Il dialetto femminile di Maria (di Luigi Maria Epicoco)

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Ogni ricorrenza mariana non è solo un pretesto liturgico che interrompe lo scorrere normale del tempo ordinario delle nostre liturgie e della nostra vita di credenti. Ogni ricorrenza mariana ci costringe benevolmente a confrontarci con quello che recentemente Papa Francesco ha definito il dialetto femminile. Attraverso questa espressione il Pontefice coglie una delle peculiarità di quel genio femminile di cui è fatta la Chiesa. Infatti nella maggioranza dei casi è proprio la donna a soggettivare la vita, cioè a farla diventare un’esperienza che riguarda le persone nella loro singolarità.

Un amore materno, ad esempio, non è mai un amore generale, astratto, ma è sempre amore particolare, amore che chiama per nome il figlio. Ognuno, davanti a questo tipo di esperienza di bene, si sente preso in considerazione nella sua unicità. In questo senso la lingua dell’amore è sempre una lingua dialettale, cioè una lingua cucita sulla nostra unicità.

Ecco allora il motivo per cui quando celebriamo una ricorrenza mariana noi siamo interpellati in maniera dialettale a comprendere il messaggio del Vangelo. In particolar modo nella solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria al cielo, siamo messi in contatto con il mistero della morte e del nostro destino ultimo.

Maria ci testimonia che ciò che è già accaduto a Lei, accadrà alla fine dei tempi per ognuno di noi. Ma allo stesso tempo è un po’ come se questa festa volesse rendere quanto più esplicita quell’espressione che sovente noi recitiamo nell’Ave Maria, «prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte».

È bello sapere che soprattutto nell’ora ultima di questo nostro viaggio invochiamo la presenza di questa Madre. Anche la morte potrà così parlare il linguaggio del dialetto, potrà quindi essere non un’esperienza alienante che ci scaraventa nel vuoto ma bensì un’esperienza che ci dà del tu e ci introduce in una relazione d’amore che per la sua alta qualità noi chiamiamo Paradiso. Infatti che altro è il Paradiso se non l’esperienza indelebile di sapersi amati e di amare senza scadenze?

Maria è assunta in cielo e ci precede sfatando così quella paura della morte che attraversa misteriosamente ogni nostra vita. Non siamo più in cammino verso un “forse”, ma verso un “certo” entro cui questa donna ha già messo il suo corpo glorioso.

di LUIGI MARIA EPICOCO