevere l’incarico da Vescovo di Rimini dopo aver ricevuto una telefonata due giorni prima. Vorrei sistemare e chiudere alcuni progettini aperti, ma soprattutto il rapporto con le persone: trovare un lavoretto per qualcuno, una casa per qualcun altro, una guida spirituale per altri ancora, e un sostegno per le famiglie che sono in difficoltà”.

Tra le righe ci ha svelato i tempi del suo arrivo a Rimini. Un trasloco importante, e non solo di valigie.

“Il Codice Canonico parla di due mesi come tempo massimo. Penso di abbracciarvi entro fine gennaio, lasciando il Vescovo Francesco a trascorrere le festività nella sua Diocesi, con il presbiterio e le persone che ama. A tutti auguro buona strada, Dio ci benedica”.

Simona Mulazzani e Paolo Guiducci