Nuovo protagonismo familiare La parrocchia non può attendere. Il ruolo complementare di sposi e sacerdoti al centro del convegno dell’Istituto Santa Famiglia e dell’Istituto Gesù Sacerdote. L’urgenza di scelte profetiche

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Catechismo della Chiesa cattolica. Numero 1534: « L’Ordine e il Matrimonio sono ordinati alla salvezza altrui… Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all’edificazione del popolo di Dio». È un passaggio spesso trascurato o, quando proprio se ne parla, si preferisce minimizzarne o travisarne il significato. Perché, a intenderlo alla lettera, così come è stato scritto, imporrebbe una profonda revisione delle nostre comunità. Il Catechismo ci dice senza possibilità di equivoci che non ci sono sacramenti preminenti e sacramenti ancillari, di serie A e di serie B. Sacerdoti e sposi insieme, su un piano di pari dignità e responsabilità, sono chiamati a cooperare per la salvezza altrui e l’edificazione del popolo di Dio. Diversi compiti, identico impegno missionario.

Ma succede proprio così nella prassi ordinaria delle nostre parrocchie? Purtroppo no. Nella maggior parte dei casi coppie e famiglie hanno in parrocchia ruoli marginali, secondari, se non addirittura, talvolta di “bassa manovalanza”. Ecco perché un convegno come quello che si conclude oggi ad Ariccia – “Insieme per testimoniare il Vangelo, la complementarietà tra famiglie e presbiteri” – non solo ha il merito di riproporre una speranza che dal Vaticano II è stata spesso enunciata e mai risolta, ma nell’ottica di Amoris laetitia inquadra con coraggio una questione non più rinviabile. La crisi vocazionale, che investe in modo identico Ordine e Matrimonio e le risorse umane sempre più esigue impongono di razionalizzare gli sforzi e di rivedere le strategie pastorali in vista di quel cambio di paradigma sollecitato spesso da papa Francesco.

Il convegno è organizzato dall’Istituto Santa Famiglia realtà presente in ogni regione d’Italia, con 50 gruppi e circa un migliaio di famiglie. Ma ci sono famiglie aderenti anche in Brasile, Messico, Congo, Filippine, Stati Uniti. E dall’Istituto Gesù Sacerdote di cui fanno parte nel nostro Paese due cardinali, dieci vescovi e circa 200 presbiteri. L’occasione, dicono don Emilio Cicconi delegato dell’istituto Gesù Sacerdote e don Roberto Roveran delegato dell’istituto Santa Famiglia, è stata offerta dalla ricorrenza dei 25 anni dalla morte di don Stefano Lamera, il primo delegato di GS e ISF, che, precorrendo i tempi, ha speso la sua vita per la formazione delle famiglie, perché diceva che la rievangelizzazione del mondo avverrà attraverso due leve: la famiglia e il sacerdozio. La sua convinzione partiva da un dato teologico evidente: Dio ha operato la salvezza dell’uomo mediante Gesù che è nato e vissuto in una famiglia, quella di Nazaret.

Don Stefano Lamera ha inoltre realizzato l’ultimo desiderio di Don Alberione. Lo spiegano Claudio e Mariella Cazzato (diocesi Nardò Gallipoli), due figlie già sposate, con due nipotini, responsabili nazionali dell’Istituto Santa Famiglia. « Don Stefano è stato un uomo di Dio che aveva presagito la crisi della famiglia e che aveva capito che le famiglie lasciate sole non avrebbero resistito all’urto di una certa cultura che inneggia al mito della libertà personale e del consumismo in tutti i campi, anche in quello degli affetti più profondi. Aveva questa convinzione: solo sacerdoti e famiglie innamorate del sacramento che hanno celebrato – proseguono Claudio e Mariella – possono essere generativi nelle realtà del mondo in cui sono inseriti. E per aiutarli a vivere più profondamente avvertiva quanto sia importante che la loro vita si conformasse a quella di Gesù che ci presenta il Vangelo: povero, casto e obbediente. Ecco perché ha pensato a due Istituti di consacrati: uno per i sacerdoti e l’altro per le famiglie».

