Anche lui, come me, è entrato nel tirocinio di monaco e di sacerdote venendo dal mondo degli ultimi, dell’umile gente che abitava nelle Beatitudini con naturalezza, come si abita in campagna o in montagna. È questa la prima fedeltà di Turoldo:
la fedeltà alle origini!
Dietro il suo piglio apparentemente aggressivo, c’è sempre stato il continente della tenerezza fertile di sogni che è il grande patrimonio dei poveri
(i quattro quinti dell’umanità), egli non si è mai staccato, convinto che quello è il mondo di Dio.
Era questo il suo modo di restare uomo anche essendo un monaco, un prete, un intellettuale,
un poeta.
Il miracolo spirituale dì Turoldo è stata la sua umanità originaria, retaggio dell’umile gente che gli ha reso impossibile guardare il mondo dall’altra parte. Il mondo egli lo ha sempre visto con gli occhi dei poveri, che sono insieme occhi disperati e festosi. Padre David dirà in una sua poesia:
…nulla che non fosse male
mi rimase estraneo.
Ma fierezza mi conforta
fino a credere che mi perdonerà.
La fedeltà mantenuta,
l’istinto, Dio, di te non tradito
l’aver mai tagliato
con le radici, mai rotto
con l’umile gente
o sceso a patti con l’Epulone, mai!
Prima ragione dei miei
amari conflitti
pur con la chiesa:
ragione
che mi rende difficile
accettare perfino
una sorte felice:
che mia madre
e la madre e il padre di Rigoberta
e l’ultimo campesino e il negro di Soweto
siano
in un paradiso dove
giustizia non sia fatta…