Quando la meditazione si nutre della Parola (Gianfranco Ravasi)

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Tra cura dell’anima e catarsi della mente: il nuovo volume di Ludwig Monti nella presentazione del cardinale Ravasi

Anticipiamo ampi stralci delle prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi al nuovo libro di Ludwig Monti Camminare nella luce della vita. Breviario biblico in uscita nei prossimi giorni per San Paolo (pagine 480, euro 20,00). Nel volume il biblista offre, per ogni giorno dell’anno, un breve brano biblico, dalla Genesi all’Apocalisse, seguito da una piccola meditazione, per aprire strade e stimolare riflessioni, per orientare il nostro cammino alla luce della vita, come recita il titolo ripreso dal Salmo 56.

Erano i primi giorni del settembre 1823 e Giacomo Leopardi nel suo Zibaldone annotava un’etimologia che lo aveva sorpreso. Aveva, infatti, scoperto che «meditare» derivava dal latino medeor che significa «curare, medicare», per cui osservava che «il meditare una cosa è una continuazione del semplice averne o pigliarne cura». Bisogna, però, aggiungere che la radice indoeuropea med-, generatrice del termine «meditare», ha pure il valore di «pensare, riflettere». In questa luce la meditazione è una cura dell’anima, una sorta di medicina dello spirito, una catarsi della mente, e lo è in modo particolare quando essa punta alla riflessione sulla Parola di Dio. È l’esperienza che viene proposta in queste pagine, scandite sul fluire dei giorni dell’anno. A elaborare questo particolare «libro d’Ore» o «breviario» è Ludwig Monti, un finissimo interprete della Bibbia a cui ha già dedicato molte opere di grande qualità e originalità. La mia è ora la testimonianza non solo dell’amicizia ma anche della sintonia che mi lega alla sua ricerca, è persino espressione di una non retorica ammirazione per i suoi scritti che da tempo seguo. Un emblema per tutti è lo stupendo commento da lui dedicato al libro dei Salmi nel 2018.

Ora, dunque, abbiamo tra le mani queste sue brevi meditazioni che in sé possono occupare solo qualche minuto di ogni giornata. Eppure esse sono destinate a lasciare una traccia nello spirito, a immettere un fermento nel nostro pensare e agire, a produrre una sorta di vaccino contro la superficialità, la banalità, il luogo comune. Un altro grande della cultura occidentale come Montaigne nei suoi Saggi ammoniva che «il meditare è un’occupazione potente e piena: io preferisco formare la mia anima piuttosto che arredarla». A dare sostanza a queste riflessioni essenziali è, come si diceva, la Parola di Dio attraverso una citazione minima, quasi un bagliore, un frammento tratto da quasi tutti i 73 libri che compongono quella biblioteca sacra che è la Bibbia. Sempre per ricorrere a un’altra voce autorevole, è suggestivo quello che affermava Marcel Proust nella Ricerca del tempo perduto: «Citando un versetto isolato, se ne moltiplica la forza attrattiva». Ed è ciò che accade nei testi quotidiani che seguiranno, ove la scheggia desunta dalle Scritture Sacre, illustrata da un commento minimo ma illuminante, si dilata poi in un’applicazione, sostenuta talora anche da voci di autori contemporanei.

A dominare, però, è sempre la Parola divina per cui sia il commento sia l’applicazione concreta sono intarsiati di riferimenti scritturistici, così che è la Bibbia a commentare se stessa, in una sorta di palinsesto o di filigrana di rimandi costanti. Il pensiero corre a un folgorante versetto del profeta Geremia: «La mia parola non è forse come il fuoco – oracolo del Signore – e come un martello che spacca la roccia?» (23,29). E proprio come accade alla mazza ferrata che infrange la roccia facendo sprizzare scintille, così chi si lascia conquistare dalla Parola, simile anche a fuoco che arde, è ferito nel cuore e nella mente: una ferita che si trasforma in feritoia sul mistero, sull’eterno e l’infinito di Dio. Quelle scintille divenute fiamme possono inoltre raccogliersi in una fiaccola che – come suggeriva il Salmista – è «lampada per i passi, luce sul cammino» (119,105). Non per nulla il titolo scelto da Ludwig Monti è significativo del suo invito al lettore, Camminare nella luce della vita. E qui entra in scena un altro aspetto che si rivela in modo costante in queste meditazioni, il loro essere «quotidiane», non solo cronologicamente ma anche nella loro sostanza. Il Dio della Bibbia non è, infatti, un impassibile «Motore Immobile» ari-stotelico, relegato nel suo cielo dorato, ma sceglie di camminare con l’umanità, di abitare accanto alle loro case, di condividere con loro – attraverso il Figlio – riso e lacrime, desolazione e speranza, vita e morte. Il profeta Isaia intrecciava mirabilmente trascendenza e immanenza di Dio, eternità e storia, infinito e spazio con questo oracolo divino: «In luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati» (57,15).

E Giovanni, nel mirabile inno d’apertura al suo Vangelo, al Logos, al Verbo eterno, faceva abbracciare la sarx, la «carne» della nostra finitudine, della fragilità e della morte (1,1.14). Così, in modo analogo chi si inoltra nel cammino della vita deve avere sopra di sé il vento dello Spirito che soffia dall’alto, ma deve anche avanzare coi piedi che calpestano i sentieri spesso polverosi e sassosi della storia. Gli squarci meditativi di questo particolare «breviario» ricalcano, perciò, l’appello della tradizione giudaica che invitava a intonare «un canto ogni giorno, un canto per ogni giorno». Un respiro di lode che sale verso l’Altissimo, ma anche una supplica per le sofferenze, le crisi e le attese quotidiane. Questo, però, dev’essere sempre non un «assòlo» bensì un canto corale, come accade costantemente nella Bibbia. Vorremmo qui lasciare per una volta la parola allo stesso Monti in una sua riflessione che si àncora a una frase evangelica: «Dove sono due o tre radunati nel mio nome, io sono là, in mezzo a loro» (Mt 18,20).

Alla luce del contesto dedicato alla correzione fraterna egli commenta: «Dove non ci sono due o tre in sinfonia, io non ci sono, dice Gesù; cioè, ci sarei, ci sono sempre, ma se non siete in accordo tra voi, non potete sperimentare la mia presenza. Domanda seria: quale sinfonia o cacofonia fa risuonare ogni forma di vita insieme? La preghiera ne è l’eco, a volte flebile. Ma la vita lascia sempre nell’aria un insieme di suoni: profumati o maleodoranti; allegri o velenosi; armonici o stonati. E allora: sinfonia o cacofonia?». Il nostro viaggio nella storia non è, infatti, solitario, ma si procede stringendo la mano dei fratelli e delle sorelle che vivono con noi il flusso del tempo e che spesso cercano una mano che li sostenga e non li lasci ai bordi della strada.