Un convegno lo ha ricordato a cinquant’anni dalla morte. Jacques Maritain filosofo per il domani

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Jacques Maritain, maître à penser, fu filosofo e teologo, anzi poeta della filosofia, fu uomo di azione e preghiera, cercatore della bellezza nelle più svariate espressioni artistiche. Quella del filosofo francese è un’anima dalle mille sfaccettature, sempre nuove, da ricercare, studiare, approfondire. A distanza di cinquant’anni dalla sua morte, avvenuta il 28 aprile 1973 a Tolosa, diviene così naturale domandarsi cosa possa ancora suggerire alla società di oggi: è il quesito che si è posto il convegno Jacques Maritain 50 anni dopo, organizzato dall’Istituto internazionale Jacques Maritain, in collaborazione con l’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede e il Centre Saint-Louis de France, tenutosi a Roma il 24 e il 25 novembre e che ha visto impegnati importanti studiosi del pensiero del filosofo francese. La prolusione è stata affidata al cardinale prefetto del Supremo tribunale della Segnatura apostolica, Dominique Mamberti.

Il professor Francesco Miano, presidente dell’Istituto, spiega a «L’Osservatore Romano» che l’attualità di Maritain «consiste nella sua capacità di continuare ad accompagnare le persone “in ricerca” suggerendo risposte sul senso dell’essere, sul metodo dell’apertura alla realtà, sulla centralità della persona, sul rapporto tra fede e ragione, tra dimensione ecclesiale e dimensione politica». I temi sono tanti e tutti utili per comprendere una società come quella di oggi che — sempre più frammentaria e frammentata — troppe volte perde ancora di vista il senso e il valore della persona e che si ostina a non credere nella preziosa ricchezza costituita dalla pluralità della famiglia umana. Per far fronte a questi problemi della società contemporanea, continua Miano, andrebbe allora «riscoperta la ricerca maritainiana sulla comune natura umana e sull’universalità dei diritti e, nello stesso tempo, andrebbe colto l’invito di Maritain a ritrovarsi, il più possibile, almeno su principi pratici, per un agire comune laddove non è facile superare differenze di pensiero, tenendo anche conto dell’appartenenza a famiglie religiose diverse».

Lo sguardo inevitabilmente volge sulla situazione politica di oggi: guerre e massacri, figli dell’odio sempre più vicini mentre la via della pace è ancora troppo lontana. Cosa direbbe oggi il Maritain diplomatico? Dal 1945 al 1948 come ambasciatore di Francia presso la Santa Sede svolse un’intensa attività di raccordo tra la Francia, il Vaticano e, in particolare, gli organismi internazionali: da ricordare il prezioso contributo alla redazione della Dichiarazione universale dei diritti umani nel 1948. È in tale contesto che si inserì l’importante intervento alla II Conferenza generale dell’Unesco a Città del Messico nel 1947 in qualità di capo delegazione francese e presidente dell’assise: «Il discorso mirava alla ricerca di principi pratici comuni in vista del bene comune dell’umanità insistendo sulla democrazia come costume pratico», precisa il presidente dell’Istituto. Miano pone l’attenzione su una delle lezioni politiche più importanti che il filosofo francese ci ha lasciato e che oggi risuona come monito per i governanti della terra: «La fratellanza nasce dall’amore verso l’altro, attraverso l’incontro in una relazione profonda che conduce alla bellezza dell’essere persone nella comunità e per la comunità guardando alle diversità come movente di ricchezza dell’umano».

Visto il poliedrico personaggio, le prospettive di studio sono innumerevoli e sembrano essere metafora della sua continua ricerca dell’umano, di Dio, sempre aperta a nuove strade da esplorare: «Jacques Maritain lascia fondamentalmente una grande testimonianza di unità della fede con la vita e della vita e della fede con il pensiero. È di questa unità che abbiamo ancora bisogno, così come della capacità di mettere insieme le persone creando occasioni e possibilità di ricerca comune della verità. La sua filosofia, così come la sua visione politica, educativa, estetica, al di là di ovvi elementi congiunturali, possono costituire una grande miniera a cui attingere risorse decisive per il domani», conclude il presidente dell’Istituto internazionale.

di ANTONIO TARALLO