In occasione del Giubileo del mondo educativo, il Papa incontra gli educatori in piazza San Pietro e traccia la rotta: «Interiorità, unità, amore e gioia», rilancia il Patto Educativo Globale e mette in guardia sui rischi della tecnologia e della svalutazione del ruolo del docente
Per quanto riguarda il primo pilastro, Leone avverte: «Noi viviamo in un mondo dominato da schermi e filtri tecnologici spesso superficiali, in cui gli studenti, per entrare in contatto con la propria interiorità, hanno bisogno di aiuto. E non solo loro. Anche per gli educatori, infatti, frequentemente stanchi e sovraccarichi di compiti burocratici, è reale il rischio». Citando Sant’Agostino, il Papa ha ricordato che «il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero maestro sta dentro». È un errore, ha sottolineato, pensare che bastino «belle parole o buone aule scolastiche, laboratori e biblioteche». Questi sono solo mezzi; la verità circola «nell’incontro profondo delle persone».
Il secondo pilastro, l’unità, è un concetto che il Papa ha legato al suo stesso motto episcopale In Illo uno unum. Quest’espressione agostiniana «ricorda che solo in Cristo troviamo veramente unità, come membra unite al Capo e come compagni di viaggio nel percorso di continuo apprendimento della vita», spiega il Santo Padre. In questo solco, Leone XIV ha preso il preciso impegno programmatico di riprendere e attualizzare il progetto del Patto Educativo Globale, che era stato una delle intuizioni profetiche del suo predecessore, Papa Francesco, sottolineando che l’educazione è un atto comunitario e non individuale.
La terza parola, l’amore, è stata il veicolo per il monito sociale più forte del discorso. «Condividere la conoscenza non è sufficiente per insegnare: serve amore. Solo così essa sarà proficua per chi la riceve, in sé stessa e anche e soprattutto per la carità che veicola. L’insegnamento non può mai essere separato dall’amore, e una difficoltà attuale delle nostre società è quella di non saper più valorizzare a sufficienza il grande contributo che insegnanti ed educatori danno, in merito, alla comunità». È stato però fatto notare da Sua Santità che occorre prestare attenzione, poiché danneggiare il ruolo sociale e culturale dei formatori equivale a ipotecare il proprio futuro, e aggiunge che una crisi della trasmissione del sapere porta con sé una crisi della speranza.
L’ultimo punto cardine, è la gioia, elemento fondamentale per l’insegnamento. Secondo Leone infatti i veri insegnanti «educano con un sorriso e la loro scommessa è di riuscire a svegliare sorrisi nel fondo dell’anima dei loro discepoli».
Papa Prevost, accende anche un campanello d’allarme poiché «Oggi, nei nostri contesti educativi, preoccupa veder crescere i sintomi di una fragilità interiore diffusa, a tutte le età. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a questi silenziosi appelli di aiuto, anzi dobbiamo sforzarci di individuarne le ragioni profonde. L’intelligenza artificiale, in particolare, con la sua conoscenza tecnica, fredda e standardizzata, può isolare ulteriormente studenti già isolati, dando loro l’illusione di non aver bisogno degli altri o, peggio ancora, la sensazione di non esserne degni. Il ruolo degli educatori, invece, è un impegno umano, e la gioia stessa del processo educativo è tutta umana».
Il Pontefice ha concluso il suo discorso invitando a fare di questi quattro valori, dei punti cardine della loro missione verso gli allievi. Esortandoli tramite le parole di Gesù: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
Rivolgendosi infine agli educatori, li ha ringraziati per il prezioso lavoro che svolgono benedicendoli di cuore e assicurando la sua preghiera per loro.