Nel “deserto” della metropoli: il vocabolario di de Foucauld

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I suoi “figli” sono tra i più preparati al nuovo passaggio d’epoca, portando coraggiosamente tra gli ultimi del mondo la testimonianza. Segnò una corrente culturale centrata sulla “piccolezza”

Non si comprende la decisiva importanza del ruolo svolto da Charles de Foucauld nella vita della Chiesa in tutto l’arco del ’900 se non risaliamo al proto-ruolo che ebbe Teresina di Lisieux, vera “radice” della spiritualità del ’900. Questa grande corrente spirituale e culturale sgorga da quell’intuizione che ebbe Teresina e che fu “tradotta” nell’elaborazione conciliare del Vaticano II con il concetto di “piccolezza”. Tra la dinamica di chi si fa servo, servo in croce, e il termine di “piccolezza” c’è un legame strettissimo. L’amore di carità universale, vissuto dentro una piccola stanza del suo Carmelo: il piccolo nell’immenso.

C’è qui già tutto de Foucauld e le testimonianze dei suoi seguaci, le famiglie religiose dei Piccoli fratelli e delle Piccole sorelle. È necessario, per comprendere la radicalità dell’innovazione, partire dalla loro storia a partire dagli anni 1930, quando de Foucauld era già scomparso (1916). Insomma, come per riconoscere (e amare) Gesù bisogna partire dal Nuovo Testamento – per risalire senza rotture all’Antico –, così bisogna conoscere oggi cosa sono, chi sono, che fanno i Piccoli fratelli. Per poi ancora risalire alla centralità della spiritualità del XX secolo, quella che ha dato moltissimo alla complessa elaborazione del Vaticano II nei suoi documenti decisivi come il De Ecclesia e la Gaudium et spes. 

In quelle pagine precipitano riflessioni, studi profondi, risultati di ricerche e azioni sociali e politiche che le èlite del mondo cattolico, in tutto l’arco dei cento anni precedenti, presero in buona parte dalle elaborazioni e dalle vite dello stesso de Foucauld e dei suoi discepoli. A cui si possono accostare i tanti mondi, che si espressero nell’arco del ’900. Penso a Jacques Maritain ed ai suoi grandi amici, ai nuovi gruppi di teologi domenicani della scuola di Le Saulchoir come Congar, Chenu, Bernadot; alla scuola dei gesuiti di Fourvière a Lione; alla straordinaria esperienza del “Catholic Worker” di New York e specialmente alla sua fondatrice Dorothy Day.

È necessario riconoscere la “genialità profetica” di quel riscopritore delle tematiche della piccolezza che fu padre René Voillaume. Fondò i primi nuclei dei piccoli fratelli di Gesù che gradualmente, anche per l’effetto carismatico della sua leadership, promossero l’avvio di innumerevoli piccole fraternità sparse in tante bidonvilles e realtà di quartieri proletari in cui vissero – attraverso testimonianze anche culturalmente notevoli alcuni piccoli fratelli come Louis Gardet, il “picolo fratello André” e un altro noto come Michel Nurdin. Queste riflessioni collettive produssero intuizioni come “deserto nella metropoli”, con il suo caos che necessita di “eremi” di vita contemplativa, di “Nazareth” simbolo di vita nascosta e lavoro manuale dello stesso Messia, di vita dentro le grandi agglomerazioni metropolitane del terzo mondo con atteggiamento di pura e silenziosa testimonianza senza fare proseliti: di esserci così, come loro, come gli sfruttati.

In questa ricerca dell’autentica vita evangelica, inserita nelle tragedie del Novecento industriale, dall’esperienza delle Fraternità nel mondo, dalla rilettura più sistematica di tutti gli scritti di de Foucauld, appare un vero e proprio “vocabolario”, un linguaggio di parole-chiave che compongono quella nuova tessitura teologico-pastorale che sarà la trama di tutto il rinnovamento conciliare. “Nazareth” come vita nascosta, di lavoro manuale, di testimonianza nei luoghi degli “scarti sociali” immensi come quantità, sparsi ovunque nelle realtà capitalistiche. “Deserto” come grande metafora della contemplazione monacale e conventuale capovolta all’esterno, verso le realtà terrene e sociali nella testimonianza dei mezzi poveri. Come “oasi” di riflessione di laici e religiosi che si confrontano nell’esperienza di iniziative di base e sono alla ricerca di attimi di riflessione e preghiera profonda restando legati alla vita metropolitana, ai suoi drammi, alle sue conquiste democratiche.

“Fratelli universali”, innanzitutto nel radicamento disperso in tante realtà geografiche, poi un particolare sguardo affettivo all’islam, come originaria vocazione di de Foucauld, e al mistero d’Israele come contributo della grande amicizia maritainiana e di tanti altri amici. “Attrarre” come attrazione cosmica dell’Incarnazione. La Presenza reale dell’Eucaristia in tutte le fraternità è la dimostrazione concreta che tutto nella vita converge verso la realtà misteriosa, cristica della Redenzione della storia e della natura. Cieli nuovi, terre nuove. Simbolo di un’apocalittica non catasrofica che delinea una straordinaria convergenza tra le intuizioni del milieu divin descritto negli studi paleontologici di padre Teilhard De Chardin e negli scritti di de Foucauld nel deserto. Sull’attrazione universale verso la messianicità di Gesù ed il suo “Cuore”. Dagli ultimi all’Ultimo, al figlio dell’Uomo, all’attrazione mistico-biblica. Dall’amorizzazione del mondo alla convergenza cristica nel punto-Omega. Profetici passaggi molto utili per la nostra epoca di transizione ecosistemica.

Allora, solo ora, si comprendono le parole di papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti: «Charles de Foucauld […] andò orientando il suo ideale di una dedizione totale a Dio verso un’identificazione con gli ultimi, abbandonati nel profondo del deserto africano. In quel contesto esprimeva la sua aspirazione a sentire qualsiasi essere umano come un fratello […]. Voleva essere in definitiva il “fratello universale” » (n.287). Non è mia intenzione, qui, aprire una riflessione sul futuro di questa “spiritualità del Servo”, dei mezzi poveri, delle testimonianze di alta cultura, e dei tanti microsegni sociali e politici ,dentro i colossali trend del XXI secolo. Come riuscire ad incarnarli dentro queste realtà nuove, creative, dalle nuove applicazioni dell’intelligenza artificiale alle dinamiche algoritmiche, ma anche in società “senza masse” organizzate, con folle enormi di poveri resi seccamente solo individui, con gigantesche trasformazioni dei mercati dei lavori, con gravi crisi delle democrazie, financo con le “nuove fasi sanitarie” lunghe che abbiamo di fronte, di crisi degli aggregati urbani, metropolitani. Insomma siamo di fronte ad un vero e proprio collasso antropologico.

I “figli” di de Foucauld hanno molto da riflettere per proiettarsi con coraggio, espressione evangelica delle diverse fasi delle trasformazioni industriali e produttori di una spiritualità che si era adattata splendidamente a quelle dinamiche ed a quelle tipologie umane. Proprio loro sono tra i più preparati ad un grande e nuovo passaggio d’epoca tra gli ultimi del mondo, portando lì coraggiosamente, senza «niente fare di apparente e comiziante», la testimonianza che se il chicco di grano non muore non potrà generare frutti.