Nell’ultimo libro di padre Antonio Spadaro. Parole come fiamme

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La prima domanda (della cui irritualità l’autore ci perdonerà) che sorge spontanea leggendo Fiamma nella Notte. Sette parole per immaginare il futuro (Milano, Edizioni Ares, 2021, pagine 168, euro 14) è: «Ma quando dorme il padre Spadaro?»

Non finisci di leggere un suo commento al Vangelo su un quotidiano, che lo ritrovi in un’analisi geopolitica su un settimanale, in un editoriale della «Civiltà Cattolica», a bordo di un aereo papale, in una conferenza internazionale su Fratelli tutti.

O anche alla Festa del cinema di Roma a presentare un film (bellissimo, peraltro, da non perdere la sera di Natale in tv).

Insomma la potenza di fuoco intellettuale del padre gesuita è di volume olimpionico.

A questa iper-produzione quantitativa corrisponde un livello sempre alto della qualità per cui ogni sua “sortita” è contraddistinta da una originalità, puntualità e acume che gli permettono di colpire l’immaginazione e provocare il pensiero di una platea assai più vasta del recinto usuale.

Anche quest’ultimo lavoro non si sottrae a questa caratteristica dell’originalità non solo stilistica.

Si tratta di una riflessione su sette parole che in comune condividono l’idea della ripresa, della rinascita, dell’azione, dell’andare oltre.

Viaggio, Frontiera, Lotta, Germoglio, Cose, Logos, e Pandemia.

Il nesso con la stagione tragica ma feconda che stiamo vivendo è evidente.

La pandemia ha creato una sospensione del tempo che, frenando uno stile di vita agitato e divorante, apre uno squarcio rivelante il mistero dell’esperienza umana fatta di miseria e di speranza.

In fondo il libro del padre Spadaro è un libro sulla Speranza.

Le parole di Papa Francesco di esortazione a non sprecare le opportunità pur date dalla crisi e di fervido invito a non smarrire mai la speranza, costituiscono in effetti le vere chiavi di lettura del libro.

Andare oltre la soglia, riprendere il cammino con più saggezza, senza disdegnare la strada impervia. È evidente nei capitoli dedicati al Viaggio, alla Frontiera, e anche in quello dedicato alla Lotta, che è essenzialmente lotta contro l’accidia e il “liquido” che costringe il nostro sguardo verso il basso.

Diverso e intrigante è invece il capitolo sul Germoglio, che è interamente dedicato alla poesia cinese. L’incompiutezza della parola poetica (specialmente enfatizzata dalla grammatica cinese) spalanca le porte dell’immaginazione; quell’immaginazione senza cui non c’è rinascita, non c’è futuro.

Una parola che è “lanciata”, e non ha pretese di definitività (e anche qui riecheggia quello stile bergogliano, ben descritto da Spadaro in un articolo sul tema dell’incompiutezza apparso su «La Civiltà Cattolica» del settembre 2020). Una parola che germina dall’osservazione dell’infinitamente piccolo e apparentemente insignificante, e che il silenzio del lockdown ha rivalutato ai nostri occhi distratti.

Una definitività invece riservata esclusivamente al Logos, che ricapitola e compie in se ogni cosa, la piccola e la grande, realizzando il senso vero della creaturalità.

Nel capitolo sul Logos il gesuita tratta la visione che del Cristo hanno dato nella storia scrittori e poeti, rilevando la tensione tra nascondimento ed attrazione che la figura di Gesù ha sempre suscitato («non lo vedo/e insisterò a cercarlo fino al giorno/ dei miei ultimi passi sulla terra», riassume Borges).

Da ultimo il capitolo sulla Pandemia che è ripercorsa attraverso le parole (ma anche la sola silenziosa presenza) di Papa Francesco; un itinerario che attraverso le ormai iconiche immagini di piazza San Pietro del 27 marzo 2020, parte dalla disperata domanda del “perché” i procelli minaccino la barca, passando per la accorata denuncia di un mondo tanto malato quanto inconsapevole della propria malattia, per concludersi con l’esortazione, non a ripartire sulla vecchia strada, ma a “ri-cominciare” da una nuova.

Serve un nuovo inizio e Fratelli tutti è in tal senso il naturale sviluppo di quel «nessuno si salva da solo» gridato al mondo quella sera di pioggia ed angoscia dal Papa.

Un percorso che delinea Papa Francesco come «l’unico leader davvero globale, veramente l’unico al momento», scrive il direttore di «Civiltà Cattolica».

Questo stesso libro è parte di un ricominciare; ricominciare a pensare, liberandoci da quella velocizzazione della vita e del pensiero che è stata la dannazione degli ultimi decenni. Una bella prova di quel “ripensare il pensiero” di Edgar Morin, spesso evocato e caro a Papa Francesco.

Lui, Francesco, sì, una fiamma nella notte.

di ROBERTO CETERA