La «temperatura percepita» la fa anche la buona politica (di Rosanna Virgili)

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L’estate più calda e siccitosa, la fatica di affrontarla e una lezione biblica Com’è noto c’è una differenza tra la temperatura effettiva, quella che viene registrata dai termometri, e quella che viene percepita, più correttamente chiamata ‘indice di calore’; di solito quest’ultima è maggiore perché aggiunge quei gradi fittizi che nascono dall’impatto con la pelle, col respiro, con la pressione del sangue e persino con lo stato psicologico delle persone. È quanto è accaduto e accade ancora in quest’estate torrida in Italia e in gran parte del resto del mondo: le temperature effettive sono altissime e quelle percepite persino insopportabili. Un aumento progressivo che si registra anche in alta montagna provocando lo scioglimento dei ghiacciai, come tragico esempio, per noi, quello della Marmolada; mentre in Pianura Padana la siccità ha costretto per lunghi giorni il Po a inghiottire acqua marina, assetato a sua volta. I campi di granturco han partorito pannocchie come corpicini prematuri; sui terreni desolati non c’è stato fieno da raccogliere per la riserva invernale destinata a bovini da carne o da latte.

Non è piovuto per mesi. Gli effetti di siccità e ‘riscaldamento globale’ sono, insomma, interdipendenti e devastanti. È faticoso lavorare sia di braccia che di mente, non si riesce a dormire e – i più deboli – si mettono pensiero persino a uscire per la spesa. Riparare alla calura diventa, poi, in certe regioni, più costoso che rimediare al gelo. L’aria condizionata consuma energia elettrica e le docce che si prendono – spesso più di tre volte al giorno! – causano un consumo esponenziale d’acqua, peraltro potabile. A conti fatti la ‘temperatura percepita’ è che la maggior parte della gente si trova a respirare aria umida e inquinata e che i meno abbienti debbono rinunciare al condizionatore o alle vacanze e restare a schiumare a casa propria. La siccità è un’esperienza tra le più comuni e raccontate nella Bibbia. Essendo, questa, una raccolta di testi patrimonio di un popolo del Sud, del Vicino Oriente, non potrebbe essere altrimenti.

Ma il dramma della siccità precede a ogni grande cambiamento della storia di Israele. Ogni volta Israele ne esce con successo però non senza aver impegnato tutta la sua intelligenza, il suo buon senso e senza aver preso delle opportune e sapienti decisioni. Dinanzi alla siccità che avrebbe portato prossima carestia, il vecchio padre Giacobbe riunisce i suoi figli e li invita ad affrontare con coraggio, fraternamente, questa calamità capace di togliergli la vita. Di farli sparire dalla terra. Tutti. Divisi com’erano tra loro i figli di Israele avrebbero preferito, forse, morire di sete pur di difendere, ciascuno, il proprio appezzamento di ‘sovranità’, di potere! Fortunatamente la parola lungimirante di Giacobbe riuscì a convincerli che solo per mezzo di un viaggio che avessero fatto tutti insieme, avrebbero potuto sopravvivere. Convinti, allora, del fatto che non sarebbero mai riusciti a salvarsi da soli da quella siccità che aveva avvolto gran parte della terra, i figli di Giacobbe scesero in Egitto e lì, riacquistarono il futuro. Insieme agli stranieri e insieme al loro fratello Giuseppe, che li aveva preceduti per riconciliarsi con loro e, grazie a questo, per ricominciare. Dinanzi alla siccità occorre una politica saggia e consapevole, aperta, profetica ma soprattutto preoccupata non di soddisfare chiusi e illusori interessi di parte quanto di rigenerare acqua per la salute di tutti. Sono i nostri politici, quelli che prendono le decisioni, a stabilire i gradi della ‘temperatura percepita’. Speriamo che – come accadde col profeta Elia – qualcuno riesca ad additarci una nuvoletta che sorge dal mare carica, per il domani, di una pioggia benedetta. E non di devastanti grandinate.