PAROLA, ALLEANZE E PIETÀ POPOLARE. Il cammino sinodale e il discernimento comunitario.

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Una delle priorità del cammino sinodale della Chiesa italiana, nella chiamata al discernimento comunitario è riportare al centro la Parola nelle comunità reali, le parrocchie e le famiglie. Non c’è autentico discernimento cristiano senza la luce della Parola di Dio.

Per il timore dell’eresia della libera interpretazione la Bibbia di fatto scomparve dalle case dei cattolici. Il Concilio Vaticano II con la costituzione dogmatica Dei Verbum ha riproposto l’ascolto e la proclamazione della Parola nel cammino della Chiesa.

Come farla tornare al centro della vita cristiana affinché si realizzi la Chiesa comunità?

Indichiamo le «alleanze» come chiave di lettura antropologica e teologica della Parola. Mostrano il rapporto vivo di Dio con il popolo. Lungo la storia Dio ha stabilito alleanze con l’umanità, legami d’amore e promesse per concedere i suoi doni e ricevere la risposta dell’uomo. Sono reali, non ideologiche, e ne sono prova i tanti fallimenti.

L’alleanza della Creazione, di Adamo ed Eva: è il Paradiso; fallita per il peccato e per l’orgoglio; è vigente perché Dio continua a volerci tutti in Paradiso. È l’alleanza della felicità.

L’alleanza di Noè, con tutta l’umanità. Dio si impegna a non distruggere mai più ciò che ha creato. Il simbolo è l’arcobaleno fra il cielo e la terra. È fallita per l’orgoglio umano e la dispersione dei popoli, e sempre fedele nella regolarità delle stagioni. È l’alleanza della pace.

L’alleanza di Abramo, la scelta del popolo ebraico, come primogenito. Un vincolo segnato nella carne con la circoncisione. È fallita perché il popolo eletto invece di essere «un pedagogo che conduce a Dio» tutti i popoli, ha interpretato la sua elezione come privilegio. Essa permane perché il popolo ebraico non è maledetto, conserva la primogenitura. È l’alleanza della vocazione.

L’alleanza di Mosè: Dio rivela il suo nome, libera dalla schiavitù, dona la terra e la legge, che è luce e cammino sicuro per tutta l’umanità, ed istituisce il rito come elemento di relazione. Fallisce per la sfiducia in Dio e si trasforma in legalismo e ritualismo. È mantenuta viva dai profeti che invitavano alla speranza. È l’alleanza della legge, dell’attaccamento e della memoria.

Poi c’è la sorpresa della nuova ed eterna alleanza di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, che compie le profezie. Da parte di Dio è una alleanza definitiva, universale e irreversibile, che non abolisce le precedenti, ma «aggiunge», «porta a compimento» dando nuova vita a tutte le altre alleanze. Il nuovo Adamo riapre il Paradiso e ci chiama “fratelli tutti”. L’alleanza di Gesù Cristo svela che Dio vuole una comunione di amore e di pace e non di dominio e di violenza. È l’alleanza  dell’amore nonostante i fallimenti da superare e gli sbagli da correggere.

Il popolo nella Chiesa cattolica si relaziona con Dio nella liturgia, nella carità, nel rapporto con il creato e nella pietà popolare.

Anche se solo una minoranza vi partecipa, la liturgia è il luogo teologico privilegiato per la Parola. I testi del lezionario delle domeniche e dei «tempi forti» sono stati selezionati alla luce delle alleanze, in modo che nel rapporto fra antico e nuovo testamento appaia chiaro il cammino di relazione fra Dio e umanità che apre al futuro di salvezza: promessa, compimento e pienezza. È importante, specialmente in parrocchia, preparare comunitariamente, alcune volte durante l’anno, la celebrazione domenicale e la predicazione, come suggerito in Evangelii gaudium 135-151.

Negli ambiti della carità, specialmente con la scelta preferenziale per i poveri, e del rapporto con il creato, verso i quali molti si sentono oggi spontaneamente attratti, la Parola non è stata ancora sufficientemente valorizzata, e talvolta è stata usata in modo riduttivo e ideologico; ma la teologia delle alleanze potrebbe apportare luce anche sulle grandi tragedie umanitarie di oggi.

Fin da subito invece si può ridare valore alla Parola di Dio nella pietà popolare. Una bella definizione di pietà popolare è di don Giuseppe De Luca: «la pietà è presenza amata di Dio»; «non è pietà una fiammata momentanea, per essere pietà deve essere come una vita. Si è pii come si è vivi». La pietà è consuetudine d’amore, tradizione assimilata, dal cuore del popolo. Non è mai solitaria e manifesta la vigenza delle alleanze.

La comprensione teologica si trova nella Evangelii nuntiandi 48, dove si abbandona l’espressione «religiosità popolare» perché di sapore sociologico, e si chiede di prediligere l’espressione «pietà popolare».

Essa è naturalmente mistagogica, evangelizzatrice, perché contamina le generazioni in modo orizzontale e verticale, cioè sincronico e diacronico (Evangelii gaudium 122). È universale come fenomeno che si riferisce a Dio, ma è particolare e locale come realtà vissuta, con testimoni conosciuti e amati e in rapporto con il creato in quel luogo specifico attraverso elementi simbolici.

Non sono bastati la lectio divina, i predicatori esperti, i gruppi selezionati, le élites, i movimenti, le scuole, perché sono cammini dall’alto. Per il popolo cattolico la pietà popolare è il luogo teologico per eccellenza «dal basso», e in quel terreno fecondo da dissodare da ogni superstizione è importante che rifiorisca la Parola letta alla luce delle alleanze.

Paolo Scarafoni – Filomena Rizzo.