Pesach ebraico e Pasqua cristiana. Gioia che illumina le tenebre

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In Esodo, 13, 8 la Bibbia comanda al popolo ebraico di narrare ai suoi figli la storia della schiavitù e della liberazione dei loro antenati in terra d’Egitto. Questo racconto è parte di una cena speciale che comprende anche vari simboli riferiti ad aspetti di tale storia. La cena, il Seder di Pesach, si tiene all’inizio del 15° giorno del mese ebraico di Nisan, giorno in cui, secondo l’Esodo, questo pasto rituale si tenne per la prima volta.

Quella sera, ogni generazione di ebrei ha la missione di esaminare insieme ai propri figli alcuni aspetti attuali che possono essere illuminati attraverso la rilettura dei racconti biblici della schiavitù e della liberazione. C’è un testo rabbinico che per molti secoli è stato utilizzato come guida e studio per questa occasione, l’Haggadah. Mentre riflettevo su quali parti del racconto dell’esodo, nello specifico, avrei dovuto discutere quest’anno a Pesach con la mia famiglia, mi è venuto in mente il tema delle piaghe che Dio ha mandato agli egizi. Forse a spingermi a prenderlo in considerazione è stata la perdurante pandemia che l’intera umanità sta vivendo.

Sia nella letteratura del Talmud e del Midrash sia negli scritti di esegeti medievali e più recenti troviamo la testimonianza di saggi che hanno cercato di comprendere il senso e il messaggio delle piaghe. Queste non dovrebbero essere viste meramente come punizioni mandate da Dio al faraone e al suo popolo; i saggi ritenevano che le piaghe dovessero contenere un messaggio inerente in e di per sé. D’altro canto, il testo biblico stesso ci rivela che una delle intenzioni di Dio nell’inviare le piaghe fosse di mostrare chiaramente la follia di servire falsi dei (Esodo, 12, 12).

La prima piaga, ovvero le acque d’Egitto trasformate in sangue, può essere vista come riferita al precedente ordine del faraone di gettare nel Nilo tutti i maschi ebrei appena nati (Esodo, 1, 22). Il messaggio è chiaro: il sangue versato non può essere cancellato.

I conflitti del ventesimo secolo e quelli attuali ci permettono di scoprire un certo sottile rapporto tra loro e il racconto biblico delle piaghe. Eugène Ionesco, uno dei grandi padri del teatro dell’assurdo, ha presentato Il rinoceronte nel 1959. In esso racconta come gli abitanti di un’intera città si trasformano in rinoceronti. Egli allude così alla metamorfosi — nel senso più kafkiano del termine — di una società che distorce i valori etici abbracciando uno dei totalitarismi più disastrosi. Quest’opera, secondo me, si riferisce alla quarta piaga: l’invasione di animali nelle case e nei luoghi pubblici degli egizi. Forse quegli animali erano inviati da Dio per spingere la società egizia a riconoscere che il suo comportamento umano era sceso a un livello bestiale.

La peste di Albert Camus (1947), con tutte le sue varie interpretazioni, mi fa riflettere sulla molteplicità di messaggi che la quinta piaga poteva contenere per gli egizi della Bibbia, proprio come li racchiude per noi nell’attuale pandemia.

La realtà presente mi porta inoltre a meditare sulla nona piaga, le tenebre. I conflitti armati d’oggi, pieni di meschinità e ambizioni deliranti, indubbiamente fanno sprofondare le società in un buio totale dove, come accadde in Egitto, «non ci si vede più l’un l’altro».

La Bibbia insegna al popolo ebraico a infondere in sé stesso uno spirito di gioia nelle feste (Deuteronomio, 16, 14). Tale gioia deve essere così forte, che una persona in lutto deve accantonarne tutti i segni esteriori (b. Moed Katan 14b). Ma la gioia indicata da questo versetto del Deuteronomio è quella professata dinanzi a Dio (Deuteronomio, 16, 11). Questa gioia è il profondo rallegrarsi dello spirito, condiviso con la famiglia, gli amici, i vicini… e con Dio.

Questa gioia, purtroppo, è scarsa nel mondo attuale. Con le celebrazioni del Pesach ebraico e della Pasqua cristiana possiamo però intravvedere una simile gioia, che illumina e porta speranza nelle nostre vite. La Chiesa è giunta a intendere l’ultima cena di Gesù come rievocazione del racconto di Pesach attraverso il quale il senso di redenzione dell’Esodo viene comunicato al mondo. È per questo che gli ebrei e i cristiani condividono la speranza che le intenzioni di Dio per il mondo siano ineludibili. Condividiamo anche l’impegno a cercare la loro realizzazione. Malgrado le tenebre che attualmente prevalgono, possano le luci di Pesach e di Pasqua continuare a risplendere nelle nostre case e nei nostri cuori.

di ABRAHAM SKORKA