Domenica del Bel Pastore (Gv 10). Innamorarsi della bellezza spirituale alla luce del pensiero di sant’agostino

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«Che bello!». Da dove nasce quell’espressione improvvisa che come il pennello di un’impressionista comunica un inesprimibile diversamente?
Davanti ad un’immagine, ad un volto, a un tramonto o un temporale, ad un fiume che scorre lento o una mareggiata, all’incontro con un amico lontano, a una giovane madre che allatta, cos’è che fa esplodere in cuore quell’espressione di stupore e di certezza?

«Che bello!»: come un sussulto di un bimbo nel grembo materno.
Mentre il cuore si stringe e lo sguardo rifugge davanti a immagini di miseria, guerra, di sporcizia.
Con sant’Agostino ci chiediamo: «Amiamo forse altro che il bello? E cos’è il bello, che cos’è la bellezza? Che cos’è che ci attrae e ci concilia con le cose che amiamo? Se non ci fosse in essa armonia e bellezza, non ne saremmo attratti» (Confessioni II, 16).

Ciò che corrisponde a criteri di splendore, amabilità, piacere, armonia è bellezza.
Bellezza è lì dove si vive in una dimensione comunionale con gli altri, con le cose, con la realtà. Dove c’è amore è bellezza. Dove c’è un accento di eternità, dove c’è pace e giustizia è bellezza. Dove c’è una storia è bellezza. Lì dov’è l’uomo è la bellezza.

Sant’Agostino riconosce una Bellezza tanto antica, perché c’è da sempre, e tanto nuova perché ritrovata, dentro di sé, nella sua storia, nella sua memoria, nell’uomo. La bellezza è una traccia eterna del Bellissimo. L’uomo, imago Dei, ne porta tutti i tratti. Anche la creazione, di cui Dio ne gustava il bello – secondo la traduzione greca del testo biblico – , ne porta i tratti, e geme e soffre le doglie del parto fin quando non si manifesterà pienamente il suo splendore, la pienezza della gloria.
Tutte le cose create e fatte dalle mani dell’uomo evocano una bellezza trascendente, poiché «ogni bellezza proviene da Lui, da Colui che è il più bello di tutti….l’unico Dio, l’unica verità, l’unica salvezza di tutte le cose» (Sant’Agostino, De vera Religione XI, 21).
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uesta Bellezza trascendete si è donata all’uomo, si è resa visibile perché Cristo, colui che nell’Antico testamento è senza bellezza per attirare i nostri sguardi, si è incarnato. Un velo ha adombrato la Bellezza suprema, l’ha posto l’uomo abbruttito dal mistero dell’iniquità; così come un velo nasconde agli occhi la bellezza, la verità, l’oltre delle cose. Un velo che può essere squarciato da uno sguardo puro, innocente che nasce in un cuore in pace e in una memoria radicata nell’appartenenza al Mistero che sovrasta ogni cosa.

La bellezza che circonda l’uomo trova il suo corrispondente nel bello interiore di un’anima. Sant’Agostino consuma la sua vita nella ricerca di quella bellezza che alimenta quella dell’anima, esortando i suoi compagni a un vivo desiderio della bellezza spirituale. Per lui è la via da realizzare nella cammino della vita attraverso l’amore. Il modo per possedere la bellezza è amare Colui che è bellezza. La misura per contenerla è data dall’amore perché l’amore è la bellezza dell’anima (cfr. Sant’Agostino, Commento alla Prima Lettera a Giovanni 9, 9).
Bisogna scavare per trovare bellezza. L’uomo deve scavare dentro di sé, svelare la sua bellezza originaria perché intorno a sé possa trovare quella bellezza che lo guarisce. La bellezza, difatti, spalanca il cuore alla speranza e a quell’oltre che è l’anelito di ogni uomo.

L’uomo ha bisogno di guarire soprattutto dalla solitudine e da quel forte senso di vuoto che lo inabissa. La bellezza è la via della pienezza. Essa mette in contatto l’uomo con la verità di sé, il suo centro e lo reintegra con i suoi simili e con l’intero creato. L’uomo frammentato ritorna a essere uno nel tutto. Egli entra nell’armonia del cosmo. Diviene bellezza, poiché è bello ciò che è armonico. C’è bellezza dove tutti gli elementi sono in armonia tra loro per mostrare una realtà che non può essere scomposta, va solo contemplata. Così rinasce l’uomo interiore. Il bello non è solo ciò che piace, come per Kant, e oltre a essere una festa per gli occhi (Delacroix), il bello nutre lo spirito e lo illumina. La bellezza è infatti il luogo della rivelazione del mistero di sé e di Dio e l’uomo riconosce ciò che è bello per quelle ragioni che porta dentro di sé. Comprende una realtà che gli è impressa dall’eternità. E ciò che Sant’Agostino chiama le ragioni eterne.
Allora ciò che è bello gli viene incontro non chiede commenti, ne interpretazioni. La riposta dell’uomo alla bellezza che lo incontra è l’abbraccio perché gli corrisponde, gli è intima; è il godimento stupito dinnanzi a un dono.

Sant’Agostino godeva della bellezza delle creature, della sapienza umana, della vita e se prima della conversione il piacere si limitava al gusto della forma dopo la conversione la bellezza è divenuta la via della contemplazione del mistero. La via della luce che fa percepire le cose, le forme i colori ha unito l’uomo carnale e quello spirituale. La bellezza trasfigura. Con l’Incarnazione di Cristo è avvenuta una divinizzazione della carne. Dio si è fatto uomo e da allora tutto è dominato dal volto umano di Dio. Attraverso ciò che è visibile l’invisibile si fa percepire, gustare, contemplare e trasforma l’uomo di gloria in gloria. La Bellezza è venuta a salvarci!