Voti di povertà, obbedienza e castità coniugale

Ma cosa caratterizza le coppie dell’Istituto Santa Famiglia? « Noi sperimentano quanto l’amore venga rafforzato dal cammino spirituale intrapreso – aggiungono i coniugi Cazzato – fatto di ritiri mensili, incontri di fraternità, ritiri spirituali annuali nazionali». All’origine di questa importante attività una convinzione nata dall’esperienza: l’amore tra i coniugi non è un dato acquisito per sempre, ma è un cantiere sempre aperto, intriso di passioni, di egoismo, di ferite, ma anche di tanto sacrificio e solidarietà. «Questo cammino – riprendono – ha bisogno di essere sostenuto e molte volte la buona volontà dei coniugi non basta; c’è bisogno di sacerdoti che abbiano a cuore la formazione delle famiglie, che siano guide vere, che sappiano tirar fuori il desiderio di felicità vera che hanno nel cuore».

Le famiglie dell’Istituto fanno i voti di povertà, obbedienza e castità matrimoniale che, naturalmente, non è astensione dai rapporti coniugali ma l’impegno a vivere la sessualità in modo corretto, sereno, rispettoso, reciprocamente appagante, perché il valore unitivo è uno dei puninvolte. ti fermi e irrinunciabili del matrimonio. «Siamo l‘unica realtà associativa in Italia in cui i coniugi scelgono un percorso spirituale così impegnativo – riprendono i responsabili nazionali – ma si tratta di una scelta che ci appaga e che ci dà la forza per andare avanti».

Non solo. Proprio questo impegno convinto e senza sconti offerto dai coniugi dell’Istituto Santa Famiglia offre loro lo spunto per chiedere alla comunità di rimettere al centro la realtà coniugale e familiare. Perché questa richiesta che verrà esplicitata sotto diversi aspetti durante il convegno di oggi? «La realtà parrocchiale – riprendono i coniugi Cazzato – non può essere soltanto clerico-centrica. Se la famiglia non viene valorizzata, finisce per essere disorientata e per allontanarsi. Ci sono tante famiglie buone, disponibili, che però non vengono copuò Abbiamo spesso parlato con nuclei familiari “lontani” che sarebbero però felici di essere coinvolti nelle dinamiche parrocchiali, ma nessuno tende loro una mano».

Da qui la richiesta che verrà esplicitata durante il convegno di oggi. Nel modello di Chiesa sinodale auspiacato dal Papa, il protagonismo delle famiglie non può essere residuale. « Le famiglie sono sinodali in sé, e la parrocchia – osservano ancora – deve assumere un linguaggio sinodale/familiare. Eppure in parrocchia sono le famiglie che costruiscono le relazioni della parrocchia. Non dovremmo essere considerate in modo diverso?».

Oggi, tra i vari interventi previsti, ci sarà anche quello di monsignor Franco Lanzolla, parroco della cattedrale di Bari e responsabile dell’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia, che spiegherà come tutti i battezzati nella vita di Cristo risorto hanno con lui un legame nuziale, anche se sacerdoti e sposi presentano uno specifico vocazionale che dev’essere messo in luce per farne risaltare l’originalità.

La comunità parrocchiale non sia più clerico-centrica

Osservano ancora Claudio e Mariella Cazzato: « La famiglia è la porta attraverso cui entra nel mondo la Parola e vi permane per portare i frutti per cui è stata mandata. Oggi non esistere una nuova evangelizzazione se non si parte dalla famiglia, se non si costruiscono nuovi percorsi pastorali capaci di ascoltare attentamente quello che le famiglie hanno da dire, perché esse vivono sulla loro pelle le contraddizioni di questa umanità che sta diventando sempre meno umana».

La richiesta di una svolta pastorale nasce proprio dall’osservazione del presente, dalla consapevolezza che il modello culturale in cui siamo immersi costruito sulle aspettative esclusivamente del singolo, sulla ricerca del profitto e sulla fiducia del mercato, porta in sé tanti semi di tante contraddizioni. Eppure anche in questa realtà complessa la Chiesa è chiamata al confronto per portare una voce di speranza e di riscatto. Da qui il ruolo sempre più rilevante delle famiglie e la necessità di rivedere profondamente le dinamiche parrocchiali. «Certo – ribadiscono i responsabili nazionali dell’Istituto Santa Famiglia – non si tratta di chiamare semplicemente le famiglie a compiere qualche servizio in parrocchia e pensare di continuare a programmare la pastorale così come è stato fatto finora, incentrata esclusivamente sul parroco. Occorre ritornare allo stile della Chiesa primitiva che aveva come fondamento le relazioni belle tra le famiglie che avevano incontrato Gesù».

Membri dell’Istituto Santa Famiglia e dell’Istituto Gesù Sacerdote (Famiglia Paolina)