STUDIO, MONTAGNE, RISATE E DIO: LA SANTITÀ GIOVANE DI PIERGIORGIO FRASSATI

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Un cristiano tutto d’un pezzo, pronto a servire i poveri, impegnato in politica (fu fermamente antifascista); amava ridere e l’alpinismo: è stato indicato come modello per le nuove generazioni da papa Giovanni Paolo II. Una scelta confermata da papa Francesco.

Un cristiano tutto d’un pezzo, fermo nelle sue profonde convinzioni, un amico dei poveri, un modello sempre attuale per i giovani, un convinto antifascista, un amante della montagna e della natura, un ragazzo vivacissimo, che amava gli scherzi e le risate tra amici. E’ stato tutto questo Pier Giorgio Frassati (6 aprile 1901 – 4 luglio 1925) , figura di santità ardente e affascinante, proclamato beato da papa Wojtyla nel 1990.

Torinese, nato in una delle famiglie più in vista della città (suo padre, Alfredo Frassati, è tra i fondatori del quotidiano “La Stampa”), dedicò tutta la sua esistenza agli ultimi. Morì a soli ventiquattro anni, stroncato da una poliomielite, ma la sua vita ha lasciato un’eredità preziosa. Quest’anno la ricorrenza liturgica di Frassati, che si celebra il 4 luglio, si carica di un valore speciale. Accanto ad altri testimoni, tra i quali suor Faustina Kowalska e Giovanni Paolo II, Frassati è stato indicato da papa Francesco come punto di riferimento per i giovani di tutto il mondo, in particolare per coloro che nel 2016 hanno partecipato alla Gmg (Giornata mondiale della gioventù) a Cracovia, dove sono giunti centinaia di migliaia di ragazzi da ogni angolo del pianeta.
Per l’occasione, infatti, l’arcidiocesi di Cracovia ha richiesto la presenza delle reliquie di Frassati, conservate nella Cattedrale di Torino. Il corpo è giunto dunque nella città polacca dopo una lunga peregrinazione, che ha toccato oltre 20 tappe tra cui Milano, Bolzano, Vienna, Bratislava e Varsavia.

Non si è trattato di una prima volta. Già nel 2008 le spoglie di Frassati erano state trasportate a Sidney per la Gmg, ma in quel caso si era trattato di un viaggio diretto. Risale invece al 2015 (anno del bicentenario salesiano) il lungo “tour” internazionale che ha avuto come protagonista l’urna contenente le spoglie di don Bosco, accolta con devozione ed entusiasmo da migliaia di persone di diverse nazionalità.  «Nell’esperienza umana e spirituale di Frassati» spiega don Luca Ramello, direttore dell’Ufficio per la pastorale giovanile della diocesi di Torino, «non vi è alcuna contrapposizione tra la vita di giovane e la fede. In tutte le dimensioni, dalla preghiera allo studio, dalla politica all’impegno con i poveri, dallo sport all’incontro con gli amici, emerge la centralità di un incontro che non è mortificazione, ma al contrario, esaltazione della vita. Frassati non è un eremita, ma un ragazzo laico buttato nel mondo. Sta in questo la sua capacità di attrazione».

L’idea della peregrinazione vuole anche riecheggiare uno speciale carisma che Frassati aveva in vita: «trascinare con sé gli amici lungo i sentieri della sua missione» spiega don Ramello. «Si veda ad esempio la “Compagnia dei Tipi Loschi” (associazione, fondata dal Beato, che dietro un’apparenza spensierata, quasi goliardica, nascondeva l’aspirazione a un’amicizia profonda, fondata sul vincolo della preghiera, ndr). In questi 5.000 chilometri attraverso l’Europa, Pier Giorgio continua a camminare con i suoi amici». Una volta a Cracovia, dal 23 al 31 luglio il corpo verrà collocato nella chiesa della Santissima Trinità, «dove provocherà il cuore e l’intelligenza di tanti a scoprire questa figura. E anche lì sarà catalizzatore di preghiera, incontri, confessioni, esattamente come in vita».

Ma se crediamo in una religione fondata sulla trascendenza, è davvero così necessaria la presenza fisica di un corpo? «Le reliquie non sono necessarie, però fanno parte, fin dai tempi più antichi, della tradizione della Chiesa» risponde il direttore della pastorale giovanile torinese. «Non sono, ovviamente, il centro della devozione, però possono essere uno strumento che rimanda al mistero di Dio».